UN GRANDE
AGRICOLTORE
che amava la terra ricordato da Mario
Silla, inventore di www.cronacasera.it Francoforte
29 05 2021 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com
—Il
7 gennaio di dieci anni fa moriva un grande figlio della nostra
terra, Ernesto Cervi Ciboldi. Un gigante dell’agricoltura cremonese
letto e studiato in ogni parte d’Italia quando affrontava temi
difficili con una prosa chiara e fresca, con una libertà di pensiero
assolute, senza badare a convenienze o tessere di associazioni. Lui
amava l’agricoltura, i campi, la terra, la stalla, l’acqua, le
stagioni, le piante. Sapeva far capire anche ai profani, le ragioni
delle fortune e delle disgrazie della nostra agricoltura che ha avuto
la fortuna di crescere e svilupparsi sui terreni più fertili del
mondo. Agronomo e veterinario, ha sempre voluto condividere le sue
ricerche, le sue applicazioni, le sue sperimentazioni e conoscenze
con un largo pubblico. Fin dal 1945 ha iniziato a scrivere
raccontando la sua scienza in maniera lineare e chiare e suggerendo
l’utilizzazione costante del metodo empirico. Suggeriva rimedi
(“ricordatevi di tornare a sua maestà il prato, la nostra
ricchezza”), cambi di rotta (“il mais non si può difendere solo
con la chimica”), parlava agli agricoltori e spesso strigliava i
politici che si dimenticavano del nostro bene primario. In questi
giorni ci siamo occupati del criminale spargimento di fanghi
contaminati sui nostri campi. Abbiamo rispolverato un articolo che
Cervi Ciboldi scrisse per “La Cronaca” del 7 ottobre 2007
in cui ricordava come i nostri terreni hanno falda freatica
affiorante quasi ovunque e pertanto inadatti agli spargimenti di
fanghi. Inoltre c’è il
pericolo è che un terreno “avvelenato” da metalli resti
sottoproduttivo per anni. (m.s.)
Mi
sono già occupato altre volte studiando l’impiego di questi
materiali in agricoltura e ne spiegai agli amici agricoltori il
significato agronomico, mettendoli in guardia da facili
interpretazioni, di usarli solo sotto controllo analitico del
materiale e dei terreni dove vanno sparsi e consigliandoli di
informarsi sulla legge regionale che ne permette l’uso a determinate
condizioni.Il fatto è che, subito, quel materiale scomparve, e per
anni, dalla circolazione per cui tutto tacque.
Ora,
siccome – lo dice il dettaglio dei Comuni interessati allegato a tale
articolo – si tratta di grandi quantità indicanti un uso che si va
generalizzando, è buona cosa rinfrescare la memoria agli
agricoltori perché ne facciano buon uso.
Intanto
l’uso dei fanghi, bisogna dirlo a chiare lettere, è utile sia
all’agricoltore, che trova materia organica da spargere su campi che
hanno a tale proposito bilanci negativi, per l’industria, che può
smaltire prodotti ingombranti, per l’ambiente, purché tali
materiali vengano neutralizzati con un preciso scopo senza
complicanze. Ma, attenzione al punto difficile: solo se i trattamenti
a cui vengono sottoposti per essere sterilizzati, e il trasporto a
destinazione vengono fatti secondo regole precise dettate dalla legge
e senza sotterfugi – per esempio, con un’analisi che deve
accompagnare un determinato fango, smerciare materiale pericoloso.
Tutto deve procedere secondo le regole, altrimenti sono guai!
Se
tutto è fatto in regola non esistono difficoltà, perché è
legge naturale che qualsiasi molecola organica, anche la più
complessa, non resiste all’azione disgregatrice del terreno, per cui
il terreno diventa il punto del riciclo naturale di tali sostanze.
Intanto perché gli agricoltori accettano tali materiali: in primo
luogo molti, riconoscendo nella monocoltura del mais, alla quale sono
costretti dalla PAC (Politica Agraria Comunitaria) che impedisce
l’allevamento del bestiame bovino da latte, pensano che tali
materiali possano in qualche modo rendere meno pesanti le perdite del
bilancio negativo in sostanza organica; in secondo luogo alcune ditte
che devono liberarsi di tanti prodotti pagano chi li accetta. E qui,
ingolositi dai soldi, tanti agricoltori spargono i fanghi, senza
precauzioni né controlli.
I
pericoli di usare i fanghi nascono dalla presenza in questi materiali
di metalli come Cromo, Alluminio, Rame, Ferro ecc… che non vengono
metabolizzati dal terreno e si sommano a quelli già presenti, per
cui è regola che l’agricoltore che li usa si faccia spiegare da un
tecnico il calcolo che, applicato alle analisi – terreno + fango –
dà la somma che deve essere abbondantemente sotto i limiti di
tolleranza fissati dalla legge. Il pericolo è che un terreno
“avvelenato” da metalli resti sottoproduttivo per anni. C’è
stato un esempio nel basso cremonese, in cui si usava dare il solfato
di rame per combattere la peronospora; ebbene, dopo più di 20 anni
dall’estirpazione dei filari di viti il frumento segnava ancora una
forte clorosi – ingiallimento e ridotto sviluppo.
Un
altro inconveniente: i cattivi odori che accompagnano lo spargimento
con deturpamento dell’ambiente e il disgusto della gente. Si può
ovviare a tale bruttura con l’aratura immediata dopo lo spargimento –
ossia non lasciare il materiale ammucchiato per giorni: distribuire e
arare.
Infine
ancora un consiglio e una considerazione: gli agricoltori che usano
fanghi si appoggino ad un tecnico che, ben interpretando le analisi
del terreno e dei materiali e conoscendo la legge, possa consigliarli
su tempi, modi e quantità. La considerazione è necessaria
trattando questa materia per la posizione della nostra terra a
ridosso del fiume. Noi abbiamo la falda freatica quasi affiorante e,
nei periodi di irrigazione, i cavi pieni di acqua a livello dei
campi. La cartografia specifica che accompagna il “Quaderno
agro-ambientale” n° 3 (Catalogo dei suoli cremonesi) ci mostra che
la falda è quasi ovunque vulnerabile, ossia con possibilità di
inquinamento. Se a tale situazione si accompagna una pioggia che
allaga come quella dello scorso 27 settembre, con l’acqua che in
poche ore invade le case, non c’è da augurarsi che a completare il
disastro concorra lo spargimento di fanghi in campi vicini. Una
intera zona potrebbe diventare una cloaca puzzolente. Infine il
criterio tecnico che guida l’uso di tali materiali è la scelta dei
terreni di spargimento per posizione rispetto alla falda e
composizione analitica. Quello che, osservando l’elenco dei Comuni
pubblicato non mi sembra sia stato fatto in quanto comprende
territori notoriamente inadatti a tali scopi. Dunque, attenzione!