MARCO
BRAGAZZI RICORDA
i grandi cremonesi di un tempo,
naturalmente su www.cremonasera.it
—Quel ministro cremonese che dichiarò guerra alla Germania di
Hitler. Oggi il tasso di cambio tra le varie monete o, per quanto
riguarda i titoli di stato lo spread, rappresentano due numeri che
impostano letteralmente molte delle scelte di un Paese in materia di
economia o finanza. Da più di un secolo, oggi forse più di ieri, “i
due numeri” dominano la finanza e agitano i sogni o gli incubi di
coloro che, in equilibrio precario tra politica ed economia, devono
fare scelte operative per decidere tempi e modi della vita di uno
Stato.
Villanova
di Pozzaglio ha
cambiato nome diverse volte nel corso della sua storia, quel piccolo
abitato immerso nella campagna cremonese oggi si chiama Villanuova
con Brazzuoli e, circa 90 anni fa, era il tranquillo luogo di riposo
di una delle figure più importanti d’Italia. Felice
Guarneri era
figlio di quella campagna cremonese che corre piatta a vista d’occhio
sospesa tra i filari di alberi e i fossi per l’acqua da irrigazione,
figlio di una economia locale che guardava con fiducia allo sviluppo
economico del XX secolo, economia dei passi corti ma sicuri. Proprio
nel primo anno del vecchio secolo Felice si diploma in città in
ragioneria per poi studiare economia e commercio a Venezia, torna in
città e comincia la sua carriera professionali in quelle istituzioni
locali dedite allo sviluppo.
“Pratica
gratuita” veniva
definito allora l’apprendistato alla Camera di Commercio,
apprendistato che aiuta Felice a trovare una dimensione e una ottica
nel mondo legato allo sviluppo economico. Il cremonese finisce al
fronte durante la Prima Guerra Mondiale, da lì ad un campo di
prigionia in Germania il passo è breve ma è salutare il fatto di
poter ritornare a casa a guerra finita a differenza di tanti altri.
Felice comincia a fare carriera negli enti statali che devono dare
impulso alla crescita dell’Italia, la sua visione è chiara, cercare
di ampliare il bacino di istituzioni e privati da coinvolgere nelle
scelte di un mercato che guarda sempre più all’estero.
Ma per lavorare con l’estero bisogna
capire prima di tutto come affrontare il tasso di cambio in modo da
ottenere una posizione più sicura sul mercato, quesi passi corti ma
sicuri che potevano rendere più tranquille le notti dei politici.
Guarneri su questo argomento è come Antonio Stradivari sui violini,
ha poco da imparare da chiunque. Entra rapidamente nel mondo
economico italiano con una precisa idea, il rafforzamento
istituzionale delle varie associazioni e l’appoggio del sistema
bancario alle scelte operative sui mercati finanziari e su quelli dei
beni primari di consumo. Le sue scelte si rivelano corrette, arriva
la crisi finanziaria del 1929 ma grazie al suo rafforzamento
industriale si riesce a mantenere l’Italia in linea di galleggiamento
nonostante un periodo economicamente durissimo da superare. Guarneri
è poco incline alla visione espansionistica di Mussolini, per il
cremonese l’Italia non è in grado di sostenere uno sviluppo bellico
tale da affrontare una nuova guerra mondiale, avevamo già sofferto
per la guerra in Etiopia figuriamoci contro le altre nazioni
occidentali. Ad appoggiarlo nei confronti della visione belligerante
di Mussolini c’è un altro cremonese, quel Antonio
Bosio Capo
di Stato Maggiore dell’Aeronautica che aveva definito la sua arma
completamente inefficiente per entrare in una nuova guerra.
Mussolini
ascolta sempre le parole di Guarneri, lo riceve anche due o tre volte
a settimana perché il paese comincia a vivere nell’autarchia e le
scelte del cittadino di Pozzaglio diventano decisive. A metà degli
anni ’30 Felice viene prima elevato a sottosegretario e poi, nel
1937, viene messo a capo di quel ministero per lui creato
appositamente, il
Ministero degli Scambi e delle Valute,
istituzione voluta da Guarneri molto snella e con la burocrazia
ridotta all’osso a differenza degli altri organi ministeriali.
Il contrasto con molti esponenti del
Governo è ormai totale ma Guarneri, come il porcospino davanti alla
volpe, conosce alla perfezione due sole cose ma molto importanti:
l’economia e la guerra e sa bene che le due cose vanno a braccetto.
Nel 1939, quando ormai i venti delle future battaglie
agitano tutta Europa, decide di tutelare l’Italia e per farlo
dichiarerà praticamente guerra alla Germania nazista. A giugno
sospende la garanzia sui rischi del cambio per le esportazioni verso
la Germania mantenendole aperte invece per Francia e Inghilterra
anche dopo l’inizio delle ostilità di settembre. E’ una
dichiarazione di belligeranza vera e propria anche senza schierare le
truppe al confine, in quel momento il gerarca Walter
Funk,
plenipotenziario dell’economia del Reich e fedelissimo di Adolf
Hitler, esplode dalla rabbia e denuncia la scelta come “un
atto di guerra”.
Felice verrà chiamato a Berlino ma non vi si recherà mai, ad
ottobre il cremonese rassegnerà le dimissioni dopo aver rinnovato al
Capo del Governo che una nuova guerra sarà devastante per l’economia
italiana. Durante il periodo bellico si adopererà per mantenere
fuori dalla sfera nazista le istituzioni economiche italiane, alla
fine del conflitto non verranno mosse accuse nei suoi confronti e
tornerà a dirigere varie realtà economiche nazionali lasciando con
il suo testo “Battaglie
economiche tra le due grandi guerre” uno
spaccato di quei conflitti che viaggiano sui numeri e non sulle
pallottole, battaglie di cui Felice Guarneri, spesso, è stato anche
protagonista. Oggi quelle battaglie “numeriche” sembrano sempre
più diffuse in tutto il mondo.
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