Mar 26 2023

ancora una volta 26 03 2023

Published by at 3:11 pm under Pubblica Amm.ne

ANCORA UNA VOLTA

Antonio Grassi se la prende con tutti, i politici prima degli altri; su www.cremonasera.it

Francoforte 26 03 2023  flcozzaglio@gmail.com

—Biometano sotto il camino dell’inceneritore. Benessere dei cittadini o business aziendale?

Life company. Parola di A2a. Lo slogan si trova sui dépliants informativi, sulla pubblicità, sul sito web, sui video promozionali della multiutility metropolitana con possedimenti e potere in provincia di Cremona. È il suo biglietto da visita. Il suo mantra.  Il suo messaggio. A2a è la sirena che ammalia i cittadini con la promessa di prendersi «cura della vita di ogni giorno grazie all’uso circolare delle risorse».  Life company è appropriazione indebita di un ruolo. I compagni di vita si scelgono, non si autocertificano. Non s’impongono.

Life company di chi? A chi interessa una compagna di vita che mantiene in esercizio l’inceneritore di via San Rocco e all’ombra del camino del bruciarifiuti, a poca distanza da un impianto a biomasse legnose in funzione da anni, intende realizzare una centrale di biometano? 

A chi interessa una compagna di vita che propone un intervento portatore di un aumento del traffico, peggiorativo della qualità dell’esistenza dei residenti nei quartieri coinvolti nell’operazione.  Un intervento che deprezza gli immobili della zona, aspetto venale ma non trascurabile. Che spinge Fratelli d’Italia a sollecitare al Comune la verifica di impatto ambientale (Cremonasera, 21 marzo) e la convocazione della Commissione di vigilanza (vittorianozanolli.it  24 marzo).  Che costringe Forza Italia a invitare il Comune a indire di un incontro pubblico sulla questione (La Provincia, 24 marzo)?. 

A2a c’è. Bisogna tenerla. Con il sorriso o obtorto collo.  Nient’altro. Niente retorica celebrativa. Niente salmi di ringraziamento. Niente genuflessioni. Non life company, ma money maker.   Marketing. Immagine. Belletto. Business.  A2a è tutto, ma non sempre compagna di vita dei cittadini. È il gigante che ha inglobato Lgh, attestato della potenza meneghina e bresciana e certificazione dell’inconsistenza cremonese e di altri territori marginali.  

Sull’impianto di biometano la life company tranquillizza i perplessi e assicura «una superficie boschiva e a prato fiorito di più di un ettaro quale mitigazione paesaggistica ed ambientale». (Cremonaoggi, 22 marzo).  Si mitiga qualcosa di indesiderato, di negativo. Di avverso. La mitigazione è lenitiva. Pomata per curare contusioni, strappi.  Per allievare gli effetti di un pugno sul muso. Vaselina per agevolare pratiche difficoltose. 

Una mitigazione paesaggistica è la monetizzazione di un procurato disequilibrio ambientale e urbanistico. Pezza per mascherare una toppa. Poco importa se ottenuta con tutte le autorizzazioni, i timbri e le firme previste da leggi e norme vigenti.  Sarà una toppa legale, avallata e benedetta dalla politica e dalla maggioranza degli amministratori locali, ma toppa rimane. È un rammendo. Che non è mai bello. Mai pari all’originale. I cocci di un vaso rotto si rimettono insieme, ma le crepe non si eliminano. Si vedono.

Non Life company, ma money maker.

Le attività di movimentazione, rassicura A2a, saranno effettuate «in aree chiuse e dotate di impianti di aspirazioni e trattamento dedicati per l’abbattimento degli odori, recupero dei nutrienti nei terreni» (Cremonaoggi, 22 marzo). Produzione di odori ed energia per abbatterli non si addicono a una life company. Più affini a una money maker, stonano nel coro di consensi all’impianto. 

Nate life company degli enti locali, trasformate in money maker, le partecipate sono finite nei portafogli azionari di investitori istituzionali e privati. Nazionali e internazionali.  Un pianeta che se ne fotte di andare a sottobraccio a una life company, ma pronto ad avvinghiarsi a una money maker che macina utili, distribuisce sostanziosi dividendi, incrementa il valore delle azioni. Un pianeta che, se le circostanze e gli eventi del mondo lo permettono, non disdegna gli extraprofitti.   Il resto è fuffa vestita da festa, confezionata con il fiocco giusto da agenzie pubblicitarie, uffici stampa e relazioni esterne e poi venduta per un’imperdibile opportunità. È storytelling per rendere accettabili impianti critici e insediarli in zone già penalizzate da strutture poco compatibili con l’ambiente, ma redditizie economicamente.  

È narrazione sterile che non inficia le contestazioni dei residenti, esentati dalla sindrome di Nimby (Not in my back yard, non nel mio cortile) perché nel loro giardino c’è già molto altro che sarebbe preferibile stesse altrove.  Perché hanno già dato. In abbondanza.  Perché sono buoni, ma non coglioni. 

E la tesi che l’impianto di biometano sia un progetto di economia circolare e sostenibile sul versante finanziario e ambientale è già messa in discussione (Federico Balestreri in Vittorianozanolli.it, 24 marzo). 

«E tutta una questione di soldi, il resto è conversazione» sintetizzerebbe il Gordon Gekko di Michael Douglas, squalo di Wall Street.  Altro che life company.

Nate per erogare ai soci servizi a costi calmierati, comunque accettabili, le partecipate sono state cedute senza batter ciglio agli stranieri. In un attimo i Comuni non solo hanno perso il controllo delle società da loro stessi fondate, ma anche la proprietà. Fuori dai posti di comando, ora   ballano con il ritmo imposto dai nuovi padroni. E non si ribellano. Non alzano la voce. Le partecipate sono un sogno svanito. Una sconfitta annunciata, monumento a superficialità e incompetenza.

A2a cura i propri interessi. E molto bene. Lineare e determinata mira a rimpinguare fatturato e guadagni trasformando la transizione ecologica in un colossale affare. Il vulnus è la politica.  Non fa molto per gli interessi dei cittadini. Timbra il cartellino e si attiene al minimo sindacale.  Aborrisce gli straordinari.  Arrendevole e flaccida.  Inetta e svogliata, incapace di programmare, miope e concentrata sul proprio ombelico si adegua ai progetti altrui, in prima fila quelli di A2a.  Si adagia.  Non detta i tempi.   Interviene quando i buoi sono già scappati e riportarli nella stalla è impresa biblica.  

Dopo la minaccia di Michel Marchi, sindaco di Gerre de’ Caprioli, di togliere dalla naftalina Forte Apache (Cremona sera, 19 marzo) e di raccogliere firme contro l’impianto di biometano, il suo collega di Cremona Gianluca Galimberti ha dichiarato di voler interloquire con i cittadini. «Organizzeremo – ha promesso – momenti pubblici» (La Provincia, 25 marzo).  Proposito ammirevole, ma depotenziato dal tradimento del referendum sull’inceneritore.  Tradimento perpetrato da un’Amministrazione comunale di centrosinistra, simile a quella attuale. 

In questo quadro esiste una sola strada per evitare lo scontro con i contestatori dell’impianto. Fermare il treno in corsa e aprire un confronto.  Qualsiasi altra soluzione tendente ad annacquare la protesta in attesa che si sgonfi, provocherebbe un irrigidimento delle parti e una contrapposizione più accentuata. 

A un anno dalle elezioni amministrative, la battaglia a muso duro sortirebbe l’apertura immediata della campagna elettorale.  Per evitare la rottura servono coraggio e umiltà. Poi l’accortezza di non credersi il centro dell’universo. Dei fenomeni. Difetto congenito dei politici del capoluogo, è particolarmente accentuato in alcuni rappresentanti dell’Amministrazione comunale in carica.

Cremona è la più bella del reame, la più conosciuta, la più rappresentativa del territorio e nessuno lo nega, ma un detto popolare sentenzia grandegrosso e ciula.  Ricordarlo può evitare cadute e brutte figure.   L’ascolto dei più piccoli è una virtù.  Gerre Caprioli ha posto il problema della differenza tra life company e money maker. Riflettere sulla questione non sarebbe disdicevole.

Ieri in via Bosco, sono apparsi i primi striscioni di protesta e sono state raccolte un migliaio di firme contro l’impianto di biometano.  Non è ancora lotta dura senza paura. E neppure Forte Apache. È un segnale. Da non sottovalutare.

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