Archive for Novembre, 2021

Nov 27 2021

un artista 27 11 2021

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UN ARTISTA

Ma di quelli bravi, capace di incantare qualsiasi esperto, scrive www.cremonasera.it! Francoforte 27 11 2021 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com

—Al Mart di Rovereto la grande mostra su Alceo Dossena. Realizzata a Cremona avrebbe avuto maggior fascino

ROVERETO- Un centinaio di opere provenienti da collezioni pubbliche e private e persino il confronto con “falsi” recenti: le celebri teste di Modigliani realizzate dallo scultore Angelo Froglia e alcuni dipinti di Lino Frongia copie dell’antico. Così al Mart di Rovereto, da un’idea di Vittorio Sgarbi e a cura di Dario del Bufalo e Marco Horak, si rende omaggio a un grande cremonese: Alceo Dossena definito “autentico falsario” dai curatori “che diede vita a una ricchissima produzione di opere scultoree realizzate nello stile e con le tecniche dei maestri antichi e rinascimentali”.

La mostra è un omaggio ad un grande artista e raggruppa, per la prima volta, la vasta produzione dello scultore. Diverse opere provengono dalla collezione Cavallini-Sgarbi ma sono esposte anche due splendide statue provenienti dal Museo Civico di Cremona: Santa Caterina da Siena Sant’Agnese donate dagli Amici del Museo su iniziativa di Lidia Azzolini che per prima studiò a fondo l’opera dello scultore. Tante statue, terrecotte ma anche bronzi come il Sant’Antonio da Padova, la Madonna con bambino dei Musei Civici di Pescia, una straordinaria Pietà ed anche i ritratti di Giuseppe Verdi o la Madonna dell’Uva. Imperdibile il marmo della Natività con i Magi della collezione romana di Dario Del Bufalo con ben 15 personaggi raffigurati. Ed ancora il San Giovannino del Museo Civico di Cremona o l’incredibile Volto femminile scolpito negli anni Trenta in avorio, alabastro e base in marmo. Ed ancora tantissime “Madonna con bambino” (marmi e terrecotte): Ave Maria, Mater Dei, Mater dulcissima e altro.

La mostra ha un catalogo davvero completo nel quale figurano anche gli scritti dei cremonesi Marco Tanzi e Rodolfo Bona.

Da non perdere la ricostruzione dello studio dello scultore immortalato in un documentario del 1929. Una testimonianza dello studio (non presente in mostra) è stata lasciata dal nipote Ercole Priori, anche lui grande scultore cremonese, che nel 1936 aveva fatto alcuni schizzi mentre imparava la scultura nello studio dello zio in via Margutta e che presentiamo nella serie di fotografie. Un anno dopo, l’11 ottobre del 1937, Alceo Dossena spirava in una anonima corsia dell’ospedale San Giacomo di Roma. Era stato uno dei più brillanti artisti della Cremona degli anni Venti ed era assurto a notorietà internazionale grazie alla sua irripetibile capacità di produrre opere di qualunque secolo e qualunque stile, facilmente attribuibili agli scultori più famosi. Le sue sculture avevano annichilito e tratto in inganno i più famosi critici d’arte ed antiquari, collezionisti ed esperti. I musei di mezzo mondo si erano accaparrati le sue creazioni contendendosi a suon di migliaia di dollari capolavori “autentici” usciti dalla sua povera bottega romana ma di volta in volta attribuiti a Donatello, Simone Martini, al Vecchietta, a Mino da Fiesole a Giovanni Pisano o addirittura al Canova come la testa di Maria Luigia esposta in mostra.

Solo nel 1928 il gigantesco imbroglio di cui lo scultore cremonese era stato vittima, più che autore, venne alla luce. Un gioielliere e antiquario romano, tale Fasoli, che aveva avuto occasione di acquistare una madonnina da un oste al quale Dossena l’aveva ceduta in cambio di un piccolo prestito, aveva intuito le grandi capacità dello scultore e l’aveva convinto a lavorare in esclusiva per lui, pagandogli anche l’affitto dello studio. Gli commissionò una grande quantità di statue che avrebbero dovuto essere collocata in una maestosa immaginaria cattedrale del Sud America da costruire in stile rinascimentale italiano e che, pertanto, dovevano avere la patina e il sapore dell’antico.

Quando scoppiò lo scandalo, Dossena, che mai aveva sospettato quale commercio si facesse con le sue opere, trovò un aiuto insperato nei cremonesi i quali fecero intervenire come suo difensore nel processo nientemeno che Farinacci. Lo scultore venne scagionato e la sentenza fu che tutti i possessori di opere di Alceo Dossena, privati, musei, antiquari, vennero invitati a modificare le firme e le attribuzioni.

Oltre alla grande capacità artistica e alla sua rapidità esecutiva non nel copiare un’opera ma di utilizzare la mano e lo stile dell’artista da initare per creare opere nuove, Dossena resta inimitabile (con l’aiuto forse della chimica) nell’antichizzare le opere con patine del tempo e rotture ed il suo segreto resta tutto da spiegare, come dice nel catalogo Dario Del Bufalo che non crede però alla buona fede di Dossena.

La grande mostra di Alceo Dossena al Mart, come proposto a suo tempo da Vittorio Sgarbi, avrebbe dovuto tenersi a Cremona. E proprio la città del Torrazzo manca nella mostra di Rovereto. Manca l’humus nel quale l’arte di Dossena è nata, manca la scuola d’arte dell’Apc (l’archivio della scuola possiede ancora i disegni dei grandi artisti del Novecento che l’hanno frequentata e mai esposti), manca la Cremona d’inizio ‘900 con i grande scultori (Monti dove imparò i primi ridumenti della scultura, Seleroni, Guindani, e poi i nipoti Ruffini e Priori, Coppetti), manca l’ambiente della prima truffa di cui fu vittima lo stesso Dossena perpetrata proprio a Cremona. In quegli anni i musei americani erano ricchi di dollari e acquistarono di tutto sui mercati europei. Oggetto della prima truffa fu proprio un camino di Gaspare Pedone, artista luganese che aveva soggiornato a lungo a Cremona. A Palazzo Raimondi esistevano un tempo due splendidi camini opera di Pedone: uno si trova oggi nella Sala Giunta del Municipio di Cremona, l’altro nel castello Biandrà-Trecchi di Maleo. Venne fatta circolare la voce che ve ne fosse un terzo nelle cantine del Palazzo, nella sala del bucato. Dossena abitava a Parma da un paio d’anni quindi nulla sapeva della voce di un terzo camino. A lui venne commissionato un camino in stile Pedone non identico a quello della Sala Giunta ma nello stesso stile. In poche settimane Dossena lo terminò. Poi venne portato segretamente nelle cantine di Palazzo Raimondi, mostrato ai mercanti americani che pagarono il prezzo esorbitante di 23mila lire. Al posto del monumentale camino venne realizzato un calco in gesso per tacitare la soprintendenza che autorizzò l’asportazione. Poche lire finirono al Dossena. Il camino fino al 1928 figurò al Metroplitan di New York come opera autentica di Gaspare Pedone. Tante altre opere del Dossena finirono nei musei americani.

La mostra rende dunque giustizia alla grande arte dello scultore cremonese. Realizzarla e contestualizzarla nella sua Cremona le avrebbe conferito certamente un fascino maggiore.

La ricostruzione dello studio di Alceo Dossena, i disegni di Priori realizzati in via Margutta e alcune opere in mostra

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Nov 27 2021

un capolavoro 27 11 2021

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UN CAPOLAVORO

che spiega l’Italia dell’Arte, quel che ha scritto Francesco Martelli in www.cremonasera.it

Francoforte 27 11 2021 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com

—L’Europa del Grand Tour: una mostra da non perdere alle Gallerie d’Italia

Complice la squisita ospitalità dell’ineccepibile Giovanni Morale, Coordinatore delle Gallerie d’Italia- il circuito museale di Intesa Sanpaolo, ho potuto visitare la bellissima mostra “GRAND TOUR. Sogno d’Italia da Venezia a Pompei” in Piazza Scala nella sede milanese delle Gallerie.

Anzitutto un doveroso cenno alla sede, ben documentata dai nostri archivi: si tratta dell’edificio realizzato agli inizi del ‘900 dall’architetto Luca Beltrami come sede centrale dell’allora Banca Commerciale Italiana, nell’ambito dell’intero rifacimento di Piazza della Scala, che vide anche la realizzazione della attuale facciata di Palazzo Marino, sede del Comune, e dall’antistante sede di rappresentanza della stessa banca, oggi Ragioneria Generale del Comune. Beltrami, grande urbanista e Sovrintendente del Castello Sforzesco a cui dobbiamo l’attuale facciata con torri e merlature, oltre a tutto il tracciato della via Dante che lo collega a Piazza Cordusio, fu ingaggiato dall’allora patron dell’istituto, il banchiere ebreo Eugenio Toepliz, per celebrare il potere e il prestigio della sua banca con due immacolati edifici di stile eclettico, quasi neoclassico.  

La mostra è allestita negli enormi saloni di rappresentanza del palazzo, ed è a dir poco sontuosa: una imponente distesa di vasi e statue di bianchissimi marmi che svettano nella penombra accoglie i visitatori, che poi accedono ad altre sale tappezzate di coloratissimi e lussuosi ritratti dei grandi protagonisti dell’Europa del ‘700: dal sommo poeta Goethe, che adorava l’Italia e vi scrisse decine di componimenti,  all’archeologo e bibliotecario Winckelmann, che inventò il neoclassicismo dagli scavi di Pompei. I “Touristi”, da cui il termine ancora oggi in uso, gareggiavano tra loro nel farsi ritrarre durante il viaggio dai migliori pittori: la mostra offre infatti una galleria di meravigliosi enormi ritratti del Gran Tour, in cui spiccano assieme alla sontuosità delle vesti gli splendidi colori del nostro paesaggio. Farsi ritrarre in Italia diviene una moda, un simbolo di potere, di ricchezza, di Status sociale e della incontenibile vanità di Dame e Lords. I Canaletto gli devono l’immensa fortuna delle loro vedute veneziane, e grandi pittori come Poussin e Lorraine anch’essi esposti in mostra passeranno anni in Italia a dipingere paesaggi di fiumi alberati che divengono un vero e proprio classico (giunto fino ai finti arazzi incorniciati e appesi in molte case italiane fino agli anni ’70).

Ma cosa è stato il Grand Tour per l’Europa e soprattutto per l’Italia? Il “Grand Tour” è una invenzione di Elisabetta I Regina d’Inghilterra, che istituì delle vere e proprie borse di studio affinché i migliori giovani inglesi potessero formarsi culturalmente e socialmente viaggiando per l’Europa, ma soprattutto attraverso l’Italia, e nella sua scia Luigi XIV fondò a Roma l’Accademia di Francia. Moltissimi furono poi i tedeschi che più tardi intrapresero questa moda fino alle fine dell’800.

Il viaggio si snodava attraverso le principali città italiane, principalmente in realtà perché solo esse potevano garantire alloggi adeguati e collegamenti stradali: Torino, Genova, Milano (in realtà poco amata dai “touristes”), Venezia, Firenze (che diviene vera meta solo nell’800), Siena, Bologna, con Roma e Napoli vere regine assolute e per i più avventurosi la lontanissima Palermo. Il viaggio dei ricchi rampolli europei attraversava un’Italia poverissima, piena di sporcizia ed epidemie di ogni genere eppure vibrante di una vitalità passione e divertimenti che folgoravano la flemmatica albagìa d’Oltralpe, tanto che proprio le varie feste e ricorrenze divenivano un vero e proprio carnet di viaggio: dai carnevali di Roma e Venezia, fino al Palio di Siena o alle feste religiose di San Gennaro a Napoli e Santa Rosalia a Palermo, nessun viaggiatore voleva perdersi libagioni, follie e libertinaggi dei festosi popoli d’Italia. Basterebbe rileggersi il Carnevale di Roma ne Il conte di Monte Cristo di Dumas per averne un ritratto perfetto…   L’Italia del secolo dei Lumi, che era uscita dall’epopea dorata del Rinascimento languendo nella inconsistenza politica e nella miseria economica, ma conservamdone le bellezze e le abitudini sfarzose, diviene ben presto una vera e propria moda internazionale.

I nuovi potenti d’Europa che avevano fatto dell’Italia terra di conquiste coi denari e con le guerre ne rimasero perdutamente a loro volta conquistati: del resto come dice il Tomasi nel Gattopardo, tre generazioni di ricchezza trasformano qualsiasi spietato cafone in un inerme gentiluomo… e le piacevolezze italiche furono per loro fatali.

Tanto che i “Touristi”, nostalgici e possessivi come tutti gli innamorati, non potevano non portarsi a casa un pezzo d’Italia, e nacquero così  i “souvenirs”: l’ossessione che ancora oggi impazza tra i turisti di un Colosseo di plastica o una torre di Pisa innevata dal polistirolo ha le sue origini nel Grand Tour. Naturalmente rispetto ad oggi cambiano le

possibilità economiche e il livello di raffinatezza: disposti a pagare qualsiasi cifra, i “Touristi” alimentarono un commercio enorme di rarità scavate dai tombaroli, che depredarono patrimoni immensi per riempire le magioni inglesi di vasi pompeiani, busti romani e terrecotte etrusche. E quando non si può avere un originale, si pagano a carissimo prezzo le splendide copie delle statue e le magnifiche riproduzioni in scala dei monumenti che escono dalle botteghe di artisti come Bartolomeo Cavaceppi, presente anche lui alla mostra in un ritratto assieme ad una incredibile e raffinatissima selezione dei più svariati “souvenirs” stupefacenti per dimensioni, materiali preziosi e intarsi della più squisita precisione.

L’eredità del Gran Tour all’Italia è immensa: la sopravvivenza di Firenze e Venezia, i cipressi della Toscana, le meravigliose ville e gli splendidi giardini botanici di Inglesi e Tedeschi che ingioiellano la nostra penisola dal Garda a Capri, romanzi come Morte a Venezia di Thomas Mann o Camera con vista di Foster o ancora La Certosa di Parma di Standhal, gran parte dei nostri più prestigiosi musei e la salvaguardia delle antichità romane,  sono quasi tutti retaggi di quel tempo in cui l’Italia benchè meschinetta incantava tutti i potenti del mondo.

E siccome nel mondo di oggi ci sono dei nuovi ricchi e dei nuovi potenti, e noi siamo tornati un po’ meschinetti ma ora come allora eredi di bellezza e amanti della bella vita, andiamo a visitare questa mostra e facciamo tesoro del nostro passato, che è ancora, ora come allora, la migliore risorsa economica che abbiamo.

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Nov 27 2021

la storia che commuove 27 11 2021

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LA STORIA CHE COMMUOVE

Gilberto Bazoli sa usare i fatti, e li scrive in www.cremonasera.it

Francoforte 27 11 2021 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com

—La storia di Stefana Soldati, 92 anni, da Offanengo: confeziona borse colorate per sostenere una onlus impegnata nelle adozioni

Il ‘miracolo‘ si sta ripetendo anche alla vigilia del prossimo Natale. Stefana Soldati, 92 anni (saranno 93 a marzo), si siede davanti alle due vecchie ma fidate macchine da cucire nella grande abitazione di Offanengo e confeziona decine di borse. “Coloratissime, una diversa dall’altra”, sottolinea. I pezzi unici usciti dalla sua abilità e dalla sua fantasia da stilista vengono poi distribuiti per sostenere con il ricavato delle libere donazioni una onlus impegnata sul fronte dell’adozione e dell’affido.
Stefana, vedova di Giovanni (impiegato comunale conosciuto da tutti in paese), non è una sarta professionista, ma ha avuto da sempre, sin da bambina, la passione del cucito. “L’ho coltivata anche da grande facendo con tutto quello che mi capitava a tiro i vestiti per i miei figli”. Una folta nidiata: quattro femmine (Luisa, Luciana, Giovanna, tutte insegnanti, e Astrid, laureata in filosofia, che purtroppo non c’è più) e un maschio (Gianmario, perito). Da giovani avrebbero voluto interrompere gli studi per aiutare i genitori, ma il padre li ha spronati ad andare avanti.

Ci ha letteralmente obbligati”, ricorda con affetto una delle figlie, Luisa. La mamma si occupava di loro. “Anche ricamando gli abiti che poi indossavano”, dice Stefana. Lucidissima, autonoma, in buona salute, forte come una quercia, riservata (“Le fotografie? E’ proprio necessario?”), la nonna di 6 nipoti e la bisnonna di 7 pronipoti vive da sola ad Offanengo. Si cucina da sé. Tra le pulizie, il bucato e le altre faccende domestiche, non è molto il tempo libero a disposizione. Quello che le rimane lo dedica agli altri. “Durante il lockdown, l’anno scorso, mi sono sbizzarrita facendo decine di mascherine che poi regalavo a chi me le chiedeva”.
Una volontaria di ItaliaAdozioni, Giuseppina, le ha parlato dell’associazione. “Ho deciso di mettermi al servizio di queste persone creando le borse”. Borse che hanno un nome: DAMA (D’AMore e d’Adozione).

Nel 2020 ne ha assemblate 150 e quest’anno è a quota 130, ma solo per ora. Di fattura artigianale, curate nelle rifiniture. Ce n’è per tutti i gusti: due linee (donna e, novità, bambina); due modelli (una ideale per le commissioni, l’altra elegante per i momenti di svago); due tipologie di tessuto (autunno/inverno e primavera/estate); molte con fodera e tasca interna.

In media confeziono un esemplare al giorno, in genere preferisco mettermi all’opera il pomeriggio”. Stefana entra nella stanza che era del figlio ma dove ora ci sono le due macchine da cucire e comincia. Ci vede perfettamente, infila l’ago senza bisogno degli occhiali. Ha iniziato in estate e continuerà ancora per qualche tempo perché la campagna donazioni Natale 2021 si chiude il 16 dicembre.

Utilizzo scarti offerti da un negozio di Crema, Valentino tessuti. Ritaglio il materiale direttamente, senza ispirarmi a modelli prestabiliti. Quando vedo un pezzo di stoffa mi si apre il cuore.”. La stessa emozione che prova davanti a una borsa finita. “Mi è stato proposto di mettere in vendita le mie creazioni, ma ho rifiutato: faccio tutto questo solo per l’associazione. Nel mio piccolo, voglio essere utile”. Ogni borsa è accompagnata da una cartolina con la frase: “Non ci sono bambini non voluti, ma solo famiglie non ancora trovate”. L’anziana ricamatrice per passione aiuta ad incontrarsi, con la sua generosità e la magia delle sue mani, quei bambini e quelle famiglie ora lontani. Nelle foto a scorrimento Stefana Soldati e alcune sue creazioni, poi la serie delle borse e Stefana alla macchina da cucire

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Nov 27 2021

che vuol dire? 27 11 2021

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CHE VUOL DIRE?

La Provincia fin che c’è inventa una lingua, col titolo in prima pagina:

-Patuanelli “sì all’hub no al nutriscore”-

Francoforte 27 11 2021 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com

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Nov 27 2021

bis d’assi 27 11 2021

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BIS D’ASSI

In attesa che venga intervistata dal Dubbio il ministro Cartabia, intanto dobbiamo accontentarci delle parole del primo responsabile, dopo il Presidente, che occupa la prima sedia….

—A pochi giorni dal monito del Capo dello Stato in merito alla riforma del Consiglio superiore della magistratura e dell’ordinamento giudiziario, oggi raccogliamo il pensiero del vicepresidente del Csm David Ermini il quale, commentando la reazione che le correnti dell’Anm hanno espresso su questo giornale al discorso di Mattarella, ci dice causticamente: «Penso che l’unica trincea che vada difesa sia il principio dell’indipendenza e autonomia della magistratura quale condizione essenziale e irrinunciabile per un ordinamento autenticamente democratico». Su uno degli snodi cruciali della riforma, ossia le valutazioni di professionalità dei magistrati, aggiunge: «Ho sempre pensato, ma la mia è un’opinione del tutto personale, che la valutazione di professionalità dovrebbe prevedere controlli sulla qualità e sulla tenuta dei provvedimenti».

Francoforte 27 11 2021 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail

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Nov 27 2021

arriva l’olio nuovo 27 11 2021

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ARRIVA L’OLIO NUOVO NEI MERCATI E AGRITURISMI DI CAMPAGNA AMICA

Per l’intero fine settimana saranno organizzati eventi a tema, con esposizioni, degustazioni e racconto delle proprietà e peculiarità dell’alimento base della dieta mediterranea

Clicca qui per la lista completa degli eventi in tutta Italia –> FESTA DELL’OLIO NEI MERCATI E AGRITURISMI DI CAMPAGNA AMICA

A conclusione delle stagione di raccolta delle olive lungo tutta la Penisola, arriva la festa degli extravergine italiani, dove nei nostri mercati e agriturismi saranno gli stessi produttori a raccontare i segreti di questo condimento antico e salutare, alimento base della dieta mediterranea.

Per essere certi di acquistare un prodotto 100% italiano bisogna prestare attenzione alle etichette e acquistare extravergini a denominazione di origine Dop, quelli in cui è esplicitamente indicato che sono stati ottenuti al 100 per 100 da olive italiane oppure acquistare direttamente dai produttori olivicoli, nei frantoi o nei mercati di Campagna Amica dove è possibile assaggiare l’olio EVO prima di comprarlo e riconoscerne le caratteristiche positive. Un olio extravergine di oliva (EVO) di qualità deve essere profumato all’esame olfattivo deve ricordare l’erba tagliata, sentori vegetali e all’esame gustativo deve presentarsi con sentori di amaro e piccante, gli oli di bassa qualità invece puzzano di aceto o di rancido e all’esame gustativo sono grassi e untuosi. Riconoscere gli oli EVO di qualità significa acquistare oli ricchi di sostanze polifenoliche antiossidanti fondamentali per la salute.

Eventi organizzati da Nord a Sud: clicca e scarica la lista completa

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Nov 26 2021

i più eguali-duecentotrentasette 26 11 2021

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I PIU’ EGUALI – duecentotrentasette

Dalle mie 70 cartelle sui processi Iori, senza editore.

Francoforte 26 11 2021 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com —“Presidente – Con la massima tranquillità. Io non so se ha fatto una relazione di servizio?

Pubblico Ministero – Ed appunto, cioè non c’è traccia di questa, io…

Presidente – C’è una relazione di servizio?
Pubblico Ministero – … c’è una relazione.

Testimone, Marchetti G. – Io so che poi lì ha proceduto la Scientifica con le foto. Pubblico Ministero – C’è una relazione ma non c’è traccia di questo dettaglio. Lei, cioè…

Testimone, Marchetti G. – Cioè, a me sembrava appunto, una pastiglietta in bocca, lì. Pubblico Ministero – … allora diciamo così, perché io, appunto noi stiamo cercando di appurare la verità. Se lei l’avesse vista l’avrebbe inserita nella relazione di servizio?

Testimone, Marchetti G. – Sì.

Pubblico Ministero – Se l’avesse vista in bocca, lei avrebbe detto nella relazione: “notavo nel corpo una”…

Testimone, Marchetti G. – Sì.

Pubblico Ministero – Lei sa come me che in questa circostanza non c’era traccia negli atti, quindi, siamo tutti quanti sobbalzati quando abbiamo sentito negli altri testi…

Presidente – Abbiamo una relazione di servizio?

Avv. Difensore, Giusto – Dice questo.

Pubblico Ministero – … abbiamo una relazione di servizio.

Presidente – Usiamo la relazione di servizio.”

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Nov 26 2021

cremonesità-centottantacinque 26 11 2021

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CREMONESITA’ – centottantacinque

Quasi ignora San Violino però assaggia la mostarda, scrive Marco Bragazzi in www.cremonasera.it….

Francoforte 26 11 2021 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com —Così Jane Gardam una delle più grandi scrittrici inglesi racconta (mai tradotta) la vita a Cremona tra Po, Torrazzo, Mostarda e bici

Si contano sulle dita di una mano, ma letteralmente sulle dita di una mano e hanno avuto, o hanno, il privilegio di poter far parte di due delle più importanti realtà della  storia culturale inglese. Sono i cinque scrittori che possono vantarsi di essere membri dell’Ordine dell’Impero, dove si accomodano per colazione insieme alla Regina che ne è il presidente e, contemporaneamente, membri onorari della Reale Società di letteratura dove la Regina non è presidente ma magari, ogni tanto, chiede qualche scritto da leggere tra un impegno e l’altro. Quattro di questi li conosciamo bene, o almeno dovremmo, quasi tutti: John Ronald Tolkien che scrisse lo Hobbit e Il signore degli Anelli, Rudyard Kipling che ci ha fatto crescere con il suo Libro della giungla, George Bernard Shaw che ha segnato intere generazioni con le sue sagaci e spesso feroci frasi e Joanne Rowling con la sua mastodontica opera Harry Potter. Due hanno vinto il premio Nobel per la letteratura mentre gli altri due sono i pilastri del genere fantasy e hanno rimpinguato in maniera consistente le casse di Sua Maestà con i diritti d’autore e gli introiti derivanti da gadget. Un piccolo particolare, Daniel Radcliffe, il piccolo maghetto di Hogwarts, manco a farlo apposta interpreta il ruolo del figlio di Kipling, Jack, nella biografia My boy Jack, dedicata a quel ragazzo partito volontario durante la Prima Guerra Mondiale e sopravvissuto solo pochi giorni durante la Battaglia della Somme. Dato che abbiamo accennato a quattro scrittori ma l’elenco è di cinque ne manca uno, o meglio una, che pochi, o praticamente nessuno, conoscono a Cremona. La stranezza è che se noi non la conosciamo per nulla lei conosce benissimo noi e, soprattutto, ha visitato e adora la città del Torrazzo.

Jane Gardam è una brillante scrittrice di più di 90 anni che fa parte di quel cortissimo  elenco di mostri sacri della letteratura inglese, tanti libri e scritti per la BBC, racconti vari letti in tutto il mondo fino al 2014 quando, nella sua opera The Stories, decide di dedicare un intero racconto a Cremona.

Il pezzo si chiama Telegony e descrive lo sviluppo della telegonia, ovvero la teoria genetica che lega il primo progenitore sui figli successivi avuti anche da altri padri. Cosa c’entra la telegonia con Cremona? Di tutto e di più secondo Jane Gardam, ma questa volta i violini non sono il punto focale della storia, la storia è quella della città con i suoi duemila e passa anni di vita e dei suoi cittadini.

Alice e Molly sono due giovani che vivono in un piccolo borgo immerso nella campagna inglese, una vita abbastanza monotona fino a quando non entrano nel negozio di fotografia del signor Settimo, cittadino cremonese trasferitosi in paese decenni prima, e rimangono affascinate dalla foto del Torrazzo in bella vista su una parete. Dal colloquio con Settimo le ragazze scoprono una Italia diversa da quella comunemente raccontata nei notiziari, dato che il fotografo descrive la sconosciuta Cremona come “l’essenza della dignità della cultura e della civiltà, al pari di Firenze e Roma”.

Da qui la vita delle due ragazze si sposta sulle rive del Po e la Gardam, che ha visitato almeno due volte piazza del Duomo e dintorni, riesce a portare il lettore in mezzo ai colori, alla architettura e alla vita della città. Onore al merito è la frase che più si addice al talento narrativo della Gardam, dato che anche il cittadino cremonese che avesse “l’ardire” di leggere la descrizione della propria città riuscirebbe a scoprire nuovi angoli e prospettive che solitamente ci perdiamo nella quotidianità. Dal prete in bicicletta che pedala velocemente sbuffando davanti al vescovado fino ai due ragazzi su un motorino scoppiettante che passano, ai tempi della visita della scrittrice si poteva ancora, in Piazza del Duomo, la Cremona di Telegony è quella della tradizione e della storia che affascina Alice e Molly, perché dietro alla maestosità di una piazza e delle piccole viuzze vivono decine di piccole storie differenti. I tavolini all’ombra del Torrazzo hanno tovaglie eleganti, il suono delle campane primaverili copre la voce di un cameriere che si rivolge alla coppia consigliando di assaggiare una piccola porzione quel piatto tipico e vecchio di secoli che è conosciuto come “La mostarda di Cremona”. Alice prova, quasi come se si trattasse di un omaggio obbligato alla città, a mangiare una albicocca intera ricoperta di quello sciroppo speziato alla senape che, dopo un primo succulento assaggio, le brucia in gola facendole lacrimare gli occhi e facendola urlare di dolore.

“Questa è la nostra stupenda mostarda, signorina, è una ricetta unica al mondo e molto antica -spiega il cameriere senza scomporsi minimamente davanti alle urla della turista – che lei può trovare solo qui a Cremona”.

La telegonia passa in secondo piano davanti ad una città che si sa far raccontare, così come trovano spazio le date più importanti di quel racconto come la battaglia in città del 1702 che Molly racconta, leggendo voracemente una guida, alla sua compagna di viaggio e fermandosi solo per assaggiare dei salumi. Jane Gardam legge e fa vivere la sua esperienza in città tramite racconto delle due protagoniste ma, in maniera esplicita, rimane personalmente affascinata nello scoprire o nel sentire storie di persone o luoghi che raccontano la vita di Cremona, quella che vita che il signor Settimo aveva saputo così brillantemente sintetizzare. Paradossalmente, come molti altri tributi alla città dei violini ma non solo, The Stories non è stato tradotto praticamente solo in italiano, lasciando alla scrittrice Gardam, facente parte di un ristrettissimo ed elitario club culturale, la possibilità di raccontare quella città che tanto ha saputo emozionarla.

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Nov 26 2021

dopo montichiari 26 11 2021

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DOPO MONTICHIARI

apre la nostra Fiera, e ne scrive www.cremonasera.it, titolo:

Taglio del nastro alle Fiere Zootecniche, Patuanelli: “Importante per l’intero paese, se ne sentiva mancanza”-

La mancanza….

Francoforte 26 11 2021 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com

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Nov 26 2021

adoro la barbera 26 11 2021

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ADORO LA BARBERA

e Andrea Fontana, che scrive in www.cremonasera.it!

Francoforte 26 11 2021 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com

—La Barbera è femmina

Ieri è stata la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, e ho pensato allora di cogliere l’occasione per parlarvi di un grande vitigno autoctono italiano, che come diceva l’irraggiungibile GIno Veronelli, “è femmina”: la Barbera.

La Barbera ha vissuto alterne fortune nella sua storia, ma oggi è finalmente e unanimemente considerata uno dei più grandi vitigni italiani. Originaria del Monferrato (già nel 1495 Pier de Crescenzi la cita con il nome di Grisola) è oggi diffusa in molte zone d’Italia, conservando in Piemonte, e in particolare nel Monferrato e l’Astigiano, il primato di vitigno più coltivato, superata in Italia solo dall’onnipresente Sangiovese.

In passato la sua fortuna fu di essere un vitigno che garantiva una produzione costante e abbondante, tanto che spesso veniva scelta per reimpiantare i vigneti colpiti dall’epidemia di fillossera di fine XIX secolo. Questa sua abbondanza di produzione le ha così garantito la sopravvivenza al terribile insetto fitofago americano, ma al tempo stesso l’ha condannata alla nomea di vino semplice, quotidiano, di poca importanza e significato.

Per decine di anni, la Barbera è stata l’uva impiegata per la produzione dei vini sfusi che venivano consumati, spesso mischiati con acqua, o spuma o altro, nelle osterie e nelle case contadine di mezza Italia, provincia di Cremona compresa.

L’apice (si fa per dire) della sua cattiva fama ha coinciso con la tragica stagione del vino al metanolo, che ha visto la Barbera inconsapevole protagonista dell’adulterazione effettuata dai produttori piemontesi poi condannati per la gravissima truffa che ha causato 23 decessi e parecchie decine di gravi lesioni personali. Il colpo dato al mondo del vino da quello scandalo fu tremendo (le esportazioni di vino Italiano subirono un tracollo del 37%) ma per fortuna della Barbera proprio in quegli anni la ruota iniziò a girare, e una geniale intuizione avrebbe cambiato per sempre la sua storia.

L’intuizione fu del grande Giacomo Bologna, produttore di Rocchetta Tanaro, che “imbeccato” dal solito Luigi Veronelli prese una decisione apparentemente semplice ma in realtà rivoluzionaria: provare a vinificare il vitigno da sempre considerato più di scarsa qualità, la Barbera appunto, in barrique nuove, cioè nel contenitore più pregiato e costoso presente in cantina. Naturalmente a questa intuizione venne associata una ragionata e più mirata gestione agronomica (basse rese, potatura verde, maggior fittezza d’impianto, ecc.), ma nell’immaginario collettivo è questo ciò che ha fatto Braida (soprannome di Giacomo Bologna – da un antico gioco a palla del monferrato – e nome della sua azienda): inventare la Barbera in Barrique. E fu subito un trionfo. Nel 1984 era uscita la prima annata del celeberrimo Bricco dell’Uccellone, etichetta iconica che segna la rinascita della Barbera. L’Uccellone in questione in realtà era una donna, sempre vestita di scuro e, pare, additata dagli abitanti del paese astigiano di portare sfortuna (n’uselòon diremmo in dialetto cremonese), che abitava sulla sommità della collina (cioè il bricco) dov’è impiantato il vigneto da cui si ottiene questo vino.

Da quel giorno, come già detto, la storia della Barbera è profondamente cambiata. Sempre in casa Braida, dopo il Bricco dell’Uccellone fu la volta del Bricco della Bigotta (la leggenda narra che questo nome fu scelto su suggerimento di un cardinale, che raccontava come in Vaticano il nome Bricco dell’Uccellone, vino molto apprezzato, provocava sempre imbarazzi) e dell’Ai Suma. Via via, tutte le più importanti aziende astigiane inserirono una Barbera importante vinificata in barrique a catalogo, prologo alla creazione di una denominazione esclusiva e autorevole per la Barbera d’Asti: il Nizza DOCG (che, curiosamente, deve essere declinato al maschile). E anche se, per il momento, Rocchetta Tanaro non rientra nei 18 comuni previsti nel disciplinare di produzione, è indubbio che l’intuizione di GIacomo Bologna ha cambiato le sorti di questo importantissimo vitigno e ha permesso a noi consumatori di godere di un vino di straordinaria qualità e di grande paicevolezza.

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