Gen 26 2022

un albero tagliato 26 01 2022

Published by at 4:26 pm under Pubblica Amm.ne

UN ALBERO TAGLIATO Almeno l’albero ha ripreso a dirigere? da www.cremonasera.it Francoforte 26 01 2022 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com

—Il Comune non si oppone alla sentenza favorevole a Bresciani: ecco come il dirigente è stato demansionato e confinato in uno “sgabuzzino”

Un dirigente di lungo corso privato della sua professionalità e confinato in un angolo, letteralmente collocato in uno spazio idealmente identificabile come “sgabuzzino” più che in un ufficio vero e proprio. Sono decorsi in questi giorni i termini per l’impugnazione, da parte del Comune di Cremona, della sentenza con la quale il Tribunale di Cremona che ha dato ragione all’ex dirigente comunale Enrico Bresciani. Nessuna opposizione è pervenuta dall’amministrazione, segno che non si ritiene di poter controbattere efficacemente su quella che è a tutti gli effetti una triste vicenda – ai confini con il mobbing – consumata ai danni dell’ex dirigente del settore Mobilità, traffico e trasporti (dal 2003 al 2011), poi Responsabile della posizione organizzativa del servizio ambiente e trasporti e, dal 2013 al giugno 2014, dirigente dell’unità di progetto ambiente e mobilità sostenibile.

La sentenza è del 16 dicembre 2021 e condanna il Comune a risarcire a Bresciani una somma complessiva pari a quasi 45 mila euro oltre rivalutazione monetaria e interessi, cui si aggiungono 7 mila euro di spese processuali. Tutto ruota attorno al demansionamento e allo “svuotamento di mansioni” subìto da Bresciani a partire dal mese di giugno 2014 (primo mandato Galimberti), con un trattamento, da quanto emerge dalla sentenza, offensivo da parte dell’amministrazione.

E’ sufficiente leggere le testimonianze che alcuni dipendenti comunali hanno reso in sede processuale per rendersene conto: un dirigente esperto (Bresciani è stato in forza al Comune dal 1978) che viene confinato in una sorta di “sgabuzzino”, mortificato professionalmente e umanamente. 

Non era una scrivania – ha dichiarato al giudice un teste riferendosi al “luogo di lavoro” nel quale era stato spostato Bresciani -, ma era un “servetto” – quello utilizzato dai dattilografi per intenderci. (…) A livello scherzoso veniva usato l’epiteto “Cayenna”, mutuando la frase del film “Papillon” usata per descrivere la situazione in cui c’erano tre soggetti che venivano da ambiti totalmente differenti e, ciò nonostante, erano stati collocati insieme – pur non avendo nulla in comune dal punto di vista lavorativo – non si sa per espiare quale pena…”.

Il demansionamento del ricorrente – si legge nella sentenza – è stato percepito nel suo ambiente di lavoro. I colleghi con cui il ricorrente si è trovato a lavorare ben conoscevano il suo inquadramento elevato e sono stati spettatori delle incombenze sminuenti attribuitegli e della sua sottoutilizzazione”.

Già, perché a un certo punto, nel 2014, Bresciani viene spostato e di fatto demansionato: “A seguito delle elezioni di maggio/giugno 2014 – si legge nella sentenza – e dell’ordinario avvicendamento negli incarichi apicali a tempo determinato – di dirigenza e di posizione organizzativa – del Comune di Cremona (cd. spoils system), il ricorrente riveste, dal 20.6.2014 al 20.7.2014, il ruolo di Responsabile della posizione organizzativa del servizio ambiente, trasporti e mobilità sostenibile. Nessun incarico apicale gli viene assegnato per il periodo successivo. Con l’avvento della nuova amministrazione è avviato un processo di riorganizzazione dell’apparato comunale che conduce a un nuovo assetto organizzativo”.

Ed è in questo quadro che Bresciani subisce il demansionamento e lo svuotamento di mansioni ad onta della sua preparazione e della sua lunga esperienza. Lo testimoniano diversi passaggi della sentenza: “Il ricorrente (…) è incaricato della mappatura degli edifici comunali contenenti amianto continuativamente sino all’inizio dell’anno 2017. Le mansioni in concreto svolte dal ricorrente in questo periodo sono meramente esecutive, non richiedono alcuna autonomia decisionale – ma, al più, una mera autonomia operativa – né implicano la trattazione di questioni rilevanti”.

E ancora: “il ricorrente nel periodo compreso tra il mese di marzo 2017 e la data di deposito del ricorso (2019) è adibito in via prevalente all’attività di consegna e dismissione degli alloggi ERP (…): ricevere dall’ufficio contratti la notizia dell’assegnazione dell’alloggio; recarsi presso l’alloggio e incontrare l’assegnatario; mostrare l’immobile e sottoscrivere il verbale di consegna; inserire nel database i dati relativi alla consegna; verificare la pulizia di locali e riferire al riguardo. Lo svolgimento di queste mansioni non richiede il possesso di una laurea”.

È provato che dal mese di agosto del 2014 alla data di deposito del ricorso – annota il giudice Annalisa Petrosino -, per effetto della condotta illegittima del Comune, il ricorrente non ha più svolto le mansioni di un istruttore direttivo tecnico inquadrato nella categoria D1 del CCNL 31.3.1999 e del CCNL 21.5.2018 e le mansioni comunque svolte nel periodo pregresso, né altre equivalenti, sino alla data di deposito del ricorso”.

Ma non è finita, perché il trattamento patito da Bresciani ha avuto ripercussioni sul suo stato di salute psico/fisico. Annotano in proposito gli estensori della sentenza: “Il consulente tecnico d’ufficio ritiene – con motivazione esaustiva e condivisibile – che la condotta illegittima del Comune, posta in essere nel periodo agosto 2014/febbraio 2019 sia la causa del disturbo dell’adattamento con ansia e umore depressi misti persistente, che affligge il ricorrente da anni”.

La “rilevante durata della condotta illegittima (quattro anni e mezzo) – annota il giudice – e le modalità di detta condotta; la frustrazione delle aspettative di crescita e di affermazione professionale, che il ricorrente aveva in ragione del progressivo oggettivo avanzamento conseguito fino al mese di luglio 2014 con serietà e competenza, come indirettamente comprovato dalla mancanza di rilievi disciplinari o richiami formali; il dovere assistere alla crescita e all’affermazione professionale degli altri colleghi in rapporto alla sua involuzione; l’essere stato affiancato a colleghi di lavoro con inquadramento inferiore al suo; l’essere stato dislocato in uffici di minore prestigio rispetto a quelli occupati in precedenza”, corroborano la tesi del danno psicologico patito dall’ex dirigente.

LE TESTIMONIANZE – Tesi ben evidenziata dalle testimonianze raccolte in sede processuale. Osserva in merito un dipendente comunale: “la mia impressione iniziale fu che il ricorrente fu collocato nell’ufficio perché era libera la scrivania… Quando il ricorrente è arrivato io e i colleghi siamo rimasti sorpresi e stupefatti del suo arrivo, considerate le sue esperienze pregresse”.

Dichiara un altro teste: “Ricordo che i locali non potevano definirsi uffici: l’ufficio del ricorrente aveva armadi vecchi e grandi faldoni; nel mio ufficio mancava perfino la linea telefonica… (…) Ricordo che c’era stata l’idea di mettere all’ingresso dell’area in cui si trovavano i nostri tre uffici il cartello “perdete ogni speranza voi che entrate”.”.

Altro teste, altra conferma: “So che loro avevano trovato gli uffici in modo pietoso sia in termini di pulizia, che di arredi. (…) Era un po’ l’ufficio degli emarginati”.

Tutto ciò, rileva il giudice, “ha pregiudicato l’immagine professionale del ricorrente agli occhi dei colleghi e ne ha sminuito la dignità di lavoratore”.

Questo, insomma, il trattamento riservato a Bresciani, che nel 2019 ha deciso di fare causa al Comune ottenendo finalmente giustizia con la sentenza del 16 dicembre del 2021 contro la quale non è stato presentato ricorso da parte dell’amministrazione.

No responses yet

Trackback URI | Comments RSS

Leave a Reply

You must be logged in to post a comment.