Archive for Febbraio, 2023

Feb 26 2023

meloni e piantedosi 26. 02 2023

Published by under Pubblica Amm.ne

MELONI E PIANTEDOSI

La solita sinistra sgangherata attacca; dal Giornale.

Francoforte 26 02 2023  flcozzaglio@gmail.com

—Casarini va all’attacco

Il noto attivista italiano, interpellato dall’Adnkronos su quanto avvenuto in queste ore, non ha usato giri di parole e ha gettato fango contro Giorgia Meloni e Matteo Piantedosi: “Loro sono corresponsabili”. In sostanza ha accusato il presidente del Consiglio e il ministro dell’Interno di bloccare i soccorsi: “Criminalizzano chi salva vite e non hanno nulla da proporre, né corridoi umanitari né una missione di soccorso europea, a donne, uomini e bambini. Li vogliono condannare o a morire in mare o nei lager libici. Hanno difeso i confini. Ora saranno soddisfatti”.

No responses yet

Feb 26 2023

sotto sotto 26 02 2023

Published by under Pubblica Amm.ne

Sotto sotto e’ un partito da rifare, scrive Pirondini su Blitz Quotidiano di Marco Benedetto. Flaminio Cozzaglio.

La telenovela Pd ai titoli di coda con i gazebo: Bonaccini o Elly Schlein? Domenica sera il verdetto, ore febbrili

La telenovela delle primarie Pd ai titoli di coda con i gazebo: Bonaccini o Elly Schlein? Domenica sera, cioè stasera, il verdetto, ore febbrili

di Enrico Pirondini
Pubblicato il 26 Febbraio 2023 – 07:14

La telenovela Pd è ai titoli di coda. Domenica sera il verdetto:  Bonaccini o Elly Schlein? Ai gazebo l’ardua (si fa per dire) sentenza. Il governatore è il favorito ma “Bella ciao” crede nel ribaltone. 

Tutto può succedere. Ore comunque febbrili. Duro Bonaccini :”Basta puzza sotto il naso. Serve un bagno di umiltà. Voglio un partito pragmatico che mantenga la parola “. Tenera la Elly: ”Se vinco le Primarie del Pd mi tingo i capelli di rosso in diretta Tv  dopo essere andata a piedi al Santuario di San Luca”. E poi, travolta dal clima sardine, confessa in diretta  Rai Radio 1: ”Cosa ne penso del bacio tra Fedez e Rosa Chemical? L’ho visto e mi è piaciuto.”

DUE MESI DI FUOCO E FIAMME

Si è visto e sentito di tutto. Carte bollate, neo rottamatori, i fantasmi della scissione, il patto dell’Appennino (Bonaccini-Nardella), le sferzate di Cofferati (“I valori storici sono annebbiati, così l’astensionismo cresce ogni anno”), la palude delle procedure, le primarie on line dilanianti (“Non siamo M5S”), gli insulti alla Morani e i siparietti di Cuperlo che ha depositato 7 rose rosse sulla tomba dei  7 fratelli Cervi

I FANTASMI DI D’ALEMA E BERSANI

Sono persino ricomparsi i fantasmi di D’Alema e Bersani anche se Letta e Speranza si sono affannati a dire.”Mai parlato di loro”. Può essere. Anche perché D’Alema, come lui stesso ricorda è “in pensione da almeno 7 anni e quindi non partecipo al dibattito politico“. Comunque l’ex premier non ha alcuna intenzione di rientrare nel PD col suo fido Bersani. Bonaccini al riguardo è stato esplicito e ha liquidato gli ex scissionisti: ”Mi interessa poco che rientrino alcuni ex dirigenti, a me interessano gli elettori che abbiamo perso: erano 12 milioni con Veltroni e con Renzi e oggi sono solo 5 milioni”.

PD, UN PARTITO DA RIFARE

Il primo, o tra i primi, a dirlo è stato il prezzemolino Matteo Ricci sindaco di Pesaro e sostenitore numero uno di Stefano Bonaccini:” C’è stato un dibattito lunare sulle regole, c’è un partito da ricostruire”. Ha scritto il politologo  e accademico Luca Ricolfi nel suo ultimo saggio (“La mutazione” ed. Rizzoli): ”Il Congresso del PD è un gioco di potere, non si vede un progetto. Il PD è diventato il partito dell’ establishment. Chi rappresenta i ceti popolari? Ormai solo la destra sociale di Meloni e la sinistra qualunquista di Conte”. Insomma dopo tanto rumore il risultato è che , secondo Ricolfi, non vi è nessuna posta in gioco se non quella – tutta personale- di decidere chi guiderà il Pd ufficiale e chi invece guiderà gli scissionisti. Sempre che Bonaccini e Schlein non siano già d’accordo di dar vita a un ticket che perpetuerebbe tutte le non scelte del passato.

No responses yet

Feb 26 2023

cremonesita’-cinquecentoventisette 26 02 2023

Published by under Pubblica Amm.ne

CREMONESITA’ – cinquecentoventisette

Marco Bragazzi continua a stupirmi col suo strano e ampio archivio, che usa per scrivere in www.cremonasera.it

Francoforte 26 02 2023  flcozzaglio@gmail.com

—Il cremonese Giovanni Maffezzoli, il più grande “pittore” in legno. La sua scuola fu la bottega di Maggiolini. Il suo segreto.

Esiste un piccolo, probabilmente insignificante, passaggio nella storia di Cremona che è, verosimilmente, sconosciuto a tutti. Certo, nella storia millenaria di una città, saranno innumerevoli quei momenti di cui non si sa nulla ma, a distanza di circa 600 anni da quel momento, quel passaggio può rappresentare il percorso giusto per raccontare una piccola storia legata ad un grande cittadino cremonese.

Intorno al 1430 il Gran Maestro del potentissimo Ordine dei cavalieri di Rodi Anthony Fluvian firmò una legge semplice e diretta; con il suo timbro concesse al cittadino cremonese Antonio Villadama la possibilità di far lavorare i maestri intagliatori di legno cremonesi in regime di extraterritorialità all’interno dei possedimenti dell’Ordine. In pratica gli iscritti alla corporazione, o guida visti i tempi, degli ebanisti cremonesi avrebbero avuto dei vantaggi fiscali lavorando per l’abbellimento dei castelli e delle ville appartenenti all’Ordine; in pratica Fluvian voleva portare a Rodi i migliori artigiani per dare a loro lo spazio e l’incentivo nell’intaglio del legno. Fu un momento importante per la corporazione anche se del cremonese Antonio Villadama si sa poco, se non che, forse, ai tempi abitasse nei dintorni di palazzo Cittanova. Niente di che come informazione, al limite gratifica il fatto che, già nel 1430 ma ancora di più attualmente, l’incentivo al lavoro partiva con un regime fiscale meno stringente e, volendo essere campanilisti, porta alla luce le enormi capacità artistiche degli artigiani ebanisti legati alla scuola cremonese.

Ma siamo un po’ campanilisti, o almeno dovremmo esserlo, e spostiamoci nella Cremona odierna dove, percorrendo un piccolo tratto che scorre parallelamente a Viale Concordia troviamo una strada dove, a livello di toponomastica, è presente un “errore”. La strada si chiama via Giovanni Maffezzoli e come estensione del nome recita “maestro dell’intaglio” legando a quella attività artistica che impressionò Anthony Fluvian nonostante Giovanni fosse nato ben più tardi, ovvero in quel nel 1776, quando a Cremona nasceva un suo collega sempre nel campo dell’intaglio, nel caso specifico delle pietre dure, Giovanni Beltrami.

Perché il cartello con il nome della strada può essere considerato come un “errore”? Non di certo dal punto di vista tecnico, Maffezzoli era un ebanista, ma forse dal punto di vista delle qualità espresse dal talento cremonese.

Le migliori aste di tutto il mondo si contendono mobili, quadri, oggetti creati da questo cremonese che scorre parallelamente al ben più famoso Viale Concordia, sono oggetti unici nella qualità e nella bellezza, talmente unici che gli appassionati del settore, più che un ebanista, lo definiscono come “pittore”. Già, un pittore non un intagliatore, perché era in grado di dare forma e colori a mobili talmente realistici da sembrare dipinti invece che sviluppati con il taglio di diverse tipologie di legno. Pezzi unici, nati da un talento che, fin dalla giovanissima età, aveva impressionato i migliori maestri italiani.

Dopo l’adolescenza a Cremona Giovanni si trasferisce a bottega da Giuseppe Maggiolini a Parabiago, nei pressi di Milano, Maggiolini ai tempi era considerato come uno i migliori intagliatori italiani e fu lui stesso, dopo aver visto i lavori adolescenziali, a prendersi carico del talento del giovane cremonese. A Parabiago Giovanni impara e cresce, è sofisticato sia nelle scelte dei legni che nelle lavorazioni, prende spunto da quadri o da opere considerate minori per sviluppare lavori che non hanno eguali per il periodo. Lacche di varia origine, foglie d’oro, incisioni perfettamente dettagliate, prospettive e chiaroscuro si fanno sempre più spazio tra le sue opere, a volte accoppia il legno a marmi o lavori pregiati trovando sempre l’accoppiamento giusto per valorizzare un mobile o un oggetto. Insomma, Maffezzoli è bravo, tanto bravo e si applica con estrema attenzione, le famiglie che possono permetterselo si mettono in fila per oggetti o mobili, i suoi intarsi sono talmente fini da lasciare sbalorditi, sa usare la sabbia sempre con la giusta pressione e quantità per dare origine a ombreggiature che saranno destinate a durare nel tempo.

Nel 1803 torna a Cremona, apre la sua bottega e procede a mantenere viva la storia di quel lavoro che Antonio Villadama e i suoi colleghi avevano portato fino a Rodi; nel 1813 prende un disegno del pittore cremonese Giuseppe Diotti, Gli Argonauti alla conquista del vello d’oro, e rende il suo intaglio quasi “umano” tanto da venire premiato all’esposizione dell’Istituto Reale per le Scienze di Milano.

Giovanni scomparirà nel 1818 ma, presso il Museo Civico Ala Ponzone di Cremona, si possono trovare le stupende creazioni di diversi maestri dell’intaglio, dal celeberrimo e splendido armadio del Platina fino al Sacrificio di Attilio Regolo, opera di quella piccola strada che scorre parallela a Viale Concordia, anche se la definizione di “pittore” per Maffezzoli sta nella sua Madonna di San Girolamo definita come “il più bel dipinto mai fatto da mano di un uomo”.

No responses yet

Feb 26 2023

il duplicato 26 02 2023

Published by under Pubblica Amm.ne

L DUPLICATO

Doveva quindi concludersi si trattasse degli originali….

Francoforte 26 02 2023  flcozzaglio@gmail.com

—“ Premesso il dato pacifico che gli originali delle chiavi del portoncino erano tre, e che la vittima, la madre e la sorella Paola erano in possesso di un esemplare ciascuna, il ricorrente censura la conclusione della sentenza impugnata secondo cui tali chiavi potevano essere in tutto o in parte delle copie, in quanto frutto del travisamento delle dichiarazioni del teste Ragazzini, tecnico della ditta produttrice, che si era limitato a non escludere la possibilità che altri soggetti potessero disporre di una macchina in grado di replicare le chiavi, e di quanto dichiarato dal coinquilino Gardella sul fatto di aver provveduto a duplicare le proprie chiavi d’ingresso (così da indurre la Corte di merito a ritenere che anche le chiavi del portoncino della Ornesi potessero essere duplicate), senza tuttavia che dagli accertamenti di Polizia giudiziaria fosse emerso se le copie realizzate dal Gardella riportassero il medesimo codice alfanumerico degli originali; poiché tutte e tre le chiavi in possesso della Ornesi e dei suoi familiari erano munite di numero identificativo, doveva perciò concludersi che si trattava degli originali; il ricorrente censura quindi il diniego dell’accertamento istruttorio chiesto dalla difesa sul punto.

No responses yet

Feb 26 2023

e’ l’inizio 26 02 2023

Published by under Pubblica Amm.ne

E’ L’INIZIO

dell’editoriale della Provincia fin che c’e’, con la firma di Paolo Gualandris, successore di Bencivenga, qui fate voi le considerazioni….

Francoforte 26 02 2023  flcozzaglio@gmail.com

—L’estate scorsa furono lacrime, quella in arrivo saranno lacrime e sangue. Non serve alcuno sforzo di pessimismo per prefigurare uno scenario catastrofico sul fronte dell’emergenza acqua. A causa del cambiamento climatico,la siccità è diventata una malattia endemica dell’oggi, un ‘morbo’ sempre più diffuso in grado di condizionare la vita quotidiana delle famiglie così come quello di uno dei settori fondamentali dell’economia, ma anche della qualità della vita di una comunità: l’agricoltura, che fornisce cibo e prodotti di primo livello.

No responses yet

Feb 26 2023

il salame cremasco 26 02 2023

Published by under Pubblica Amm.ne

IL SALAME CREMASCO

A cura di Stefano Mauri; come non entrino nei salumi faccendieri d’ogni tipo, quindi alla larga; da www.cremonasera.it

Francoforte 26 02 2023  flcozzaglio@gmail.com

—Le caratteristiche del nobile salame cremasco secondo gli Ambasciatori del Gusto Cremasco Galmozzi e Bonetti.

Macellaio, norcino e selezionatore di animali e carni da macellare, direttamente e personalmente nel suo macello privato, beh Giulio Cesare Galmozzi detto Chicco, nella sua premiata e premiante bottega (macelleria) artigianale d’autore a Ripalta Cremasca, al meglio, interpreta e incarna il concetto di materie prime a cosiddetto chilometro zero. E lavora così da anni il mitico Chicco, in prima linea per promuovere le Eccellenze alimentari del territorio cremasco. E parlare di Nobile Salame Cremasco con lui, Ambasciatore del Made in Crema, è un grande piacere. 

Hai sentito che tra la fine di aprile e i primi di maggio (dal 29 a lunedì 1 maggio?) a Crema ci sarà la festa dedicata al Re dei Salumi col coinvolgimento di tutti gli operatori e tutta la filiera: dalle piccole e micro imprese di produzione alle attività più grandi, fino a quelle legate al commercio e alla ristorazione?

Benissimo e se sarà gradito, sono pronto ad apportare il mio contributo. Sono felice che finalmente si farà qualcosa per far conoscere, tutelare ufficialmente e promuovere il salame nostrano. L’importante è mettere in scena un vero e proprio expo artigianale. Il rischio, quando di pensano a manifestazioni simili, è quello di limitarsi a promuovere mercatini con banchi provenienti da ogni dove per vendere i loro prodotti. 

Franco Bordo, assessore al Commercio e Ambiente della capitale del Granducato del Tortello ce la metterà tutta per celebrare il Nobile Salame Cremasco. Ma che parti del maiale entrano, nella composizione del mistico e nobilissimo salume? 

Tutte le migliori, ad eccezion fatta dei nervi e nervetti (questi ultimi rientrano invece nella composizione dei cotechini), quindi: coscia, lonza, filetto, coppa, spalla e pancetta.  

E’ vero che la figura del norcino rischia l’estinzione?

Probabilmente sì nel medio lungo periodo. Per il momento non mancano norcini, ma sono quasi tutti pensionati muniti di patentino ufficiale rilasciato dall’Ats.  

Pure il cuoco in pensione Antonio Bonetti, ex patron del Bistek di Trescore Cremasco (ah come manca il suo ristorante), è uno straordinario ricercatore e ambasciatore delle bontà di casa nostra. Nel 2020 pochi giorni prima dallo scoppio della pandemia di Covid19, così scriveva via Facebook… 

Si consuma crudo e cotto, fresco e conservato, e soprattutto, del suo corpo, non si butta via niente. Il maiale è un animale che va bene in tutte le stagioni ma nel periodo di Carnevale non se ne può proprio fare a meno. Sant’Antonio conosciuto anche come il Santo del porcello, perché nei ‘santini’ è raffigurato spesso con un maiale ai suoi piedi. Ecco allora che con la festa di Carnevale, per non girarci troppo intorno è consentito mangiare il maiale e fare il maiale.
Semel in anno licet insanire, ovvero una volta l’anno è lecito fare cose da pazzi. Svestirsi, travestirsi, mascherarsi, ribellarsi. E, naturalmente, abbuffarsi, di cibo e di sesso. Ecco gli imperativi della baldoria carnevalesca. Gli uomini diventano donne, le donne uomini, i servi padroni, i peccatori preti, i vecchi bambini. I ruoli si confondono e le regole saltano, e in questo clima effervescente ciascuno è libero di fare i suoi “porci” comodi. Piacere rigenerativo e vitale, ma da controllare e correggere. Tant’è che spenti gli ultimi fuochi del Carnevale l’eccesso festivo lascia il posto al pentimento. Alle follie del martedì grasso succede l’austerità della Quaresima con quaranta giorni di astinenza da ogni piacere della carne. Una lotta che oggi si combatte con la censura dietetica al posto di quella religiosa. Per la salvezza di anima e glutei.”

Sulla “Festa del Salame” che verrà, Bonetti ha le idee chiare:

Io avrei chiamato la kermesse ‘Sagra del Panino col Nobile Salame Cremasco’, coinvolgendo quindi anche i numerosi panettieri del territorio. Pubblicizzare un prodotto è sempre utile, ma con la formula giusta, mettendo i dovuti paletti, individuando il periodo migliore e magari istituendo prima un consorzio ad hoc”. 
Già, carnevale fa rima con maiale, pertanto … in questo freddo periodo dell’anno, a tavola è buona abitudine … fare il maiale, per, fare abbondante scorta di proteine e grassi prima del lungo e salutare digiuno quaresimale, e allora”…

Vincenzo Cappelli e Antonio Bonetti, tempo fa hanno scritto il volumetto Salame Nobile Cremasco, (Editions Later), per arricchire la collana di libretti dedicati, per la maggior parte, alla tradizione gastronomica di pregio cremasca (tortelli, betolina, ma anche pipetto…). Vincenzo Cappelli è l’artefice principale del volumetto che raccontala genesi del salame nobile cremasco. In particolare stato spiegato perché avvicinare il termine ‘nobile’ al salame cremasco – il cui gusto, a nostro giudizio, è imbattibile se confrontato con altre produzioni dei vicini territori -; il motivo è da addurre alla scelta delle parti nobili dell’animale, per farlo; ma anche all’allevamento del maiale in modo da renderlo ‘felice’ e ben nutrito. Per la sua conservazione, poiché la nostra zona (al netto dei pericolosi cambiamenti climatici) è fatta di nebbie e di umido e non di vento e di clima secco, ci si affida alle spezie, non al sale, che determinano un sapore inconfondibile.

No responses yet

Feb 26 2023

e’ molto bravo 26 02 2023

Published by under Pubblica Amm.ne

E’ MOLTO BRAVO

Gilberto Bazoli anche a scrivere di edifici religiosi, come fa su www.cremonasera.it

Francoforte 26 02 2023  flcozzaglio@gmail.com

—I misteri della chiesa di San Martino delle Ferrate a Olmeneta. Quel teologo protagonista al concilio di Costanza. Gli affreschi e i resti di un grande convento.

Trovarla non è facile. Ci si arriva attraverso una strada sterrata che non ha nome e che non compare nemmeno sulle mappe di Google. Sorge all’interno di una cascina agricola, una proprietà privata. e non si scorge da fuori. E’ la chiesa di San Martino delle Ferrate, in territorio di Olmeneta. Un piccolo, grande scrigno di cultura e storia, un antico gioiello nascosto e dimenticato, purtroppo come ce ne sono altri nella Bassa, ma ora uscito dall’oscurità grazie alla passione e alle competenze di due ricercatori cremonesi: Simona Bini e Fausto Ghisolfi. Lei, laureata in arte medievale presso l’Università di Pavia con una tesi sulle Torri campanarie cremonesi, sta conducendo un approfondimento sistematico delle chiese di Cremona e della provincia (come San Zavedro, a San Giovanni in Croce). Lui, architetto con studio in città, dal 2019 è sindaco di Sospiro. Il loro sodalizio letterario dura da anni e li ha portati anche lungo le sponde dell’Oglio. Le loro indagini sono state affidate al libro ‘La Chiesa di San Martino delle Ferrate nei secoli XII e XIII‘, (Pàtron editore) presentato di recente dai due autori in Biblioteca Statale.

Su un lato della cascina, simile a tante altre, ci sono le reliquie, i resti della chiesa, priva di facciata, che in origine era un monastero benedettino femminile di cui è noto l’atto di consacrazione, risalente al 1149. Ma, secondo Bini e Ghisolfi, i documenti fanno pensare che le strutture del monastero e della chiesa, “con molta probabilità”, potessero esistere anche prima di quella data. “Infatti la notizia della consacrazione da parte del vescovo Oberto induce a supporre una campagna di lavori, anche importanti forse a seguito di una qualche calamità, che ha reso necessaria la riconsacrazione”. La porzione di chiesa sopravvissuta rappresenta la sola testimonianza materiale dell’antico complesso monastico. “Quanto si è conservato restituisce un edificio a navata unica, composto da due campate coperte da volte a crociera con leggere ‘costolonature’ che convergono nel rosone centrale. Dove un tempo c’era l’attracco tra fronte e muro perimetrale, sopravvive la traccia di una sequenza di sette archetti, di cui solo quattro sono ancora integri”. L’elemento più significativo dal punto di vista architettonico è rappresentato dai beccatelli cremonesi (o falsi fornici) che decorano l’abside. “Non sono lunghi e serrati ma si sviluppano con un ritmo più morbido e ampio rispetto alle chiese di Cremona, ascrivibili alla fine del XII secolo e alla metà del successivo. I beccatelli di San Martino sembrano riflettere uno stadio intermedio dell’ultimo periodo della loro evoluzione, non facile da documentare, e testimoniano una fase non più rintracciabile in Cremona. Proprio per questo motivo, acquistano una considerazione e un significato di grande valore”.

Un altro capitolo è dedicato alla torre campanaria, successiva alla chiesa e databile ai primi decenni del XIII secolo, se non oltre. Sul lato meridionale è murata una lapide “che, pur essendo spezzata in tre frammenti esattamente ricomposti, reca al centro il monogramma cristiano intorno al quale si snoda, in un cerchio perfetto, un’iscrizione in caratteri tardo-gotici. Lo scioglimento del testo è molto semplice: il reverendo padre, signore e frate Bartolomeo da Racivengo di Cremona dell’Ordine dei Frati Minori”. Bartolomeo da Racivengo (oggi Ricengo) venne nominato vescovo di Kastoria, in Grecia e fu un influente teologo tanto da intervenire al Concilio di Costanza (1414-1418), convocato per porre fine allo scisma d’Occidente. “Resta un quesito da chiarire: come mai una figura così importante ha un collegamento con la chiesa di San Martino delle Ferrate?”, si chiedono Bini e Ghisolfi.

Poi i due studiosi, nel loro libro, conducono per mano a scoprire l’affascinante sequenza dei quattro quadri dipinti conservati sulla parete settentrionale della chiesa: una ‘Virgo lactis’ affiancata da un vescovo benedicente (forse san Martino, titolare della chiesa?); un’opera il cui soggetto non è ben chiaro poiché la pellicola è molto danneggiata a causa della caduta di colore; un santo benedicente; infine, una Crocifissione, situata in prossimità del presbiterio. “Nel complesso gli apparati decorativi sembrano essere stati realizzati da mani differenti, forse due o più, tra la fine del XIII secolo e i primi anni del 1300, e da maestranze di medio livello e in ristrettezza economica, circostanza rivelata dall’utilizzo di pigmenti poveri, quali terre con una limitata gamma cromatica”.

Il viaggio alla scoperta di San Martino delle Ferrate è, almeno per il momento, finito. “Ma niente esclude che uno scavo possa riportare in vita parti del monastero precedenti al 1140. Abbiamo scritto questo libretto come avvio delle ricerche. Ben vengano altri studi e integrazioni”, ha detto, durante la presentazione del volume, la professoressa Bini. Già, gli scavi. Il problema è quello di sempre: i fondi. Comunque sia, per San Martino delle Ferrate non è davvero eccessivo parlare di svolta perché, come ha affermato la direttrice della Biblioteca Statale Raffaella Barbierato, “far conoscere è il primo passo per salvare”.

Il viaggio alla scoperta di San Martino delle Ferrate è, almeno per il momento, finito. Ma niente esclude che uno scavo possa riportare in vita parti del monastero precedenti al 1140. Abbiamo scritto questo libretto come avvio delle ricerche. Ben vengano altri studi e integrazioni”, ha detto, durante la presentazione del volume, la professoressa Bini. Già, gli scavi. Il problema è quello di sempre: i fondi. Comunque sia, per San Martino delle Ferrate non è davvero eccessivo parlare di svolta perché, come ha affermato la direttrice della Biblioteca Statale Raffaella Barbierato, “far conoscere è il primo passo per salvare”.Il viaggio alla scoperta di San Martino delle Ferrate è, almeno per il momento, finito. “Ma niente esclude che uno scavo possa riportare in vita parti del monastero precedenti al 1140. Abbiamo scritto questo libretto come avvio delle ricerche. Ben vengano altri studi e integrazioni, ha detto, durante la presentazione del volume, la professoressa Bini. Già, gli scavi. Il problema è quello di sempre: i fondi. Comunque sia, per San Martino delle Ferrate non è davvero eccessivo parlare di svolta perché, come ha affermato la direttrice della Biblioteca Statale Raffaella Barbierato, “far conoscere è il primo passo per salvare”.

No responses yet

Feb 26 2023

un po’ di 26 02 2023

Published by under Pubblica Amm.ne

UN PO’ DI

guerre di spie non fa mai male, e’ una storia strana, alla Marco Bragazzi, quel che racconta Francesco Martelli su www.cremonasera.it

Francoforte 26 02 2023  flcozzaglio@gmail.com

—Storie di archivi segreti e guerre di spie.

Il 25 febbraio è una data dimenticata ma importante giacchè in questo giorno del 1991 a Budapest i ministri degli Esteri e delle Difese di URSS, Bulgaria Cecoslovacchia, Polonia, Romania, e Ungheria decisero, quali ultimi membri rimasti, lo scioglimento dell’Alto Comando Unificato del Trattato di amicizia, cooperazione e assistenza reciproca dei paesi del blocco sovietico. Era la fine del Patto di Varsavia, l’alleanza militare dei paesi socialisti dipendenti dall’URSS e nata in contrapposizione alla NATO o al cosiddetto Patto Atlantico, che invece legava militarmente i paesi dell’Europa Occidentale all’influenza Americana.  

Entrambi gli organismi erano formalmente di natura difensiva rispetto alle possibili minacce di attacchi di un blocco verso l’altro, ma nella continua ed altissima tensione che la Guerra Fredda generava  finirono per divenire delle gigantesche strutture burocratiche attorno alle quali (e soprattutto con il supporto delle quali…) per 40 anni fiorirono apparati di spionaggio e controspionaggio protagonisti della cosiddetta “Guerra delle spie”, che vide i servizi di intelligence di tutte le nazioni europee guerreggiare fuori e dentro i proprio confini sotto l’egida i soldi e le pesantissime interferenze del KGB russo e della CIA americana.

Questa guerra segreta fu combattuta soprattutto in Italia, il paese dove come ebbe a dire una partigiana e collaboratrice dell’ OSS “ogni paese del mondo aveva le sue spie: stavano tutte, ma proprio tutte, qui da noi”.  E come non avrebbe potuto essere così? Siamo stati per anni il baluardo geografico degli Stati Uniti sul Mediterraneo e davanti alla Cortina di Ferro, il Paese con il Partito Comunista più grande e forte di tutto l’Occidente e al contempo la nazione che contiene il Vaticano, capitale morale di oltre un miliardo di cattolici sparsi nel mondo: un incredibile intreccio di enormi interessi contrastanti che sembra, neanche a dirlo, nato da un romanzo di spionaggio e che certamente può spiegare tanti dei nostri misteri irrisolti.  

Per la verità, le attività dei servizi hanno per loro natura poco a che vedere col piazzare bombe o con il paracadutarsi in smoking sparando raffiche come James Bond: è, prevalentemente, una attività di analisi e archiviazione di informazioni, raccolte dagli agenti attraverso due canali “civili” che sono i collaboratori e le fonti, persone che danno informazioni circa i proprio ambiti sociali o lavorativi a volte a pagamento, altre per dubbie convenienze, altre ancora per vero spirito di collaborazione patriottica.

Il “dossieraggio” e gli archivi sono dunque il vero tesoro di ogni Intelligence, e fin da quando il primo servizio segreto americano, la OSS del generale Donovan, vinse la sua battaglia con il primo servizio segreto italiano, l’OVRA di Mussolini, si è parlato di archivi. La caccia ai dossier reciproci è la più peculiare caratteristica della guerra di spie, e questa in particolare fu vinta dagli americani grazie alla collaborazione di un uomo che è poi entrato nella leggenda (anche nera) della nostra intelligence, il J. Edgar Hoover italiano, Federico Umberto d’Amico. Per sua mediazione buona parte degli archivi dell’OVRA finirono probabilmente a Langley in Virginia nella sede della CIA, come forse i famigerati archivi della Casa del Fascio milanese tutt’ora misteriosamente irreperibili… Chi detiene le informazioni detiene il vero potere diceva Donovan, e D’Amato amava completare questa affermazione all’italiana dicendo che “bisogna sempre far credere di sapere molto più di quanto si sa, soprattutto quando non si sa proprio un cazzo”.

Fu questore e poi prefetto al Viminale, dove diresse per anni la famigerata Direzione Affari Riservati, che tra il dramma più nero e la politica più pecoreccia ha attraversato decenni di storia d’Italia. Nel 2020 (a 15 anni dalla morte…) è stato ritenuto dal Tribunale di Bologna uno dei corresponsabili della strage del 2 agosto 1980 , ruolo agghiacciante e che pare in totale contrasto con la sua aria da paffuto bon vivant: fu umorista gustosissimo, finissimo gastronomo e saggista, oltre che amatissimo da tutti i grandi chef internazionali. Il suo libro Menù e Dossier in cui raccontava il meglio e il peggio della politica italiana a tavola è completamente sparito dalla circolazione…misteri dell’editoria, o dei Servizi. Memorabile la sua risposta all’ André the Giant della DC Tina Anselmi sul perché non avesse riferito al Presidente del Consiglio sui rapporti tra Licio Gelli e i politici:  “perché avevo una intercettazione dove il Presidente del Consiglio il giorno prima di essere nominato diceva a Gelli – Licino Licino mi hanno promosso!- E io a chi cacchio lo dovevo andare a riferire???”.

Un intelligentissimo servitore dello Stato secondo alcuni, una delle menti della strategia della tensione secondo altri. Fu rinviato a giudizio negli anni ’90 ma l’inchiesta venne avocata da talmente tanti gradi di magistratura da finire nel nulla: due giorni dopo la sua morte gli piomberanno in casa i finanzieri alla ricerca di quei famigerati archivi che ne avevano decretato la totale immunità e che avrebbero dovuto contenere tutti gli scheletri nell’ armadio del nostro Paese. Ovviamente in casa non si trovò nulla: secondo alcuni suoi amici e collaboratori, D’Amato aveva provveduto per tempo a consegnarli alla NATO, a conferma di quanto dicevamo all’inizio di questo editoriale.

Del resto, negli anni ’80 gli archivi avevano ancora una tale aura da arma letale che quelli di Giulio Andreotti, oggi custoditi all’Istituto Don Sturzo, erano ritenuti il suo vero elisir di longevità politica.

Quelli di D’Amato, o meglio quelli della Direzione Affari Riservati saltarono improvvisamente fuori qualche anno fa in un magazzino della Polizia di Stato sulla via Appia a Roma: erano in avanzato stato di deterioramento e in totale disordine, e ancora oggi non si è capito se fossero stati dimenticati sotto gli occhi di tutti per cialtroneria come in un film di Lino Banfi o se invece fossero stati abbandonati in disordine proprio per consentire alle muffe di svolgere indisturbate il compito di distruggerli, come in un raffinato piano degno dei film di 007…

(La foto del professor Martelli è di Daniele Mascolo)

No responses yet

Feb 26 2023

dalle stelle 26 02 2023

Published by under Pubblica Amm.ne

DALLE STELLE

e un po’ piú in basso. Un Antonio Grassi che se la prende con la Provincia fin che c’e’, che non dedica ai Coldiretti nemmeno un francobollo, basta e avanza coi politici eccetera eccetera; da www.cremonasera.it

Francoforte 26 02 2023  flcozzaglio@gmail.com

—La crisi di partecipazione e le categorie. Dalle stelle alle stalle.

Dalle stelle alle stalle. A Cremona, più che altrove, è il tempo della parabola discendente della politica e dei partiti.  È il declino della partecipazione organizzata e di alcune associazioni di categoria.  Dei sindacati. È la mestizia della disaffezione. È l’epoca delle passioni tristi. È un disco di Claudio Lolli

È la crisi di un potere fondato su storici rapporti di forza e mantenuto anche grazie alla naturale omeostasi che tende a stabilizzare ogni sistema. Agevolato da rendite di posizione e favori reciproci.  Assecondato dal mutuo soccorso di soggetti seduti allo stesso desco, condizione che facilita scambi anche tra avversari e malmostosi. Un sistema chiuso, collaudato e forte che sotto il Torrazzo ha funzionato alla perfezione fino all’altro ieri, ma inadeguato oggi.

Un circo incapace di adattarsi alle nuove gerarchie imposte dalla scienza, dall’organizzazione del lavoro, dalla mobilità, dalla digitalizzazione e dal resto che, negli ultimi decenni,  ha rivoltato la società come un calzino. Per alcune organizzazioni la crisi è evidente e intellegibile. Per altre, è carsica e riconoscibile periodicamente. Per altre ancora, è latente e strisciante, ma pronta a emergere al primo ostacolo.  Alcuni protagonisti di questa Barnum in crisi esibiscono muscoli flaccidi e millantano un potere farlocco, residuo di quello reale del passato. Un potere debole, anemico esercitato per gentile concessione di coloro che potrebbero e dovrebbero contrastarlo. I coraggiosi sono pochi e il re è nudo, ma nessuno lo evidenzia. Si dice: «Dio vede e provvede».  E così è successo. 

Nei giorni scorsi un angelo o un inviato speciale dello Spirito Santo ha ispirato il presidente della Libera Associazione agricoltori Cremonesi.  Gli ha guidato la mano e lo ha aiutato a scrivere una lettera ai soci nella quale annuncia e ammette che il re è nudo. Un miracolo. «Il Consiglio Generale– ha spiegato Riccardo Crotti ai soci – riunitosi in via d’urgenza il 21 febbraio, ha dovuto prendere atto che entro il termine ultimo di presentazione delle candidature (il 10 febbraio) non è stato raggiunto il numero minimo di persone per costituire una lista» (Cremonaoggi, 22 febbraio).

Dalle stelle alle stalle. Niente di sconvolgente per gli agricoltori. A maggior ragione per un presidente veterinario.   Le stalle non sono marchio d’infamia, ma bagno di realtà.  Nulla impedisce all’Associazione di ritornare nella galassia e la scorciatoia offerta dalla futura walk of fame, la via lattea delle vacche, è un’occasione da non perdere. 

Esaltata da Roberto Biloni, presidente di Cremonafiere (vittorianozanolli.it, 6 dicembre 2022) e consigliere della Libera, la via lattea delle vacche è l’ultima delle grandi e rivoluzionarie idee di Cremona. Cin, cin. 

Dunque il re è nudo. Nudissimo.  E per chi avesse dubbi, Crotti li cancella senza esitazioni: «Una circostanza inedita che ha costretto il Consiglio Generale uscente ad annullare la data del 24 febbraio, posticipando le elezioni a data da destinarsi».  Non molti anni fa i soci della Libera lottavano per assicurarsi un posto nel Consiglio dell’Associazione. Oggi lo evitano. 

Il presidente rientrava tra i personaggi più rispettati e scappellati della Provincia. E’ ancora riverito, ma per abitudine e tradizione. Come avviene in campagna con tutti coloro che ricoprono una carica, foss’anche quella di presidente del circolo del tresette. La Provincia, di proprietà della Libera, era il Vangelo. Anche adesso lo è, ma apocrifo, nel senso che non detta più né la linea, né l’agenda della politica locale. Piuttosto è un house organ della Regione e, sempre più spesso, anche dell’Associazione industriali.

 Possedere la Ferrari, metterci la benzina e farla usare agli altri è un po’ da ciula. Oppure da troppo buoni, condizione che non paga mai. O no? Il quotidiano è l’album con le fotografie del presidente. Al contrario, la Coldiretti, concorrente diretta della Libera, non possiede un giornale analogo. E’ un’impresa trovare un francobollo che la riguardi su La Provincia. Occupa però i posti che in agricoltura contano.

Il quotidiano ha dedicato pagine al trasferimento della Mostra Frisona e Jersey ANAFIJ da Cremonafiere a Montichiari. Fuoco e fiamme. Il risultato? Grida nel deserto. Le vacche hanno traslocato un anno sì l’altro no, ma in previsione che sia sempre sì. Il silenzio è calato sulla vicenda. Dalle stelle alle stalle. Ma sarebbe sbagliato fare di tutta l’erba un fascio. 

Ci sono delle maestose querce ammalorate e difficilmente recuperabili.  Querce maestose, ma con il tarlo nel tronco. Querce non più maestose, ma nemmeno spelacchiate, bisognose di ricostituenti per non collassare. Querce rinsecchite, ma con la protervia e l’illusione di stare nella rigogliosa Pandora.

Poi c’è l’eccezione. C’è la quercia d’acciaio, maestosa, solida e solitaria. Indistruttibile. Giganteggia. Fa ombra alle altre. Fa la storia, nel senso che fa la sua storia e quella della città. Fa tutto.  Di un altro pianeta, aliena, brilla nel firmamento, più luminosa di Sirio. Più ossequiata del Papa.

Il decadimento del sistema ha riflessi sull’intera provincia.

Privo di bussola, spaesato, statico, diviso e orfano di comandanti riconosciuti e ascoltati, il territorio è marginale nel contesto regionale.  Con una progettualità poco condivisa e in alcune circostanze indifferente ai reali bisogni dei cittadini e delle imprese è destinato al ruolo di vassallo. Di paggio. Destinatario di un’infinità di pacche sulle spalle. Di ringraziamenti. Di quelli che non si lesinano ai pistola che credono di essere più furbi. 

Dalle stelle alle stalle. Può succedere. Grave sarebbe restarci.

No responses yet

Feb 26 2023

ecco i dolci 26 02 2023

Published by under Pubblica Amm.ne

CARNEVALE 2023, ECCO I DOLCI TIPICI REGIONALI

Dalla cicerchiata agli aciuleddi, dalla pignolata alle bugie fino ad arrivare a frappe e castagnole conosciute in tutta Italia

Oltre due famiglie su tre (68%) non rinunciano alle squisitezze del carnevale, dividendosi quasi equamente tra quanti li acquisteranno in forni e pasticcerie (33%) e quanti ricorreranno invece al fai da te casalingo (35%) per risparmiare qualcosa ma anche per recuperare le ricette della tradizione regionale secondo l’indagine on line della Coldiretti. È quanto emerge dall’indagine on line Coldiretti alla vigilia del “martedì grasso” 2023.

L’inflazione pesa sulle tavole del Carnevale con gli ultimi dati di gennaio 2023 che vedono aumenti del 21% dei prezzi di farina e uova rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, ma il burro sale del 35% e lo zucchero addirittura del 54%, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat. Il risultato è che gli italiani secondo la Coldiretti spenderanno quest’anno circa 200 milioni di euro per assicurarsi struffoli, frappe e arancini, per un totale di oltre 12 milioni di chili di dolci.

Si va dagli zuccherini in Toscana alla cicerchiata in Abruzzo, ma anche aciuleddi in Sardegna, crema fritta in Veneto, sfrappole in Emilia Romagna, bugie in Liguria, taralli in Basilicata, sanguinaccio in Campania, crostoli in Friuli, frappe e cecamariti nel Lazio, pignolata in bianco e nero in Sicilia e grostoli in Trentino, tortelli in Lombardia o scroccafusi nelle Marche sono solo alcune delle specialità gastronomiche censite a livello regionale che gli italiani riscoprono nei giorni di carnevale.

Con i prezzi che oscillano tra i 20 ai 40 euro al chilo per l’acquisto al forno o in pasticceria non manca dunque chi si dedica alla preparazione casalinga per risparmiare ma anche per il piacere di esprimere la propria creatività personale nella realizzazione di dolci da offrire in famiglia o a parenti e amici. Partendo da ricette regionali che utilizzano ingredienti semplici come farina, zucchero, burro, miele e uova è possibile fare una ottima figura spendendo meno di dieci euro al chilo con la scelta della migliore qualità e compresi i consumi energetici per la cottura.

La preparazione casalinga offre anche la possibilità di assicurarsi la qualità e la freschezza degli ingredienti, che fanno la differenza sul risultato finale, a partire dalle uova e dal miele che possono essere acquistati anche nei mercati degli agricoltori di Campagna Amica. I dolci casalinghi sono preferiti dai bambini che stanno riscoprendo l’orgoglio di mostrare a scuola o nelle feste private l’abilità in cucina delle proprie mamme. Il fatto che una porzione di 50 grammi di frappe contenga 235 chilocalorie significa che un consumo moderato non ha effetti drammatici sulla dieta e sulla salute anche perché la privazione in un momento di festa, soprattutto per i più piccoli può avere effetti negativi sull’umore.

Il Carnevale prende le mosse dalla tradizione della campagna, dove segnava il passaggio tra la stagione invernale e quella primaverile e l’inizio della semina nei campi che doveva essere festeggiata con dovizia. I banchetti carnevaleschi sono molto ricchi di portate perché, una volta in questo periodo si usava consumare tutti i prodotti della terra, non conservabili, in vista del digiuno quaresimale.

MAPPA COLDIRETTI DEI DOLCI TIPICI DI CARNEVALE PER REGIONE

ABRUZZO: cicerchiata, gnocchetti grandi come ceci, fritti, guarniti con zucchero caramellato e miele e decorati con i canditi e confettini

BASILICATA: pastarelle, chiacchiere, nastri di pasta dolce fritti e spolverati di zucchero a velo torta da sanguinaccio, taralli aviglianesi e zucchero caramellato 

CALABRIA: nacatuli, dolci di pasta dalla forma intrecciata, pignolata, piccole sfere di pasta dolce, fritte in olio di oliva e unite tra di loro dal miele e chiacchiere 

CAMPANIA: struffoli, palline fritte con zucchero, miele e confettini colorati, zeppole, migliaccio e sanguinaccio, crostata con sangue di maiale e cioccolato 

EMILIA ROMAGNA: sfrappole e tortelloni ripieni 

FRIULI-VENEZIA GIULIA: crostoli, frittelle e castagnole

LAZIO: frappe fritte o al forno e castagnole gustose e morbide palline di pasta fritta riempite di ricotta o crema pasticciera; cecamariti

LIGURIA: bugie nastri di pasta dolce fritti e spolverati di zucchero a velo 

LOMBARDIA: tortelli, dolci fritti cosparsi di zucchero e cannella o farciti con crema o con uvetta 

MARCHE: arancini e scroccafusi, palline di pasta con cannella e scorza di limone prima lessate in acqua bollente e poi fritte, spolverate di zucchero e bagnate con alchermes 

MOLISE: tortelli di carnevale, scorpelle, dolcetti ricoperti di miele e struffoli; 

PIEMONTE: friciò, gale, bugie, rombi o nastri fritti

PUGLIA: chiacchiere e frittelle 

SARDEGNA: aciuleddi, dolcetti a forma di treccia, brugnolus, a base di farina, uova e purea di patate, fritti e avvolti nello zucchero e orillettas, listarelle di pasta intrecciate, fritte e ricoperte di miele 

SICILIA: pignolata dolce metà bianco e metà nero composto da pezzettini di pasta fritti e ricoperti da glassa al limone o cioccolata e ravioli fritti con crema o ricotta 

TOSCANA: zuccherini, berlingozzi, ciambelle e cenci, nastri di sfoglia fritti 

TRENTINO A.A: grostoli, nastri di pasta dolce fritti e spolverati di zucchero a velo 

UMBRIA: strufoli, frappe, brighelle e strufoli, dolci fritti e bagnati con alchermes

VALLE D’AOSTA: bugie, tortelli con uva sultanina ammorbidita nel rum e ricoperti di zucchero e panzerotti alla marmellata, flantze

VENETO: galani, strisce quadrate o rettangolari fritte, frittelle e castagnole, bocconcini fritti, crema fritta alla veneziana

Fonte: Elaborazioni Coldiretti

Iscriviti alla nostra newsletter

VUOI RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO? ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWSLETTER!

FONDAZIONE CAMPAGNA AMICA È IL LUOGO IDEALE DI INCONTRO TRA GLI INTERESSI DEI PRODUTTORI E QUELLI DEI CONSUMATORI

No responses yet

« Prev - Next »