LEZIONI DAGLI
ARCHIVI
Francesco Martelli
su www.cremonasera.it trova il modo di resuscitare quel che si
pensava nato già morto!
Francoforte 29 03
2021 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com
—Nel
nostro archivio c’è un volumetto coi bordi neri e la copertina
verde marmorizzata, redatto a mano con pennino, inchiostro al
nerofumo e una grafia pignola d’altri tempi. E’uno dei tanti
strumenti di corredo, si chiamano così, che servono a consultare gli
archivi. Questo nella fattispecie è l’elenco delle affissioni,
cioè dei manifesti affissi nel Comune di Milano fin dalla metà del
1800. Gran parte dei manifesti, fino al 1943, sono andati perduti
durante i bombardamenti americani. L’occhio però mi è scivolato
subito sulla voce “vaccinazioni obbligatorie” dal 1943 al 1957,
anno in cui il volumetto verdastro si ferma: estratto dall’archivio
il manifesto del 1957 vi si legge che il Sindaco rendo noto che le
vaccinazioni annuali obbligatorie contro la difterite e il vaiolo,
secondo la Legge del 6 giugno 1939, saranno iniettate a tutti i
bambini di meno di 24 mesi presso alcune sedi del Comune, dal lunedì
al venerdì dalle 9 alle 12 e dalle 14.30 alle 16.30. I
contravventori, si legge ancora, saranno deferiti all’autorità
giudiziaria, mentre sono esclusi i bambini “deboli, tubercolitici,
nefritici, cardiaci”.
Mi
è stato inevitabile farne una impietosa quanto rapidissima disamina:
“1957”, “obbligatorie”, “difterite e vaiolo”, “bambini”,
“contravventori”, “esclusi”, sedi comunali e orari. Se penso
al 2021 le parole diventano “covid”, “ultra settantacinquenni”,
“effetti collaterali”, “portale”, “fuori servizio”, “io
mi vaccino”, “volontaria”.
Non
è un manifesto fascista, siamo nel 1957, in pieno inizio del boom
economico e del miracolo italiano. Eppure l’obbligatorietà non
solo è scontata, ma chi sgarra va alla gogna giudiziale. Si parla
senza mezzi termini di esclusi, e senza giri di parole se ne indicano
le motivazioni: una lista di problemi e patologie sciorinati senza
fare troppi complimenti ai più sfortunati.
Il
1957 è l’anno dell’inizio dell’epidemia di influenza Asiatica,
che in un paio di anni farà 4 milioni di morti in un mondo che aveva
più o meno due miliardi e mezzo di abitanti: dell’Asiatica nemmeno
un cenno. Si vaccina contro la difterite e il vaiolo… la prima
nemmeno so cosa sia, il secondo lo conosco giusto perchè a
Versailles ai rampolli della stirpe di San Luigi veniva inoculato da
piccoli, sperando che non li falcidiasse da grandi: in effetti sul
trono salivano addirittura i pronipoti del Re perché figli e nipoti
vaiolosi non arrivavano a superare il Delfinato.
Non
c’è un sito internet, né un link o un numero di telefono. C’è
solo un orario di ufficio mattina e pomeriggio cinque giorni su
sette, e l’indirizzo cui presentarsi, in Comune. Le differenze
rispetto alla surreale campagna vaccinale in atto in Italia mi
inchiodano ad un pensiero: siamo una società al capolinea?
Nell’Italia forte, energica e in piena riscossa del boom non si
intravede nessuna delle incertezze attuali, non solo organizzative,
ma anche etiche o psicologiche. Quelle mediatiche nemmeno esistono,
benché gli italiani di allora fossero forse più “teledipendenti”
di oggi.
Quando
Filippo Tommaso Marinetti scrisse il primo manifesto futurista, in
francese, disse “Nous sommes pour les grandes ideés qui tuent”,
noi siamo per le grandi-idee-che-uccidono. Un pittorucolo
austro-bavarese coi baffetti, tagliati stretti per entrare nelle
maschere antigas nel ’15-‘18, lo prese molto più sul serio del
giornalista di Predappio che poi ne fu, disgraziatamente per noi,
succube. La mentalità futurista, che in Italia è nata,
paradossalmente in Italia non ha mai attecchito. Siamo
strutturalmente conservativi: non buttiamo i nostri oggetti che
accumuliamo per generazioni, non demoliamo i nostri edifici che
piuttosto crollano da soli, abbiamo infiniti codici di conservazione
del nostro patrimonio culturale molto più severi di ogni altro paese
forse del mondo. E, se ci pensiamo, non ammettiamo nemmeno per un
istante che i nostri anziani muoiano per una epidemia, anche a costo
di chiedere il sacrificio dei più giovani. Eppure, quel manifesto
del 1957 mi appare così futurista, quasi spietato, se lo rapporto a
quanto vedo accadere oggi attorno al covid: mi ha fatto perfino
venire alla mente Konrad Lorenz, il grande etologo dell’imprinting,
quando annotava che le specie che sopravvivono sono quelle che più
di altre proteggono i cuccioli e abbandonano gli esemplari vecchi. A
volte cercare in archivio genera oscuri pensieri.