J’ACCUSE – QUATTROCENTOTRENTA
Mi fa molto piacere l’ingresso in questi giorni di nuovi lettori increduli dichiarati della colpa di Maurizio Iori, e allora li premio subito con una delle tante chicche, non di quelle immediate, che so, la sfera di cristallo o i due sacchetti nuovi della pattumiera che puzzano da un piano all’altro eccetera, no no, una chicca più complicata, non un oggetto o un fatto nudo e crudo, bensì mischiato al ragionamento di lor signori in toga forte e giusta! Pagina 142 di Fischetti&Vacchiano:
“Ma, in verità, come già anticipato, la ricostruzione dei fatti motivatamente operata dai primi giudici e che vede Iori somministrare clandestinamente il farmaco alle due vittime, non solo non è stata superata dalle obiezioni difensive, ma risulta pure positivamente confermata dalla stessa irrealizzabilità di una condotta attiva da parte di Claudia. E’ stato, infatti, persuasivamente prospettato dall’accusa e privata il vero e fondamentale interrogativo di questo processo: con quale modalità Claudia avrebbe potuto somministrare quel notevole numero di pasticche intere, in parte a se stessa e in parte a Livia (a quest’ultima, vuolsi con l’inganno, vuolsi con la forza), laddove è sin troppo noto come una bambina di poco più di due anni di età avrebbe avuto serie difficoltà a ingoiarne anche una sola.”
Risparmiatevi un po’ di risa, non finisce qui, anche se, capisco, è dura immaginare che se è complicato per Claudia mandar giù da sé un po’ di pastiglie, figuriamoci per Iori, se “somministrargliele clandestinamente”, come scrivono lor giudici, non è “il vero e fondamentale interrogativo di questo processo”; in realtà lor giudici partono da lontano, adesso stanno solo prendendo la rincorsa, vogliono prepararsi a dire e non dire, perché non è possibile dimostrarlo, che sul tavolo c’erano i blister che contenevano le pastiglie, ma Iori ha usato le gocce! Furbi, vero? E a proposito della difficoltà anche di una sola pillola a Livia, premesso che la madre l’aveva abituata da tempo con quelle di medicina naturale, di Xanax ne aveva in corpo tre o quattro, delle altre si era presa cura Claudia. Ma ecco irrompere la prova decisiva:
“Ad avviso di questa Corte, tale interrogativo è rimasto senza risposta, tenuto conto che, per di più, sul tavolo del soggiorno-cucina, come pure in ogni altra parte dell’appartamento, non è stato ritrovato alcun bicchiere o tazza o biberon per ingoiare con qualche liquido quell’elevato numero di pasticche intere.”
Ora, accusare di falso un giudice italiano nell’esercizio delle sue funzioni, e anche fuori, e anche se parlasse della correttezza sportiva di Moggi, è pericoloso; al massimo, sottovoce, il codice di procedura penale concede un: travisamento!
Perché dico questo? Il giudice, se rispetta la legge, decide sui fatti, le cosiddette ”prove”, che han diritto di nascita non in un luogo qualunque, neanche in una capanna sperduta a Betlemme, ma lì, in Aula, davanti al suo naso durante il processo, e se i fatti non gli sono chiari il giudice ha il potere di chiedere supplementi, e vi assicuro, lettori cari, io c’ero e ho i verbali, che da nessuna parte risulta che in una casa abitata da due anni mancassero bicchieri tazze biberon; e Iori è stato accusato, in Aula e fuori, di quasi tutto, ma non di essere uscito, dopo l’omicidio, con il sacco della Befana contenente bicchieri tazze biberon della casa, immagino il casino mentre lo portava per strada. Anche perché non se ne capirebbe il motivo…..
Cremona 26 03 2015 www.flaminiocozzaglio.info