Archive for Dicembre, 2022

Dic 26 2022

il bel maurizio 26 12 2022

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IL BEL MAURIZIO 

Iori che vero movente annida….

Francoforte 26 12 2022  flcozzaglio@gmail.com

—Era stata innamorata, secondo la sentenza di Cremona: ma nonostante tutto ti voglio veramente bene. Uno dei tantissimi segni distintivi del caso Iori.  In Corte d’Appello, a Brescia, in sole 14 quattordici pagine, in gran parte han ripetuto i colleghi di Cremona, ma alla fine han posto il tocco di grazia! Ecco anche questo: “E’, infatti, il timore di doversi porre il problema di accreditare Livia all’interno della ‘famiglia allargata’ (con tutti i possibili contraccolpi psicologici che ciò avrebbe potuto provocare nei confronti degli altri figli e delle altre donne) che deve essere considerato il vero movente dell’azione omicida, sicché, anche se, a seguito dell’omicidio, quella riservatezza sarebbe stata irrimediabilmente violata (e la madre avrebbe saputo ciò che non avrebbe dovuto assolutamente sapere), Iori sarebbe comunque riuscito a scongiurare la rottura di quell’equilibrio familiare cui egli massimamente teneva. 

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Dic 26 2022

la pace 26 12 2022

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Chi vuole la pace tra Ucraina e Russia? Pirondini lo spiega, dubbioso, su Blitz Quotidiano di Marco Benedetto. Flaminio Cozzaglio.

Natale di guerra, il mondo segue col fiato sospeso le mosse di Putin e Zelenski: siamo ad una svolta? Molti dubbi
Natale di guerra, il mondo segue col fiato sospeso le mosse di Putin e Zelenski: siamo ad una svolta? vietato illudersi

di Enrico Pirondini 
Pubblicato il 25 Dicembre 2022 – 17:03

Natale di guerra. Gli occhi del mondo su Putin e Zelensky. Siamo ad una svolta?  Sì, no , forse. Qualcosa comunque sta cambiando. È quanto si deduce dalle loro ultime mosse, dai viaggi, dalle dichiarazioni di pancia, dalle invocate speranze. 

Vero, falso? Cosa bolle in pentola? Cerchiamo di Interpretare. Partendo da una considerazione di fondo: tutti cercano la pace. Ma, al riguardo, l’approccio è diverso. Quasi antitetico. Solo tattica? In ogni caso è vietato illudersi.

L’OSSESSIONE DI NATALE DELLO ZAR

Putin ha un chiodo fisso: evitare alla Russia la fine dell’URSS.  Nella sua mente l’Ucraina non esiste. È la Piccola Russia, una sua proprietà. Ha un sogno e questo sogno si chiama  “Nuova Unione Slava” composta da Russia, Bielorussia Ucraina e probabilmente anche la parte settentrionale del ricco Kazakistan, ex repubblica sovietica (indipendente dal dicembre 1991). L’ultima repubblica a togliere il disturbo da Mosca. Una miniera d’oro che sforna petrolio, carbone, metano in grandi quantità.

Putin vorrebbe chiudere la “pratica “ al più presto ma a modo suo. Con un negoziato discusso da una posizione di forza. Cioè dalla posizione di una guerra vinta con le armi più che con la diplomazia. Ma al momento non ha alcun vantaggio. Di più: ha un esercito in gramaglie e sul gozzo macchie indelebili e umilianti come l’affondamento della nave ammiraglia russa “Moskva”, la distribuzione del ponte-icona di Kerch che unisce la Russia alla Crimea (il più lungo d’Europa: 18,1 km) inaugurato dallo stesso Putin.

Senza contare gli schiaffi di Bucha, Irpin, Kharkiv (anticamera di Odessa). Putin farà il Natale in Crimea. Ha detto alla partenza alla agenzia di Stato “Ria Novosti”:”L’operazione Ucraina? Prima finisce, meglio è”. Non è sembrato il solito bluff.

IL TRIONFO BIPARTISAN DEL SOLDATO ZELENSKI

Il presidente ucraino ha invece anticipato il Natale volando a Washington dove ha incontrato Biden, ha incassato importanti forniture militari e tenuto un discorso al Congresso americano, applauditissimo. Tutti in piedi quando ha detto:”I soldi che ci state dando non sono carità ma un investimento su sicurezza e democrazia”. Ovation di deputati e senatori già al suo ingresso in Aula. 

Ha scaldato i cuori  arruolando parole chiave come vittoria e libertà. Il tutto sfoderato con un corpo composto, voce roca, gestualità sapiente. Le sue doti di performer, opportunamente rispolverate, hanno fatto breccia. Ha narrato la tragedia del suo popolo ma anche la sua determinazione. Ed ha convinto. Conclusione inevitabile: la pace è purtroppo ancora lontana.

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Dic 26 2022

menu’ cremonese 26 12 2022

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MENU’ CREMONESE

Dio sa se la Selvaggia ha gradito il cotechino….

Francoforte 26 12 2022  flcozzaglio@gmail.com

—Lorenzo Biagiarelli e il suo menù natalizio cremonese. Chissà se Selvaggia Lucarelli ha gradito il mistico cotechino ?

Natale nonna edition, come ormai da grande tradizione. Che poi in realtà non si traduce in piatti troppo cristallizzati, perché a noi è sempre piaciuto cambiare. Nei limiti della decenza, però, a dir suo. Mentre tagliavo un pezzo di bollito mi ha raccontato, un po’ scandalizzata, della telefonata avuta con una celebre cascina del cremonese presso cui avrebbe voluto trascorrere il pranzo del 25 in alternativa. ‘Mi hanno detto che avrebbero servito roast beef e brasato, ma io a Natale non voglio mangiare roast beef e brasato! Noi si mangia arrosti o bolliti’ e in effetti è andata esattamente così, con sobrietà. 

Di primo, a parziale tradimento dei suoi affezionati passatelli, nel brodo di cappone ha buttato delle mezze maniche, un tipo di pasta ripiena della bassa, più verso il piacentino a dire il vero, che consiste in un cilindro di sfoglia all’uovo farcita di formaggio, uova, noce moscata e altre amenità, e poi tagliate a tocchi di un centimetro e mezzo grosso modo. Io le amo quindi non posso dire altro che felicità. A seguire, per i bolliti, abbiamo avuto il cotechino di Iotta, forse la gastronomia cremonese, che dopo quattro ore di cottura sembrava una scioglievole tartare di porco da far esplodere il cervello. Cappello del prete, poi cappone ripieno con il ripieno della nonna che è il mio preferito perché è molto logico: perché devi riempire della carne con dell’altra carne? Mettici pane, formaggio, uova, giusto un po’ di cotto o di mortadella per insaporire, ma la trama morbida, cremosa, spezza la monotonia proteica, per me è un trionfo.

Di dessert, l’immancabile pino della pasticceria Dondeo, cioè il dolce più perfetto del mondo: pasta sfoglia e una tonnellata di chantilly all’italiana in mezzo. Che altro serve a un dolce per esser buono? Nulla. O forse solo quel mangiarlo una volta all’anno che lo eleva, da prodotto di pasticceria ad essenza stessa delle feste, del focolare, del ritorno. Franciacorta selezionatissimo e buon Natale a tutti, anche da nonna!

Così postò via social Lorenzo Biagiarelli, Chef, Blogger, viaggiatore, scrittore e fidanzato della giornalista, scrittrice e opinionista Selvaggia Lucarelli. Chissà se la Selvaggia nazionalpopolare ha gradito il menù cremonese per il suo Natale di tradizione artigianale? 

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Dic 26 2022

un insuccesso 26 12 2022

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UN INSUCCESSO

Gia’ a quel tempo, e si’ che aveva come protettore Farinacci, zeppo di particolari, a cura di Fabrizio Loffi per www.cremonasera.it

Francoforte 26 12 2022  flcozzaglio@gmail.com

—Ciak, si gira. Redenzione, il film maledetto di Farinacci, girato al Ponchielli, a Casalmaggiore e Cinecittà nel 1942, oggi proibito e introvabile (10)

Il film “Redenzione” fu un flop, e tanto più clamoroso in quanto vide coinvolto lo stesso autore del soggetto, Roberto Farinacci. Un film realizzato fuori tempo massimo, nella primavera del 1942, quando ormai risultava del tutto anacronistico il tentativo del fascismo, in crisi di identità, di rivolgere lo sguardo indietro alla ricerca della purezza nello squadrismo delle origini. Ispiratore del progetto fu Lino Milanesi, l’aguzzino di Villa Merli capo dell’Ufficio Politico Investigativo, fucilato a Bergamo il 30 aprile 1945. Il soggetto, tratto dal testo teatrale “Redenzione” del 1927, fu messo a disposizione dallo stesso Farinacci gratuitamente, anche se qualcuno malignò che se lo fosse fatto pagare 200.000 lire. Di questo film, girato a Cremona, Casalmaggiore e Cinecittà sappiamo solo quanto ci raccontano i giornali e le riviste specializzate del tempo, in quanto la distribuzione e proiezione della pellicola è oggi vietata. Da testimonianze di alcuni storici del cinema sappiamo che fu proiettato al circolo “Colosseo”di Roma nel corso di una rassegna cinematografica curata dai giovani del MSI verso la metà degli anni Sessanta.

Il 26 giugno 1941 viene costituita la Marfilm, società anonima per azioni con oggetto la produzione ed il noleggio di film, di cui è amministratore unico Maria Basaglia, sceneggiatrice di origini cremonesi che nel 1939 ha sposato il regista Marcello Albani, con un capitale sociale iniziale di 50 mila lire, suddiviso in 500 azioni da 100 lire l’una, e lo stesso Albani inizia a raccogliere la troupe per girare il film. Direttore di produzione viene nominato Lino Milanesi, privo, ovviamente, di qualsiasi esperienza nel settore, ma tuttavia ricompensato dal Consiglio di amministrazione con diecimila lire al mese. Del film si inizia a parlare, dopo mesi di preparazione, il 9 ottobre 1941 con un articolo de “Il regime fascista” che, dopo aver sommariamente descritto la trama, afferma che: “Il film – a differenza di tanti altri film – disprezzerà la finzione scenica. Personaggi veri che fanno parte di quella schiera elettissima di Eroi che immolarono la loro giovane esistenza per il trionfo del Verbo Mussoliniano; fatti veri e non scaturiti – anche nei loro minimi particolari- dalla fantasia: cornice scenica realistica – quella autentica di Cremona e di Casalmaggiore – dove il film – durante la primavera e l’estate prossima, verrà realizzato in massima parte – e non ambienti che rivelano la loro origine di carta pesta o di compensato; attori scelti fra la schiera numerosa e valorosa degli attori italiani, oculatamente, uno per uno, con aderenza perfetta ai personaggi da interpretare, degni della responsabilità che essi si assumono accingendosi a far rivivere sullo schermo uomini considerati dalla nostra gratitudine e dalla nostra venerazione come divinità; masse non di generici mestieranti, ma di reali, autentici Squadristi che verranno chiamati, dopo vent’anni, a rivivere ancora una volta, forse per l’ultima volta, per lo schermo, le ore di pericolo e di battaglia da essi vissute generosamente. Ed alla supervisione di tutta la realizzazione di quest’opera cinematografica, lo stesso Autore: Roberto Farinacci. L’Eccellenza Farinacci – affidata la regia del film a Marcello Albani – rivivrà – quale Supervisore – questa vicenda della quale egli fu l’animatore, l’organizzatore, il fedelissimo seguace di Colui che – Duce supremo – aveva votata la sua preziosa esistenza all’annientamento della potenza rossa – «Roma contro Mosca!» – alla grandezza imperiale della Patria. Un film, quindi, «Redenzione» che va atteso con serena fiducia, un film del Tempo Nostro e dalle nostra Fede”. Anche il settimanale “Film”, solitamente non tenero nei confronti di Marcello Albani, dedica un trafiletto al nuovo progetto cinematografico nel numero del 18 ottobre 1941: “La Mar-Film e l’Andros-Film si apprestano a realizzare cinematograficamente il dramma di Roberto Farinacci Redenzione, che ritrae un drammaticissimo episodio cremonese della Rivoluzione fascista: la conversione al Fascismo del giovane socialista Giuseppe Madidini. Sovversivo per convinzione, di fronte alla viltà dei suoi compagni di fede che si erano proclamati araldi della distruzione e del disordine, il Madidini vede che la verità sta dalla parte avversa e si fa squadrista. Durante la notte dal 27 al 28 ottobre del 1922, questo puro eroe della Rivoluzione, offre la sua vita per l’idea mussoliniana e muore sopraffatto e massacrato dai suoi ex-compagni. Ora Roberto Farinacci ha sviluppato quello che nella prima versione scenica rispondeva ad una sintesi maggiore e ad un contrasto drammatico più violento, arricchendo la vicenda di nuovi episodi e personaggi, che sono tutti veri. Il film sarà in gran parte girato nella cornice scenica reale nella quale gli episodi si sono svolti, cioè le piazze di Cremona e di Casalmaggiore. Gli interpreti principali saranno sette, scelti tra i migliori nostri attori con aderenza perfetta dei personaggi da interpretare. Le masse saranno costituite da autentici fascisti e squadristi che verranno chiamati dopo venti anni a rivivere per lo schermo le ore di pericolo e di battaglia da essi vissute nella realtà. Il film sarà girato nella primavera o nell’estate prossima e supervisore sarà lo stesso autore Roberto Farinacci, il quale ha affidato la regia a Marcello Albani”. La trama del film è incentrata su un giovane che dopo aver disertato dall’esercito italiano nelle fasi finali della prima guerra mondiale, nel 1922 si è unito ai rossi per combattere il crescente movimento fascista. Giorno dopo giorno, però, si rende conto di essere più in sintonia con gli ideali del nazionalismo e del fascismo, ripudia il marxismo e si unisce a un gruppo di compagni fascisti. Vergognandosi del suo passato comunista, compie il sacrificio estremo per il Movimento, il giorno prima della marcia su Roma, e viene “redento”. L’autorevolezza dell’autore del soggetto ed il fatto che sia anche il supervisore della pellicola, spinge case produttrici come la “Scalera Film” ad offrire i propri attori già sotto contratto per prendere parte alle riprese. Ed ecco arrivare a Farinacci le offerte di Carlo Ninchi, Rossano Brazzi e Adriano Rimoldi, mentre nella rincorsa dell’ultimo momento ad una particina qualsiasi, in quello che si annuncia come il film fascista per eccellenza, specchio ed immagine di un’epoca destinata all’immortalità, si offrono gratuitamente uno dopo l’altro Paolo Stoppa, Carlo Minello, Giacomo Moschini ed il cantante della radio Aldo Masca.

Alla fine di gennaio 1942 il cast è pressoché completato ed il settimanale “Film” può scrivere: “Sino ad oggi sono stati scritturati: Carlo Tamberlani, Mario Ferrari, Camillo Pilotto, Mino Doro, Vera Carmi, Leda Gloria, Lauro Gazzolo, Luigi Cimara, Maria Melato, Aroldo Tieri, Luigi Pavese, Luigi Carini, Carlo Romano, Bella Starace Sainati, Corrado De Cenzo, Osvaldo Gennazzani, Osca Andriani, Carola Lotti. IL complesso artistico è veramente notevole e risponde alla importanza politica e spirituale del film Redenzione. Il regista Marcello Albani ha scelto, attraverso una accurata selezione, quegli attori che- per il loro temperamento e per affinità fisica – potessero trasportare sullo schermo personaggi che costituiscono il simbolo di coloro che hanno dato vita e forma al più grande movimento rivoluzionario del nostro secolo”. Il 16 febbraio 1942 alle 16 al primo giro di manovella, fuori dal teatro Ponchielli c’è mezza città. Sul set recitano Carlo Tamberlani e Vera Carmi una delle sequenze più drammatiche del film. Il primo ciak è preceduto dai saluti di Farinacci a tutta la troupe, il gerarca si sofferma s salutare uno per uno i presenti, poi l’amministratore della casa produttrice gli consegna simbolicamente la lira, prezzo pattuito per l’acquisto del soggetto a condizione che la somma che sarebbe spettata all’autore venga in realtà devoluta alle opere assistenziali del regime. Poi si può iniziare. Il pubblico invitato è assiepato sulle gallerie del teatro, mentre dalla platea sono state rimosse le poltrone e realizzata la scenografia di una piazzetta che racchiude un piccolo mondo: c’è la chiesa, un gruppo di case, un giardino. Sul palcoscenico, che è stato livellato di cinque centimetri, sono stati realizzati gli interni: una stanzetta arredata solo con i mobili indispensabili, un tavolo apparecchiato, alcune sedie, un vecchio canterano rallegrato da un vaso di fiori, una finestra chiusa e una minuscola scala in legno che porta alle camere superiori. Un piccola porta comunica con un altro ambiente, un ufficio, poi ve n’è un’altra con un centralino telefonico, e un ambiente più vasto diviso da ampie arcate che salgono dal pavimento, accostato ad una parete vi è un lungo bancone, tra grandi botti di legno e scansie colme di bottiglie, bicchieri, scatole e prosciutti. E’ l’interno della Cooperativa di Casalmaggiore. Le riprese avvengono di notte, per evitare il consumo di energia elettrica durante il giorno, dalle 21 alle 8 del giorno dopo. Nella prima settimana si girano le scene dell’agguato teso dai suoi compagni a Madidini, la morte dello stesso e del giovane squadrista Giuseppe, il contrasto tra Giuseppe e la sorella Maria, segreta fidanzata di Madidini. 

La troupe porta da Roma una novità che colpisce molto i cremonesi: le giacche a vento. In città non se n’erano mai viste ed il direttore della produzione, Lino Milanesi, con il direttore generale, se ne fanno confezionare subito due su misura da un sarto. Un altro aneddoto che girava in quegli anni riguarda il supervisore Roberto Farinacci. Arriva un attore del tutto nuovo che deve interpretare la parte del medico, pronunciando non più di due o tre parole. La scena è quella della morte del protagonista, Giuseppe Madidini. L’artista viene truccato, gli viene spiegata la parte, e viene posizionato davanti all’obiettivo della macchina da presa: suo compito è quello di assistere l morente che, dopo aver dato l’estremo saluto, reclina il capo da una lato ed esala l’ultimo respiro. In quel mentre tutti i presenti salutano romanamente, ma il medico ha un dubbio, visto che nessuno gli ha detto niente a proposito del saluto: come deve comportarsi? Di conseguenza si rivolge al regista: «Debbo salutare romanamente anch’io, che sono il medico?». Il regista ha un attimo di incertezza, ed allora interviene Farinacci: «Fate voi. Dipende dal grado di fascismo del medico». Evidentemente l’attore non sa chi si trova di fronte ed esclama inviperito: «Come si fa presto a dire delle “fesserie”!». Farinacci resta ammutolito, mentre Albani, invece, inferocito prorompe in una scenata, ordinando al medico di fare immediatamente il saluto romano. L’attore esegue, poi, terminata la scena, gira lo sguardo attorno osservando gli astanti impietriti, con nei visi un’espressione inspiegabile. Ne chiede il motivo prima ad uno, poi ad un altro, ed infine qualcuno gli dice la verità. L’attore sbianca e si dispera, ne parla con altri della troupe. Non sa che fare, sente di aver fatto un tremendo passo falso. Infine prende il coraggio a due mani e si presenta paonazzo a Farinacci per spiegargli l’equivoco: «Eccellenza…io non sapevo. Eccellenza..non vi avevo riconosciuto». Trema come una foglia, e Farinacci, ovviamente lo perdona. La storiella, comunque, gira sulla bocca di tutti per almeno una settimana. 

Intanto la lavorazione del film procede negli studi di Cinecittà, dove si girano gli esterni, tra le schioppettate, con litigi tra artisti e regista, tra tecnici ed ispettori, tra comparse, mentre la casa di distribuzione Artisti Associati, deve decidere come collocare la pellicola a Cremona ed a quale sala cinematografica dare la preferenza. La discussione è animata ma, alla fine, si decide salomonicamente di non scontentare nessuno e proiettare “Redenzione” contemporaneamente in tutti e quattro i cinema cittadini. Restano da definire i tempi della programmazione: c’è chi sostiene che siano necessari almeno quindici giorni per promuovere degnamente il film, altri, più ottimisti, pensano ad un mese intero. Il rappresentante della casa noleggiatrice tratta direttamente con Walter Sacchi per il “Politeama”, che, molto diplomaticamente, spiega: “Io da mesi non sognavo che proiettare nel mio teatro la vostra Redenzione. Vi assicuro che il pensiero che altri l’avessero, e io no, non mi faceva dormire. Direte che sono invidioso, ma cosa volete…Ma ero tanto lontano dal pensare che mi faceste una offerta così gradita che…Debbo pur dirvelo: per sei mesi almeno ho tutte le date occupate, sia con pellicole (e questo non importerebbe niente, perchè si potrebbe sempre spostare) che – ed ecco il male – com compagnie teatrali e di varietà che mi farebbero pagare fior di penale…Quindi è con il cuore in gola che debbo rispondervi che proprio non posso…”. 

Non resta che iniziare il giro delle altre sale cinematografiche. Tocca al Supercinema dove la proposta è preceduta da un lungo preambolo: “Vede come Sacchi non sa fare i suoi interessi? Piuttosto che pagare una penale, ha preferito rinunciare a tanto affare!”. Ma il risultato non è differente: «Ma perchè non me l’avete detto prima? – risponde una delle sorelle Ferrari – Sono dei mesi, ormai, che questo film si gira. E dopo tanto tempo, io non speravo più di avere una proposta così lusinghiera. Pensare che per settimane e settimane non ho atteso niente altro…Ma, voi mi capirete…Debbo anch’io pensare ai miei interessi…Per l’epoca nella quale voi sarete pronti, io ho dei contratti assolutamente inderogabili. Capirete…film di prima visione assoluta…Se perdo quelle date, quando mai potrò tornare a programmare? Quando li avranno già proiettati in tutta Italia». Restano solo altre due possibilità. Ma anche Anita Calza, gestore dell’Italia, declina la proposta di programmare “Redenzione” per ben due mesi. «Fosse vero! Ma come vi par possibile proiettare un film di tanta importanza in un locale relativamente piccolo…Noi saremmo tanto lieti di lanciare Redenzione, ma abbiamo paura che per noi l’onere sia troppo grave». «Ma se avete proiettato dei colossi, ma…», «Non c’è ma…E’ proprio così…». Non resta che il cinema Littorio, dove Redenzione va in scena a partire dalle 15 del 28 ottobre 1942; il Supercinema ha in programma “Scarpe grosse” con Amedeo Nazzari e Lilia Silvi, all’Italia danno “Appuntamento alle cinque” con Michael Bartlett mentre al Politeama Verdi c’è una rivista di avanspettacolo. All’indomani il “Regime Fascista” parla ovviamente di un grande successo, anche se la recensione è confinata nella piccola rubrica degli “Echi di cronaca”: “Alla presenza di un foltissimo pubblico è stato ieri presentato, vivamente atteso il film Redenzione che, per la notorietà della trama (ricavata dal dramma di Roberto Farinacci) e per essere stato «girato» interamente nella nostra città, ha destato il più vivo interesse, ottenendo un caloroso successo anche per merito degli ottimi interpreti numerosissimi, fra i quali Carlo Temberlani, Vera Carmi, Mario Ferrari, Camillo Pilotto, Bella Starace Sainati, Aroldo Tieri. Regìa di Marcello Albani. Da oggi Redenzione inizia le repliche”. In realtà sulle repliche non si è deciso nulla: scartata l’ipotesi di limitare la programmazione ad un mese, il film resterà in sala finchè lo richiederà il pubblico.
In effetti allo spettacolo serale si presenta una folla enorme. Che urla, ride e lancia frecciate perchè, per un errore avvenuto probabilmente in fase di ripresa, alcune scene sono state girate con un passo accelerato, cosicchè anziché camminare, come sarebbe logico, i personaggi saltellano con un involontario effetto comico, tanto che il pubblico urla: “Guarda Ridolini!”- Il pubblico poi sa, per averlo letto sul giornale, che sono state girate scene con protagonisti sovversivi rossi che cantano in coro “Bandiera rossa”, e la gente è curiosa di vederli. L’attesa è tanta ma è destinata a rimaner frustrata: il Ministero dello spettacolo ha tagliato proprio tutte quelle scene che facevano in qualche modo riferimento agli oppositori. Come quella dell’incendio della cascina fatta costruire in riva al Po dall’architetto Sandro Marzano appiccato dai comunisti, per assistere alla quale i cremonesi si erano precipitati in massa sul set domenica 3 maggio, attirati dalle fiamme che divampavano in cielo. Ma produttori e noleggiatori si fregano ugualmente le mani: l’incasso della prima giornata di programmazione è enorme e fa ben sperare per il futuro. La sera successiva ad ogni buon conto il cinema Littorio è presidiato dai Carabinieri per evitare resse e tumulti, ma quando si aprono le porte entra solo un piccolo gruppo di spettatori e qualcun altro alla chetichella, senza dar troppo nell’occhio. La terza sera è un fiasco completo, in sala c’è solo il personale di servizio. La quarta sera il film viene tolto dalla programmazione e da quel momento di Redenzione non ne parla più nessuno. Nel frattempo, dopo i toni enfatici ed entusiasti della vigilia, anche la stampa specializzata di regime si dimentica totalmente di Redenzione. Alcuni fotogrammi della pellicola, considerata prototipo del nuovo cinema fascista, fanno una fugace apparizione nel dicembre del 1942 alla Mostra della Rivoluzione fascista, allestita in un’ala della Galleria d’arte moderna di Villa Giulia a Roma, in compagnia di quelli tratti dagli altri due film emblematici del fascismo “Camicia nera” e “Vecchia guardia”. La sezione cinematografica è organizzata dal direttore di “Film” Mino Doletti, in collaborazione con Francesco e Alberto Pasinetti e Ubaldo Magnaghi. Ma la sfortuna per “Redenzione” non è ancora finita: il 26 luglio 1943 il “Supercinema” di Roma annuncia la “prima” del film di Marcello Albani, ma a causa di forza maggiore lo spettacolo viene rimandato a data da destinarsi. Il giorno prima vi è stata la drammatica riunione del Gran Consiglio che ha sancito la caduta di Mussolini. Dopodiché il nulla. La proiezione del film Redenzione è oggi vietata e nessuna copia, commerciale o “piratata”, è attualmente in circolazione.

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Dic 26 2022

gli imbecilli 26 12 2022

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GLI IMBECILLI

Che devono pulire dove sporcano, cosi’ suggerisce Tiziano Filipponi su www.cremonasera.it

A cura di Stefano Mauri.

Francoforte 26 12 2022  flcozzaglio@gmail.com

—I treni? Tanta roba se arrivano puntuali a Crema, per il resto ha ragione il leghista Filipponi: vanno rispettati.

“Non siete fighi, siete sfigati.

Ecco i bellissimi, nuovissimi e comodissimi treni chiamati Caravaggio, peccato che esistano come sempre gli imbecilli che devono vandalizzare le carrozze.

Proposta? Una volta “beccati” ripulire immediatamente a loro spese le carrozze e poi lavori socialmente utili pulendo magari i graffiti fatti sui palazzi.

Così postò via social nei giorni scorsi Tiziano Filipponi, attivista cremasco della Lega. Ah … ha ragione Filipponi… i treni, (tanta roba quando arrivano puntuali), vanno rispettati, ok? 

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Dic 26 2022

buone feste 26 12 2022

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BUONE FESTE DA CAMPAGNA AMICA!

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Dic 25 2022

era l’ultima 25 12 2022

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ERA L’ULTIMA

Madre e figlia per Maurizio Iori….

Francoforte 25 12 2022  flcozzaglio@gmail.com

—“In effetti Claudia nella prima decade del mese di luglio del corrente anno mi ha consegnato una lettera manoscritta costituita da due fogli recante la data del 30 giugno 2011 ed indirizzata a me e a nostra figlia Livia con la quale riepilogava il nostro vissuto, mi rinfacciava che io non volevo che Livia nascesse e che durante la gravidanza era stata abbandonata a se stessa, cosa peraltro vera; lamentava inoltre che io non ero stato sincero con lei, e che pur essendo soddisfatta dal punto di vista economico, lamentava la carenza affettiva con la quale mi rapportavo con mia figlia. Lamentava inoltre che rispetto agli altri miei figli Livia era l’ultima, cosa peraltro vera. In concreto erano le cose che mi diceva ogni volta che affrontava questo discorso. Nella missiva auspicava che in futuro il mio rapporto con la bambina migliorasse e diceva di averne fatte due copie” 

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Dic 25 2022

vecchio abbastanza 25 12 2022

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VECCHIO ABBASTANZA

Non regnera’ a lungo come la regina madre….

Francoforte 25 12 2022  flcozzaglio@gmail.com

—“Mi trovo qui, nella splendida Cappella di San Giorgio al Castello di Windsor, così vicino al luogo in cui la mia amata madre, la defunta Regina, riposa per sempre con il mio caro padre. Mi vengono in mente le lettere toccanti, le cartoline e i messaggi che molti di voi hanno inviato a mia moglie e a me e non posso ringraziarvi abbastanza per l’affetto e la simpatia che avete mostrato a tutta la nostra famiglia”. Così si apre il primo discorso di Natale di re Carlo III. Le prime parole, dedicate alla regina Elisabetta, al duca di Edimburgo e alla royal family, sono emblema dell’unità familiare che Carlo III vorrebbe mantenere e consolidare negli anni.

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Dic 25 2022

cremonesita’-quattrocentotrentuno 25 12 2022

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Stavolta se la prende coi colleghi giornalisti e impreca dei soldi di Monopoli, non coi politici; Francoforte 25 12 2022 flcozzaglio@gmail.com

—La politica oggi in provincia: Monopoli e approssimazione.

Elezioni regionali, il Pd corre per perdere. Se il sindaco di Cremona, Gianluca Galimberti si preoccupa di chiedere il premio prima ancora di avere vinto, allora il Pd è in confusione. Se anche l’ex parlamentare Luciano Pizzetti s’incarta, allora il Pd è alla frutta.  Se il segretario provinciale Vittore Soldo ammette che il partito è stato costretto a inghiottire un boccone amaro, allora la catastrofe del Pd è inevitabile.

Il 22 dicembre, a pagina 2, il quotidiano La Provincia titolava «Galimberti in campo: ‘Alle infrastrutture assessore cremonese’». 

Fosse rimasto in panchina sarebbe stato più utile alla squadra. Già, perché prima di pretendere un assessore occorre battere l’avversario, ma pare che il dettaglio non preoccupi molto il sindaco, eppure i sondaggi non danno il Pd favorito. 

Probabilmente Galimberti non è aggiornato sulla tragica situazione in cui versa il suo partito, ma la lacuna ha una giustificazione. Impegnatissimo a fa balà l’òc insieme a Marco Bencivenga, direttore de La Provincia, nella sfida per comperarsi la città con i soldi fasulli del Monopoli di noialtri, il sindaco dispone di poco tempo per la politica, ma merita comprensione. Un’analisi sulle aree omogenee o sul Masterplan e sui soldi veri necessari per realizzarlo, sulla quantità e il modo di reperirli (Nuovo Torrazzo, 24 dicembre) non garantirebbe tanto spazio mediatico come la sfida all’ultimo dado con il direttore: foto gigante dei due contendenti e annesso articolo. Una notiziona. Inutile aggiungere altro. È Natale e anche Maramaldo è più buono.   

Il 20 dicembre in prima pagina La Provincia spara a sei colonne: «Pizzetti con Majorino», manco fosse lo scoop Pier Luigi Bersani  con Enrico Letta.

Elezioni regionali, il Pd corre per perdere. Se il sindaco di Cremona, Gianluca Galimberti si preoccupa di chiedere il premio prima ancora di avere vinto, allora il Pd è in confusione. Se anche l’ex parlamentare Luciano Pizzetti s’incarta, allora il Pd è alla frutta.  Se il segretario provinciale Vittore Soldo ammette che il partito è stato costretto a inghiottire un boccone amaro, allora la catastrofe del Pd è inevitabile.

Il 22 dicembre, a pagina 2, il quotidiano La Provincia titolava «Galimberti in campo: ‘Alle infrastrutture assessore cremonese’». 

Fosse rimasto in panchina sarebbe stato più utile alla squadra. Già, perché prima di pretendere un assessore occorre battere l’avversario, ma pare che il dettaglio non preoccupi molto il sindaco, eppure i sondaggi non danno il Pd favorito. 

Probabilmente Galimberti non è aggiornato sulla tragica situazione in cui versa il suo partito, ma la lacuna ha una giustificazione. Impegnatissimo a fa balà l’òc insieme a Marco Bencivenga, direttore de La Provincia, nella sfida per comperarsi la città con i soldi fasulli del Monopoli di noialtri, il sindaco dispone di poco tempo per la politica, ma merita comprensione. Un’analisi sulle aree omogenee o sul Masterplan e sui soldi veri necessari per realizzarlo, sulla quantità e il modo di reperirli (Nuovo Torrazzo, 24 dicembre) non garantirebbe tanto spazio mediatico come la sfida all’ultimo dado con il direttore: foto gigante dei due contendenti e annesso articolo. Una notiziona. Inutile aggiungere altro. È Natale e anche Maramaldo è più buono.   

Il 20 dicembre in prima pagina La Provincia spara a sei colonne: «Pizzetti con Majorino», manco fosse lo scoop Pier Luigi Bersani  con Enrico Letta..

Se il compagno accanto è Pizzetti, si è certi che si sacrificherà?  

La domanda non è malevola o provocatoria.  È la logica conseguenza delle sue dichiarazioni. Un dubbio legittimato da lui stesso. Un tarlo. Un fastidio. Una piattola che non si leva dalla testa o da altre parti del corpo  con po’ di polvere di Mom.

Ma Mazzarino non è uno qualsiasi, soprattutto non è uno sprovveduto. Conosce la diplomazia e gli intrighi di palazzo, compresi quelli che non si possono divulgare. È un capitano di lungo corso, abituato a navigare con abilità e furbizia nelle acque infide della politica. 

Sarebbe da ingenui credere che Pizzetti abbia commesso un errore tanto grossolano, autolesionista e penalizzante per la compagine di appartenenza.

Se si è esposto alla possibilità di critiche, lo ha fatto a ragion veduta, scientemente e per motivi che ha ritenuto più che validi.

Una causa viene indicata da lui stesso: «L’idea di battere il centro destra non può essere l’unico motore. Occorre che sia implementata da condivisioni sul piano contenutistico e programmatico. Se non c’è questa solida base diventa tutto molto complicato». (La Provincia, 20 dicembre). 

Spiegazione non banale, ma insufficiente a spingere Pizzetti a dissentire con le scelte di Majorino. Ma anche allarme per la mancanza di una base solida nell’accordo tra Pd e Cinque stelle. Una voragine.

Senza cadere nella dietrologia, esercizio inutile e fuorviante, non è un peccato mortale  pensare che le osservazioni di  Mazzarino derivino da alcuni scenari futuri con lui protagonista.

Per esempio, Pizzetti intende mollare il Pd e approdare ad Azione di Carlo Calenda o a Italia Viva di Matteo Renzi, che durante il suo Governo lo aveva nominato sottosegretario di Stato.  Sarebbe l’inizio di una nuova carriera politica. 

Oppure progetta di candidarsi a sindaco di Cremona e prova a marcare una distanza con l’attuale Pd, mossa che gli permetterebbe di accreditarsi come un riformista, capace di coagulare intorno a sé forze progressiste e moderate con il viatico delle associazioni di categoria con le quali è in buoni rapporti.

O ancora, ha deciso di togliersi lo zucchetto porpora e dedicarsi alla vita privata e quindi si sente libero di parlare senza i lacci e lacciuoli della politica, del partito, della fama di mediatore che lo accompagna. 

A non fare mancare nulla al Pd ci pensa Soldo: «I tempi brevi intercorsi tra la raccolta delle istanze e la sintesi trovata nel documento non hanno consentito una condivisione estesa e compiuta ma il tema principale era verificare la disponibilità dei sostenitori dei 5 Stelle ad un’alleanza per le prossime regionali. Ma ormai siamo andati avanti». (La Provincia, 21 dicembre).  

 Chiaro?  Il treno è partito in anticipo. Il Pd non l’ha fermato. Ora rischia di schiantarsi.

Questa è la politica oggi in provincia di Cremona. Monopoli e approssimazione. Velleità e sogni lisergici.  E Babbo Natale non porta la sfera magica per modificare la situazione. 

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Dic 25 2022

esplorare 25 12 2022

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ESPLORARE

Marco Bragazzi su www.cremonasera.it

Francoforte 25 12 2022 flcozzaglio@gmail.com

—Sir Richard Burton, il grande esploratore inglese, portò ovunque nei suoi viaggi la mostarda di Cremona e la sua antica ricetta

Tra mostarda e Kama Sutra sono cose da Mille e una Notte. Esistono persone che fanno vite fuori dall’ordinario, a volte perché fanno scelte di un certo tipo altre volte perché sono semplicemente fuori dall’ordinario. Scoprire dove nasce il Nilo, entrare di nascosto nella Mecca, esplorare nuovi mondi nel sud est asiatico o girare a Cremona suona un po’ come spiegare quel “Dall’Alpi alle Piramidi dal Manzanarre al Reno”, con tutto che il condottiero francese non era di certo una persona ordinaria. La straordinaria storia dai risvolti incredibili che proveremo a raccontare oggi è quella di un esploratore, antropologo e traduttore inglese; una persona di certo fuori dall’ordinario che ha lasciato un segno nella storia dal XIX secolo in poi.

Sir Richard Burton, dotato di un carattere a dir poco irascibile, era solito presentarsi, fin da ragazzo, con due enormi baffi tipici dei militari prussiani del 1800, frivolezza di cui andava molto orgoglioso. Aveva vissuto la giovinezza passando molto tempo nei tendoni da circo allenandosi tra trapezi e corde, nel frattempo metteva a frutto la sua innata capacità nell’apprendere lingue straniere, per questo motivo venne spedito dalla famiglia a studiare in Italia e in Francia per poi tornare in Inghilterra e farsi espellere dalle più prestigiose scuole del paese proprio a causa del suo carattere e dei suoi baffi. A questo punto la vita del giovane Burton cambierà radicalmente; parlava già correntemente l’italiano con un paio di dialetti, il francese, il latino il greco e qualche altra lingua europea, ma il suo carattere lo porterà ad arruolarsi nella Compagnia delle Indie Occidentali ed Orientali per poter sviluppare il suo talento con gli idiomi asiatici e cominciare ad esplorare quella parte di mondo ancora del tutto sconosciuta. Burton aveva un carattere eccentrico a dir poco, dopo aver imparato l’arabo e passato mesi a prepararsi riuscì, nonostante non fosse musulmano, ad entrare alla Mecca, luogo rigorosamente proibito pena la morte, a tutti coloro che non fossero di religione musulmana. Il viaggio, a circa quattro secoli di distanza dalla prima visita di un non musulmano nella Città Santa, divenne famoso in tutto il mondo perché il giovane Burton scrisse un libro dove raccontava la sua pericolosissima avventura e riuscì anche a fare dei disegni della struttura, dando forma ad una città praticamente sconosciuta in Occidente.

Dopo le settimane passate nella penisola arabica si trasferisce in Somalia per lo studio delle popolazione locali, si ritrova in mezzo a svariate battaglie e viene colpito alla mascella da un giavellotto che gli lascerà una cicatrice tanto caratteristica da diventare quasi identificativa della sua personalità. Con altri militari britannici decide di partire alla scoperta del continente africano e per farlo l’esploratore comincia a risalire il Nilo alla ricerca della sorgente del secondo fiume più lungo al mondo, ovviamente impara i dialetti del luogo e scopre, insieme al tenente Speke, il lago Tanganica. La malaria lo fermerà rischiando di ucciderlo mentre Speke, risalendo il lago, riuscirà a trovare anche il lago Vittoria dando il via all’esplorazione verso la sorgente del fiume africano che oggi raggiunge quasi i 7000 chilometri di lunghezza.

Rientra in patria verso il 1860 un po’ più tranquillo, aveva scritto decine di volumi sui suoi viaggi, parlava quasi 30 lingue e si era sposato con Isabel, nobile e poliglotta, amante della vita tranquilla e delle traduzioni. Il Ministero degli Esteri lo riempie di onorificenze e riconoscimenti e lo annovera subito tra le sue fila come console di Sua Maestà in vari luoghi tra il Sud est asiatico, il Sud America e l’Italia, viene accreditato come console presso l’Impero Austro Ungarico e trasferito a Trieste dove verrà a mancare nel 1890. Burton nella città triestina studia, scrive e traduce, parte con il Kama Sutra, libro indiano di aforismi riguardanti i rapporti di coppia, per poi passare alle Notti Arabe, in Occidente conosciuto come Le Mille e una Notte, testo scritto nei secoli da varie mani e reso famoso proprio da Burton. Una vita incredibile quella di Burton, ma che lascerà la sua traccia anche a Cremona. Dopo la sua morte la moglie Isabel, animata da una ferocia spaventosa verso la traduzione al limite della pornografia del testo arabo Il giardino profumato, traduzione redatta da Burton, comincerà a distruggere manoscritti e lavori fatti dal marito nei decenni. Per evitare la distruzione di quasi 50 anni di esplorazioni e studi antropologici il materiale venne trasferito al Royal Antrophological Institute e qui balza all’occhio la mostarda di Cremona. Richard Burton, durante i suoi viaggi alla scoperta del mondo portava con sé alcune ma preziose ricette; il montone al curry, il soufflé di patate e la ricetta, unico caso di ricetta locale, della tradizionale mostarda di Cremona. Richard Burton, esploratore, antropologo, poliglotta con 

enormi baffi, ha portato in giro per il mondo la ricetta della già famosa mostarda cremonese, assaporandola nei suoi pranzi ma, di certo, rendendola ancora più famosa facendola assaporare a popoli distanti migliaia di chilometri dalla città adagiata sul Po. 

Nelle foto Sir Burton e l’elenco della sua dotazione per i viaggi

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