NOTIZIE
DA CAMPAGNA AMICA
Giornata
internazionale olivo, l’albero millenario
Una
delle piante arboree da frutto più diffuse al mondo, la sua origine
risale a più di 6.000 anni fa e affonda le proprie radici nella
storia stessa dell’umanità, intrecciandosi con i racconti
popolari, la mitologia, la poesia e la religione.
La
Giornata Internazionale dell’olivo, proclamata dal Consiglio
Esecutivo dell’UNESCO, ha l’obiettivo di proteggere e conservare
questo albero millenario e di promuovere al tempo stesso i valori
universali che uniscono esseri umani e culture.
L’olivo
infatti è una delle piante arboree da frutto più diffuse al mondo e
con una storia molto antica. La sua origine, nell’area del
Mediterraneo, risale infatti a più di seimila anni fa e affonda le
proprie radici nella storia stessa dell’umanità, intrecciandosi
con i racconti popolari, la mitologia, la poesia e la religione.
Per
i Greci
l’olivo
era la pianta sacra ad Atena, che l’aveva donata agli uomini. Omero
ci racconta come Ulisse avesse costruito il talamo nuziale con il
legno d’olivo, mentre uomini e cavalli delle saghe omeriche
traevano forza dall’effetto balsamico dell’olio.
Ai Fenici
si
deve l’arrivo dell’olivicoltura nell’Italia centrale mentre i
Romani
ne
permisero la massima diffusione grazie all’abitudine di piantare
ulivi, viti e grano ogni volta che le legioni si stabilivano in un
territorio. Per gli Ebrei
l’olivo
era simbolo della giustizia e della sapienza, per i Cristiani
rappresenta
la rigenerazione e la riconciliazione.
L’olivo
è da sempre considerato una pianta sacra e preziosa, anche per
l’olio che si ricava dal suo frutto. Per tutte le popolazioni
mediterranee l’olio aveva un grande valore tanto che veniva
esportato e considerato moneta sonante negli scambi commerciali. I
romani avevano addirittura istituito la figura dei negotiares
oleari,
degli agenti di cambio le cui contrattazioni avvenivano nell’arca
olearia, una vera e propria borsa specializzata in compravendita
dell’olio. Fin dall’antichità l’olio era apprezzato per le sue
molteplici proprietà: è nutrimento, è fonte di luce, dà bellezza,
allena per la lotta e dona vigore, è segno di dignità e
responsabilità per re e sacerdoti, strumento della forza che viene
da Dio nella tradizione cristiana.
Oggi
l’olivo si estende in tutti i continenti e contribuisce allo
sviluppo economico e sociale di numerosissimi paesi, contribuendo
alla conservazione delle risorse naturali. La sua coltivazione svolge
un ruolo fondamentale nell’aiutare le popolazioni locali a
radicarsi nelle loro regioni, costituisce una barriera contro la
desertificazione, protegge dall’erosione. Inoltre l’olivo
contribuisce alla lotta al riscaldamento globale grazie alla capacità
di fissare in maniera molto efficiente la CO2 dell’atmosfera,
catturandone più di quanto ne emette durante l’intero ciclo di
coltivazione e di produzione dell’olio. Infine, tra le loro chiome,
i loro tronchi nodosi e ricchi di cavità, le loro imponenti radici,
trovano rifugio e sostentamento una grande varietà di specie animali
e ciò rende l’olivo un vero e proprio serbatoio di biodiversità
per le specie animali e vegetali.
Olivo,
250 milioni di piante da salvare
Questa
giornata, proclamata dall’Unesco in tutto il mondo e in Italia, è
un intento per tutelare un patrimonio di 250 milioni di piante anche
monumentali decimato dall’avanzare della Xylella e dalla crisi
provocata dalla chiusura di ristoranti e agriturismi dove le vendite
si sono praticamente dimezzate. È quanto afferma la Coldiretti
nel
sottolineare il ruolo economico, ambientale, culturale e salutistico
della produzione dell’olio di oliva, colonna della dieta
mediterranea.
Un
patrimonio minacciato dai cambiamenti climatici, delle oscillazioni
produttive e dell’emergenza Xylella, con l’Italia che quest’anno
ha detto addio a quasi una bottiglia di olio extravergine Made in
Italy su tre con il crollo del 30% della nuova produzione nazionale
che dovrebbe attestarsi attorno a 255 milioni di chili, secondo
l’analisi di Coldiretti sulla base delle previsionale Ismea e
Unaprol. A condizionare la raccolta 2020 è stato soprattutto
l’andamento in Puglia, Calabria e Sicilia che fanno registrare
contrazioni rispettivamente del 43%, 38% e 15%. Al Centro Nord si
rilevano, invece, incrementi del 31% in Toscana, 8% nel Lazio, 70% in
Umbria e del 100% in Liguria, dopo gli scarsi livelli dello scorso
anno. In generale, comunque, ci si attende in tutta la Penisola un
olio di elevata qualità grazie all’ottima fioritura, a condizioni
meteo non avverse e ai limitati attacchi della mosca olearia.
L’andamento
della raccolta è importante dal punto economico ed occupazionale per
una filiera che conta oltre 400 mila aziende agricole specializzate
in Italia ma anche il maggior numero di oli extravergine a
denominazione in Europa (43 Dop e 4 Igp), il più vasto tesoro di
biodiversità del mondo ora minacciato dall’emergenza Xylella che
dal Salento sta risalendo pericolosamente a nord nella piana degli
ulivi monumentali. L’Italia può contare su 533 varietà di olive
contro le appena 70 degli spagnoli che hanno una produzione di massa
quasi sei volte superiore.
A
pesare quest’anno è anche la chiusura dei ristoranti che, in
Italia e nel mondo, rappresentano un importante mercato di sbocco
soprattutto per le produzioni di qualità Made in Italy anche se con
la svolta salutista degli italiani a tavola spinta dall’emergenza
sanitaria sono cresciuti in Italia del 9,5% i consumi familiari di
extravergine di oliva, anche per effetto del maggior tempo trascorso
in casa a cucinare, sulla base delle elaborazioni Coldiretti su dati
Ismea del primo semestre. A livello nazionale 9 famiglie su 10
consumano olio extravergine d’oliva tutti i giorni con una
crescente attenzione verso il prodotto di qualità che ha favorito la
nascita di corsi e iniziative.
Sul
fronte del mercato, la minor produzione 2020 e la domanda delle
famiglie sta spingendo in alto i listini con aumenti che riguardano
anche gli oli Dop/Igp italiani. L’andamento dei prossimi mesi
dipenderà come di consueto dalla situazione internazionale con la
produzione mondiale stimata in linea a quella dello scorso anno ed i
prezzi in Spagna, Grecia e Tunisi che mostrano tendenze al rialzo. La
Spagna è di gran lunga il principale produttore mondiale seguito
dall’Italia mentre sul podio al terzo posto si trova la Grecia.
L’Italia
è il primo consumatore mondiale di olio di oliva con una media negli
ultimi 5 anni di 504 milioni di chili, seguita dalla Spagna con 483
milioni di chili e dagli Stati Uniti con ben 320 milioni di chili. A
sostenere la domanda mondiale sono certamente gli effetti positivi
sulla salute associati al consumo di olio di oliva provati da
numerosi studi scientifici che hanno fatto impennare le richieste di
quel segmento di popolazione che nel mondo è attento alla qualità
della propria alimentazione.
Per
le feste l’aumento record del 29,2% del commercio elettronico nel
2020 in prossimità del Natale spinge anche gli acquisti on line di
extravergine ma è allarme per il rischio truffe secondo il rapporto
dell’Istituto per la tutela della qualità e repressione frodi
(Icrqf) che da febbraio a maggio 2020 nel periodo della prima ondata
dell’emergenza Covid ha effettuato ben 558 interventi per la
rimozione di inserzioni irregolari di prodotti alimentari sui siti
Alibaba, Amazon e Ebay, con quasi la metà (45%) dei casi di
irregolarità che hanno riguardato proprio l’olio di oliva.
Con
l’82% degli italiani che con l’emergenza sugli scaffali cerca
prodotti Made in Italy per sostenere l’economia e il lavoro del
territorio, il consiglio della Coldiretti è quello di diffidare dei
prezzi troppo bassi, guardare con più attenzione le etichette e
acquistare extravergini a denominazione di origine Dop e Igp, quelli
in cui è esplicitamente indicato che sono stati ottenuti al 100 per
100 da olive italiane o di acquistare direttamente dai produttori
olivicoli, nei frantoi o nei mercati di Campagna Amica dove è
possibile assaggiare l’olio EVO prima di comprarlo e riconoscerne
le caratteristiche positive.
Mentre
online è meglio verificare anche l’identità del venditore
privilegiando chi ha un legame diretto con la terra o appartiene ad
una rete strutturata di agricoltori come Campagna Amica ma è
importante anche assicurarsi che il prodotto in vendita sia realmente
tipico della zona da cui proviene, magari stando attenti che il nome
del prodotto non sia “storpiato” come spesso accade quando ci si
trova davanti delle imitazioni delle più note specialità Made in
Italy.
Un
olio non vale un altro: fattori di qualità
La
qualità dell’olio è influenzata da numerosi fattori presenti
nell’intera filiera produttiva.
I
primi fattori
da
considerare sono quelli agronomici,
cioè tutti quegli aspetti legati all’oliveto e alla sua produzione
come ad esempio l’ambiente
pedo-climatico,
il tipo di cultivar,
il sistema
di coltivazione,
i
metodi di raccolta del frutto.
La
temperatura, ad esempio, influisce sulla composizione acida
dell’olio, mentre la quantità di acqua disponibile incide sul
quantitativo delle sostanze fenoliche. Entrambi questi parametri
influenzano le caratteristiche organolettiche del prodotto finale.
Rispetto
alle cultivar, la produzione olivicola nazionale è caratterizzata da
un’ampia diversità varietale, spesso identificate anche attraverso
la delimitazione di un’area di coltivazione che permette di
valorizzare l’unicità del prodotto attraverso la denominazione DOP
o IGP.
Il
momento della raccolta del frutto dipende dalla latitudine,
dall’andamento climatico dell’anno e dalle varietà presenti: più
il clima è caldo più verrà anticipata la maturazione, la
lavorazione e l’immissione sul mercato. In generale,
indipendentemente dalla zona di coltivazione, una raccolta precoce
del frutto porta generalmente alla produzione di un olio dalle
caratteristiche organolettiche più marcate e ad una più spiccata
caratteristica di amaro e piccante dovuta al più alto contenuto di
fenoli.
La
qualità dell’olio è poi fortemente condizionata anche dallo stato
di integrità delle olive, pertanto la scelta del sistema di raccolta
risulta di estrema importanza. La tradizionale raccolta manuale, per
brucatura
o pettinatura,
con l’ausilio di appositi strumenti come rastrelli o pettini,
garantisce meglio una buona integrità del frutto, che viene
salvaguardato da ammaccature, muffa e parassiti, ma è anche lunga e
costosa. L’alternativa è costituita dalla raccolta meccanica con
l’utilizzo di macchine semoventi che scuotono il tronco. Questa
tecnica assicura tempi di raccolta più brevi e se il sistema è
completato da un valido mezzo di intercettamento delle olive viene
garantito anche un buono stato del frutto da avviare al frantoio.
Vanno
poi considerati i fattori tecnologici e di estrazione, ossia
tutte le fasi di lavorazione delle olive dal momento di arrivo alla
fase di imbottigliamento del prodotto.
Il
trasferimento
delle
olive al frantoio deve svolgersi in tempi brevi ed utilizzando
contenitori che permettano l’areazione del frutto, lo preservino
dalla rottura, dallo schiacciamento e dall’eccessivo riscaldamento.
Il locale di stoccaggio
deve
essere fresco e ben ventilato e con finestre protette da reti per
impedire l’accesso degli insetti. L’intervallo di tempo dalla
raccolta alla frangitura non deve superare le 48 ore.
Le
olive avviate al processo di trasformazione devono essere liberate
dalle impurità, come rametti, foglie, terriccio che alterano la
qualità dell’olio e il funzionamento delle macchine. La fase di
mondatura
e lavaggio deve
precedere di poco la lavorazione perché l’acqua favorisce i
processi di fermentazione e l’idrolisi. Inoltre è importante che
le olive non siano troppo mature perché le sollecitazioni meccaniche
possono provocare la rottura dei frutti con perdita di polpa e
conseguente calo di resa in olio.
Dopo
la frangitura,
in cui avviene la rottura delle olive e la frantumazione dei
noccioli, si ottiene una pasta che viene lentamente rimescolata
durante la gramolatura.
Per favorire questo processo la pasta viene scaldata con acqua calda:
la temperatura dell’acqua e la durata della lavorazione
condizionano sia la resa che la qualità del prodotto. Tempi
prolungati e temperature elevate aumentano le rese di estrazione ma
determinano anche modifiche negative delle caratteristiche chimiche
fisiche dell’olio.
La
fase di estrazione permette di separare la componente liquida (olio e
acqua di vegetazione) da quella solida (sansa). Essa può avvenire
per pressione meccanica, il sistema tradizionalmente più antico che
opera attraverso un processo discontinuo, oppure per centrifugazione
e percolamento che agiscono invece in modo continuo. Il processo di
estrazione per pressione oltre a richiedere macchinari discontinui ed
ingombranti, comporta costi di manodopera maggiori e un rischio di
contaminazione dell’olio a causa dell’usura ed inquinamento dei
diaframmi filtranti. Il sistema di centrifugazione ha maggiori
consumi energetici ed idrici, ma consente una totale meccanizzazione,
una maggiore igienicità e un minor ingombro. Infine il sistema di
percolamento si basa sulla diversa tensione superficiale dell’olio
rispetto all’acqua di vegetazione e permette di ottenere un olio
ricco di polifenoli, ma le rese sono piuttosto basse.
Il
liquido ottenuto contiene ancora una certa quantità di acqua di
vegetazione che viene eliminata centrifugando il prodotto.
Successivamente l’olio viene lasciato riposare in modo che
attraverso la decantazione e la filtrazione tutte le sostanze
estranee presenti possano essere eliminate e si limiti così la
possibilità di fenomeni di idrolisi o ossidazione. Il sistema di
filtrazione può influire sulla qualità dell’olio: l’uso di
filtri “leggeri” (filtri di cotone o cellulosa) rispetto a filtri
più drastici (filtri “brillantanti” a farine fossili) limita la
diminuzione degli antiossidanti migliorando la conservabilità
dell’olio.
Sono
quindi molte le fasi e le variabili che influiscono sulla qualità
dell’olio. Il percorso dall’oliva all’olio è frutto di una
tradizione antica, di un lavoro che richiede fatica ed esperienza che
le innovazioni tecnologiche contribuiscono a migliorare senza
tuttavia snaturare il prodotto finito.
Dal
campo alla tavola: un acquisto consapevole
La
qualità dell’olio si riconosce prima di tutto attraverso i nostri
sensi: annusandolo ed assaggiandolo.
Un
olio di qualità deve essere innanzi tutto buono, con profumi che
ricordano il vegetale e mai il vino o l’aceto, e un gusto un po’
amaro e piccante segno che l’olio è ricco di antiossidanti.
Al
momento dell’acquisto sarebbe quindi sempre opportuno avere la
possibilità di assaggiare il prodotto. Per questo è preferibile
avere un rapporto diretto con il proprio fornitore, possibilmente un
produttore, che potrà far degustare l’olio e dare tutte le
informazioni sulla sua origine.
Un
aiuto importante ci viene anche dall’etichetta, vera carta di
identità di ogni prodotto che acquistiamo, che ci può chiarire
dettagli importanti come ad esempio la categoria, l’origine delle
olive, l’anno di produzione. Anche il costo è un parametro da
considerare: offerte a basso prezzo sono spesso indice di un prodotto
di minor qualità rispetto alla materia prima, ai processi
produttivi, alla sicurezza alimentare.
Se
acquistiamo l’olio in latte, occorre travasarlo in bottiglie di
vetro pulite e mai in plastica per la possibilità che vengano
rilasciate sostanze chimiche dannose.
Le
bottiglie di olio vanno preservate da tre grandi nemici: l’ossigeno,
il calore e la luce. Occorre quindi chiudere sempre bene le
bottiglie, evitando oliere e tappi dosatori a beccuccio che fanno
entrare l’aria, responsabile del rancido. L’olio va tenuto
lontano da fonti di calore, come forno e fornelli, perché gli sbalzi
di temperatura accelerano le degradazioni. L’olio soffre anche a
temperature troppo basse perché gelandosi e scongelandosi subisce un
degrado delle sue capacità antiossidanti. Infine, l’olio va
conservato in contenitori scuri perché il processo di fotossidazione
degli acidi grassi polinsaturi determina l’insorgenza del difetto
di rancidità.
È
bene avere una certa scorta di olio extravergine di oliva in casa, ma
ricordiamo anche che l’olio non è come il vino: non migliora
invecchiando. Per questo è importante verificare l’annata di
produzione al momento dell’acquisto e considerare che il termine
minimo di conservazione è in genere di due anni.