—Festeggiare
l’ultimo dell’anno alla cooperativa Donati in Ceresole
Chi
è stato giovane alcuni decenni fa, può capire questo racconto,
relativo ai fine d’anno di un tempo: i più giovani, nel caso mi
leggano, sono invitati a sorridere con moderazione.
Erano
allora di moda le “festine”, che si svolgevano sempre a casa
della ragazza con i genitori meno permissivi, quelli che preferivano
ospitarci e poter tenere sott’occhi la figlia, piuttosto che
lasciarla uscire, per andare in un’altra casa meno controllabile.
Molte
volte il giochetto di finire ospiti, non funzionava; così bisognava
inventare qualche altro trucco.
Uno
dei più diffusi, nel mio gruppo di amici, era quello di dichiarare,
parecchi giorni prima, che non si sarebbe partecipato ad alcuna
festa, perché si era deciso di andarcene a dormire presto, senza
nemmeno aspettare la mezzanotte per brindare al nuovo anno.
E
si infiorava questa dichiarazione, con profonde motivazioni ideali,
di contrasto radicale alle mode imperanti, che obbligavano tutti ad
agire alla stessa maniera.
Quasi
sempre il trucco reggeva e, all’ultimo minuto, arrivava ad ognuno
dei “ribelli”, un gentile invito a sacrificarsi, per evitare che
ad una delle feste già organizzate, i partecipanti risultassero
spaiati. Con lo spirito di sacrificio che ci muoveva, si verificava
che non rimanesse a casa alcun amico tra quelli che avevano
dichiarato la loro ribellione all’ultimo dell’anno: in caso
contrario era facile pretendere che l’invito venisse allargato.
Così ci si vestiva il meglio possibile, si prendeva velocemente una
stecca del torrone che era stato regalato in famiglia, tanto per non
presentarci a mani vuote, e si arrivava a festa iniziata, accolti
come salvatori della patria. Infine, qualche volta, ci si impegnava
seriamente, per far sì che la festa assumesse un carattere
nettamente diverso dalla solita parata di musiche lente, da ballare
osando deliziosi cheek to cheek, e dal botto dello spumante a
mezzanotte: per questo ci si dava appuntamento, senza impegno, in
piazza (per noi allora era sufficiente questa indicazione per
ritrovarci al freddo di piazza del Duomo) dove, chi aveva più
fantasia o autorità sul gruppo, inventava come arrivare lietamente a
superare la fatidica mezzanotte. Due volte si provò ad improvvisare
e di una, in particolare, mi rimane uno splendido ricordo.
Quell’anno, chi sapeva strimpellare uno strumento musicale, venne
invitato a portarlo: ci trovammo con una fisarmonica, una chitarra,
un flauto e una coppia di tamburelli.
Dopo
aver improvvisata un po’ di musica sotto i portici del Comune,
l’importante era far sentire che c’eravamo, capimmo che il gelo
era così intenso, da non permetterci una lunga resistenza.
Ci
ricordammo allora della “Donati”, una cooperativa in via
Ceresole, proprio dietro al Duomo, una vecchia osteria molto
spaziosa. Entrammo, facendo molto rumore, in un gruppo di quasi
trenta tra ragazzi e ragazze, creando un po’ di scompiglio nella
ventina di anziani, uomini e donne, che in religioso silenzio,
aspettavano la mezzanotte, con davanti un bicchiere e un mezzo litro
di rosso. Quando capirono che eravamo entrati per festeggiare assieme
a loro, questi “nonni” presero vita e, stimolati da noi,
cominciarono a ballare valzer e mazurche tra di loro e, dopo un po’,
facendo coppia con noi giovani. Da quel momento andarono a gara ad
offrirci da bere e noi, scarsamente abituati al vino, rischiammo una
solenne sbornia collettiva. Ricordo quella notte, per una sana
allegria che ci coinvolse tutti: credevamo di essere andati per
portarne agli anziani, ma poi ci accorgemmo, che loro ne avevano
procurata altrettanta a noi, forse ancora di più. È un bel ricordo
quello che vi ho raccontato: a volte mi viene il dubbio che sia stato
un sogno. Buon anno a tutti.
—De
Rica nasce a Piacenza nel 1963 e
si afferma come una delle maggiori industrie conserviere del paese.
Entra in tutte le case per portare “finalmente, tutto l’anno,
il profumo e il sapore del pomodoro fresco” nelle ricette
italiane e
nel 1967 è già un’icona,
grazie a “Carosello” e
ai cartoni animati con Gatto Silvestro e Titti, realizzati in
esclusiva con Warner Bros da Organizzazione Pagot.
“No!
Su De Rica non si può!”
è
la celebre frase di Gatto Silvestro – ormai nell’immaginario
collettivo – che chiudeva ogni cartone quando, al termine di fughe
rocambolesche, Titti trovava riparo su un prodotto De Rica.
Negli
anni ‘70 De Rica diventa il simbolo
di freschezza, sapore e genuinità con
Provvista Sugo, prezioso alleato in cucina della donna italiana che
lavora e, finalmente, può contare sulla qualità di un prodotto 100%
italiano,
pratico, buono, veloce da preparare. Negli anni ’80 tutta l’Italia
canta il celebre jingle della pubblicità di Polpa Pronta: “Adoro
il pomodoro, il pomodoro fresco, che delizia, che profumo è proprio
è proprio una bontà! Adoro Polpa Pronta uoh oh oh oh”.
Oggi
De Rica fa parte del Consorzio Casalasco del Pomodoro,
una grande Cooperativa Agricola formata da tanti piccoli agricoltori
che lavorano nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente. Così il
marchio storico – da sempre attento alla qualità delle materie prime
– torna alle origini, nelle campagne di Gariga di Podenzano, dove
tutto è cominciato.
—Pomeriggio
del 28 dicembre 2021, ecco cosa si scarica in Po a Brancere
Sostanze
inquinanti tra le acque del fiume Po? Dovranno stabilirlo le autorità
competenti da che cosa è composto il materiale che, in queste ore,
da un canale di campagna è finito nel fiume Po nei pressi
di Brancere
di Stagno Lombardo.
Il canale è quello che si getta nel grande fiume nelle vicinanze del
ristorante Antenna del Porto. La segnalazione è arrivata
direttamente dalla riva opposta del Po, da Polesine
Zibello,
dove alcuni frequentatori degli spiaggioni hanno scattato alcune
immagini e le hanno girate alla nostra testata. Con la speranza che
si faccia chiarezza su quanto è stato scaricato nel Po e con
l’auspicio che non si tratti di sostanze inquinanti.
—Tracce
3, Napoleone a Soncino. La mostra inaugura il 30 dicembre in Sala
Giunta
Tracce
3. Un
progetto storico di rivalutazione del patrimonio contenuto
nell’archivio del Comune di Soncino. Dalla micro storia, la storia
locale, per poi allargare il tiro e puntare alla macro storia. Due
destini che si incrociano inevitabilmente. Il 30 dicembre sarà
inaugurata Tracce.3 dedicata ai tesori che l’archivio comunale
custodisce per quanto riguarda la
figura di Napoleone. Ci
sorprenderà la dottoressa Ilaria
Fiori (nella
foto), che
da anni collabora con il comparto Cultura del Comune di Soncino e ha
realizzato progetti importanti per la rivalutazione della storia
locale. Si ricordano infatti Tracce 1 dedicata ai più importanti
documenti contenuti nell’archivio; Tracce 2 dedicato alla
celebrazione dei cento anni della fine della Prima Guerra Mondiale e
ora con questo nuovo progetto si investigherà sulla figura di
Napoleone. Mai come ora la mostra è sul pezzo. Duecento anni dalla
morte dell’ultimo imperatore che la Storia ricorda si carpiranno i
segreti che celano il passaggio del Generale Bonaparte da Soncino. Il
progetto, oltre che dal Comune è stato finanziato dalla Regione
Lombardia per 7 mila euro. A latere della mostra che si snoderà
nella splendida sala Giunta del Comune di Soncino, vi sarà anche il
catalogo. Un vero gioiello che Ilaria Fiori ha curato personalmente
contenente ogni passaggio della stessa, curiosità e misteri di
Bonaparte. Ancora alcuni giorni e poi tutto sarà svelato. Ricordiamo
che la mostra sarà visitabile presso il Comune negli orari d’ufficio
e nel rispetto delle Norme Anticovid. Il catalogo invece sarà a
disposizione della cittadinanza gratuitamente e di chi ne farà
richiesta presso gli uffici Cultura del Comune di Soncino.
PRIMA
GLI ALTRI
Poi se stessi; dalla
Provincia fin che c’è.
Francoforte 28 12 2021 www.flaminiocozzaglio.info
flcozzaglio@gmail.com
—Aumento
dei costi dell’energia elettrica, del gas e delle materie prime.
Il sindaco di Gerre de’ Caprioli Michel
Marchi,
preoccupato per i bilanci degli enti locali ha
deciso di scrivere al presidente del consiglio Mario Draghi.
Crescono
in fretta e imparano da noi grandi, questa è la risposta che mi
sento di dare all’amico Pirondini, che scrive su Blitz Quotidiano di
Marco Benedetto. Flaminio Cozzaglio.
Baby
gang dilagano, il fenomeno preoccupa: giovanissimi drogati di
commenti e like, la responsabilità dei genitori
di
Enrico Pirondini Pubblicato
il 28 Dicembre 2021 8:11
Dilagano
le baby gang. Da Nord a Sud. Il fenomeno è in crescita e
sempre più inquietante. Come arginarlo?
E perché i
ragazzini – e sempre più spesso bambini – compiono azioni folli
come raid incendiari, sassate a persone ed animali, atti di
bullismo, persino rapine e spaccio?
Le
cronache di questi giorni registrano di tutto. “Imprese”di ogni
genere. C’è la banda Italo-ticinese che agisce tra Como e Lugano.
E c’è la banda di
ragazzini (di scuole medie) che impazza a Salorno (Alto Adige)
lanciando di tutto contro i passanti, sassi e blocchi di neve.
In
Emilia Romagna non va meglio. A Parma una baby gang terrorizza il
centro storico, danneggia le vetrine dei negozi. Nel Cesenate sono
spuntati i bimbi piromani. Incendiano cassonetti, filmano i
maxi roghi e postano i video su Tik Tok (social network cinese) per
fare incetta di like ed emoticon.
Hanno
solo 10-11 anni. Ovunque ci sono bande giovanili.
A Napoli un
minore si è infilato nella cabina della Circumvesuviana (rete
ferroviaria metropolitana di 142 Km, 97 fermate) e ha fatto il
gradasso immortalandosi nel solito video per Tik Tok al grido “Stiamo
volando “. Una ragazzina ha spruzzato del profumo addosso a due
agenti della municipalità parlando di “puzza di infame”.
È
una emergenza. Ma perché lo fanno? Gli psicoterapeuti
dell’Osservatorio nazionale adolescenza onlus rispondono
preoccupati: “Questi ragazzini cercano una sensazione interna
forte, vogliono il brivido. Sono drogati di commenti e like. Vogliono
sentirsi popolari e unici avendo fatto qualcosa di diverso rispetto
ai coetanei.
Valutano
divertenti i vandalismi, non percepiscono il pericolo o la gravità.
Il problema non è l’azione”. E poi: “Vogliono vivere in
vetrina. Ci sono bimbi con migliaia di follower, il sistema dei
social, utenti compresi, è complice loro. I like e i commenti
portano ad agire senza pensare. Per questo i bimbi non devono stare
sui social “.
Ed
allora come se ne esce da questo vortice di micro criminalità da
baby gang?
Gli adulti
devono far ragionare i bimbi, mettere freni nella quotidianità.
Troppe volte vengono invece giustificati. Vivono in un contesto
dove ogni cosa è a portata di un click. Non ci sono filtri. E i
bimbi sono oggi troppo carichi di input con tutte le connessioni che
hanno. I genitori devono invertire questa tendenza cercando di capire
come la pensano . Certo, non è facile. Hanno un modo di dialogare
totalmente diverso dal nostro. Epperò devono fermarsi. Sennò è
notte fonda.
sapere
di farsi giudicare, forse ce la farebbe il Padreterno, aiutato da San
Pietro; quanto poi alle leggi passate hanno favorito il Sistema di
Palamara e Sallusti, imputabile a tutti tranne che a loro; dal
Dubbio. Francoforte 28 12 2021
www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com
—L’introduzione
delle pagelle per valutare l’operato dei magistrati rispetto alla
loro capacità organizzativa, «di
per sé non può che esasperare una corsa alla carriera che altera la
fisiologia della nostra funzione».
Inoltre, consentire all’ Avvocatura, afferma Santalucia, «di
votare nei consigli giudiziari che elaborano le valutazioni di
professionalità dei magistrati esaspera la potenziale conflittualità
tra categorie professionali». Quello che è stato rivelato dalle
inchieste «è
frutto di leggi passate che hanno favorito dinamiche deviate:
il verticismo e il carrierismo, storture che devono essere corrette e
che l’annunciata riforma Cartabia rischia invece di favorire
ulteriormente».
NATALE
2021, DOLCI FATTI IN CASA IN 1 FAMIGLIA SU 2
Da
Nord a Sud del Bel Paese le specialità sono moltissime e tutte
fortemente legate al territorio
Con
il crescere della preoccupazione per la variante Omicron e l’entrata
di molte regioni in zona gialla quasi la metà delle famiglie
italiane (47%) prepara quest’anno in casa i dolci tipici del
Natale, anche per gli evitare gli assembramenti dello shopping degli
ultimi giorni e garantirsi a tavola prodotti genuini delle
tradizione. È quanto emerge dall’indagine Coldiretti/Ixè
diffusa in occasione della sfilata dei dolci del Natale al mercato di
Campagna Amica al Circo Massimo a Roma, con le ricette realizzate dai
cuochi contadini per dare consigli preziosi su come confezionare le
specialità più dolci. La necessità di passare il tempo fra le mura
domestiche legata alle misure di restrizione imposte dalla pandemia
ha spinto al ritorno della cucina casalinga fai da te con la
riscoperta di ricette e dolci della tradizione. La preparazione delle
specialità tradizionali delle feste, anche con il coinvolgimento dei
bambini, è un’attività tornata ad essere gratificante per uomini
e donne permettendo di impiegare il tempo al sicuro all’interno
delle proprie abitazioni. Si tratta spesso di dolci le cui ricette
sono tramandate da generazioni e rappresentano un vero e proprio
patrimonio culturale del Paese. Accade così che, assieme agli
immancabili panettone ed il pandoro sulle tavole sono tornate anche
le specialità casalinghe della tradizione contadina. Da Nord a sud
del Bel Paese le specialità sono moltissime e tutte fortemente
legate al territorio, in Basilicata non possono mancare i calzoncelli
di pasta fritta con ripieno di mandorle e zucchero oppure castagne e
cioccolato, in Calabria si consuma la pitta “mpigliata” con la
sua caratteristica forma a rosellina (o rosetta). In Campania è il
tempo di roccocò e susamielli, mentre in Puglia troviamo le
cartellate baresi, nastri di una sottile sfoglia di pasta, unita e
avvolta su sé stessa sino a formare una sorta di “rosa”
impregnata di vincotto tiepido o di miele, e poi ricoperte di
cannella, zucchero a velo oppure mandorle. Al nord in Friuli torna
la gubana, una pasta dolce lievitata, con un ripieno di noci, uvetta,
pinoli, zucchero, grappa, scorza grattugiata di limone, dalla
caratteristica forma a chiocciola, in Emilia Romagna la spongata
ripiena di miele, uva passa, noci, pinoli, cedro, in Liguria
del pandolce (impasto di farina, uvetta, zucca candita a pezzetti
essenza di fiori d’arancio, pinoli, pistacchi, semi di finocchio,
latte e marsala ) e in Lombardia, dove troviamo il Panun de Natal, un
dolce ricco di frutta secca e molto profumato fatto con il grano
saraceno e che può avere la forma di un filoncino leggermente
appiattito o più raramente di una pagnotta rotonda, rigonfia al
centro. Non mancano specialità nelle isole come in Sicilia con i
buccellati di Enna (dolci tipici ripieni di fichi secchi). Ma per chi
non ha tempo di dedicarsi al fai da te casalingo e vuole comunque
stupire i commensali arrivano i primi agripanettoni 100% italiani,
come quelli con grano anico o di mais corvino fatti in Lombardia o il
panettone con grano 100% nazionale, frutto della collaborazione tra
Sis, Società Italiana Sementi di Bologna, mulino Pivetti di Cento
(Ferrara), Coprob (cooperativa produttori bieticolo-saccariferi) e la
cooperativa Deco Industrie di Bagnacavallo (Ravenna). Per produrlo è
stato utilizzato grano tenero della varietà “Giorgione”, da cui
si ottiene una farina al top della qualità per la trasformazione in
prodotti da forno. Selezionato, coltivato, raccolto e macinato in
Italia, il Giorgione è un grano tenero frutto della ricerca di Sis,
ottenuto con incroci naturali e senza impiego di organismi
transgenici, ma valorizzando il meglio della tradizione produttiva
del grano nel nostro Paese. Oltre all’ingrediente base, la farina,
il panettone 100% italiano utilizza burro, zucchero, uova, lievito
madre e scorze di arance candite, tutti di produttori nazionali.
I
DOLCI DI NATALE TRADIZIONALI REGIONE PER REGIONE
VALLE
D’AOSTA
FLANTZE
– Pane lavorato con zucchero e arricchito da uvetta, mandorle, noci
e scorza d’arancia candita. Veniva preparato nei paesi durante la
panificazione (che avveniva una o poche volte l’anno e di solito
era caratterizzata dalla produzione del pane nero cotto nei forni
comuni dei villaggi) a partire dallo stesso impasto di base del pane,
come regalo per i bambini che partecipavano al procedimento
collettivo e tradizionale. Oggi viene preparato dai panifici con
lavorazione artigianale. Tradizionalmente di forma rotonda, può
essere confezionato anche a forma di animale per i bambini. Gli
ingredienti di base sono la farina integrale, di solito di segale o
di frumento, la frutta secca e un po’ di burro.
PIEMONTE
CRUMBOT
– Il dolce è legato alla tradizione povera del Natale e
rappresenta il Bambino Gesù. Una leggenda narra che durante la fuga
in Egitto Gesù fu nascosto in una cesta che conteneva della pasta
madre per il pane che miracolosamente lievitò avvolgendo il Bambino
per nasconderlo. Il “Bambino di Natale” è una pasta frolla della
tradizione in cui gli ingredienti semplici danno spazio al massimo
sapore della farina del grano San Pastore: uova, burro, zucchero e un
pizzico di lievito uniti a questa farina vengono poi impreziositi ed
esaltati dai canditi di arance e ciliegia e dalle gocce di
cioccolato. Il Bambino riprende e riattualizza la tradizione della
Busela, la bambolina di pastafrolla che veniva sagomata o disegnata
durante il periodo natalizio nelle famiglie contadine
VENETO
LA
PINZA – È un dolce contadino e ai tempi nostri può essere
definito un piatto del riciclo. Si può fare con in pane raffermo o
la polenta avanzata, mescolando uvetta, semi di finocchio, fichi
secchi. Veniva servito alla fine delle festività proprio perché è
inteso come torta antispreco, realizzata con ciò che non veniva
consumato a tavola
LOMBARDIA
MIASCIA
– Nasce come dolce povero e dei poveri, per riutilizzare il pane
secco ammollato nel latte e impastato con uova, frutta (al posto del
prezioso e ben più costoso zucchero) e frutta a guscio. In assenza
del pane, trovava impiego anche un impasto di semplice farina, bianca
e gialla. Ancora oggi è un dolce di casa nel comasco. Col passare
del tempo, tramandato di cucina in cucina dal Lario alla Brianza, si
è arricchito di varianti: nuovi ingredienti quali scorze di agrumi,
polvere di cacao, fichi secchi, ma anche liquore e amaretti, fino ad
arrivare all’aggiunta di erbe aromatiche. Numerose sono infatti le
versioni in cui la si può apprezzare sul territorio: la miascia di
Bellagio con farina di castagne, la miascia di Colico con la farina
bramata e quella di Ossuccio con farina bianca e bramata, fino in
Valsassina, dove è previsto anche l’impiego di foglie di menta (o
erba di San Pietro). La miascia è un dolce tipicamente preparato
nelle case dei comaschi nei giorni di festa, e in particolare a
Natale (come se fosse una sorta di “panettone” del Lario).
Essendo un dolce povero e di semplice fattura, veniva riproposto più
in generale anche nelle occasioni delle feste paesane, cuocendolo in
forni comunitari
TRENTINO
ALTO ADIGE
ZELTEN
– È un pane dolce a base di frutta secca e canditi. Farina, uova,
burro, zucchero e lievito sono la base comune di un dolce che conosce
naturalmente un gran numero di varianti; da zona a zona, da valle a
valle, da famiglia a famiglia la ricetta cambia e si arricchisce di
ingredienti particolari, di segreti, di personali regole di
preparazione. Possiamo comunque distinguere, un po’ sommariamente,
due varianti: quella trentina, che contiene più pasta e meno frutta
e quella del Sud-Tirolo e Bolzano, caratterizzata da un maggiore uso
della frutta. Noci, fichi secchi, pinoli e mandorle sono comunque
usate in tutte le diverse preparazioni. Le case si riempiono i
profumi inebrianti di cannella, di fichi secchi, il periodo
dell’Avvento è il momento di dolci leccornie. La tradizione della
cucina povera, che caratterizza molte regioni italiane ha prodotto
una serie di dolci preparati nel periodo natalizio che erano
sostanzialmente versioni arricchite del pane fatto in casa. Il nome
Zelten risale al nome tedesco “selten” che vuol dire “a volte”
inteso a sottolineare l’eccezionalità della preparazione che
avviene solo a Natale.
FRIULI
VENEZIA GIULIA
GUBANA
– È un tipico dolce delle valli del Natisone e di Cividale del
Friuli (Udine), che si prepara in periodi di grande festa (Natale,
Pasqua), a base di pasta dolce lievitata, con un ripieno di noci,
uvetta, pinoli, zucchero, grappa, scorza grattugiata di limone, dalla
forma a chiocciola, del diametro di circa 20 cm, cotto al forno. Il
dolce è noto fin dal 1409 quando fu servita in un banchetto
preparato in occasione della visita di papa Gregorio XII a Cividale
del Friuli, come testimoniato dallo stesso papa veneziano
LIGURIA
PANDOLCE
– In dialetto pandöçe o pan döçe, è uno dei dolci tradizionali
liguri. Come il panettone milanese anche il pandolce è
particolarmente legato alle festività natalizie. Può essere
basso o alto a seconda del tempo di lievitazione ma in entrambi i
casi l’impasto è arricchito da pinoli, uvetta e frutta candita.
In passato era molto apprezzato dai marinai liguri per la sua lunga
conservazione. Infatti se ben preparato e tenuto in una busta di
cellophane dopo l’apertura può conservare la fragranza anche per
due settimane
EMILIA
ROMAGNA
PAMPEPATO
DI FERRARA – A forma di zuccotto è impreziosito da mandorle o
nocciole finissime, da gustosi canditi, è insaporito con spezie
profumate; la calotta è ricoperta infine di cioccolato fondente.
Così il ricco dolce diventa il Pan del Papa. Facile comprendere a
chi era dedicata questa meraviglia! Una lingua antica, poetica e
perduta lo trasforma in Pampapato e Pampepato. Da secoli i due nomi
convivono e la sostanza non cambia. È il dolce del Natale, delle
feste, è il dolce che meglio rappresenta la ricchezza e la
raffinatezza di Ferrara. E’ il dolce che con il suo gusto intenso e
il suo profumo delizioso richiama la tradizione di un territorio dai
tanti racconti e sapori. Recentemente ha ottenuto anche la
indicazione di origine protetta (IGP) ed è tutelato da un Consorzio
che attribuisce il bollino europeo solo a chi rispetta il
disciplinare di produzione
TOSCANA
PANFORTE
– È un dolce di forma circolare, basso e compatto. Può essere di
colore bianco o nero a seconda che si cosparga esternamente di
zucchero vanigliato o di cacao. Presenta una superficie rugosa, nella
parte inferiore appoggia su un’ostia sottile. Ha un sapore forte di
spezie e di frutta candita, è piuttosto consistente e si presenta
leggermente gommoso al palato. Viene preparato in diverse pezzature.
Prodotto tipico della provincia di Siena, la sua tradizione si è
allargata col tempo al grossetano: a Massa Marittima la sua
produzione accompagna tutte le festività.
UMBRIA
PAMPEPATO
– Tipico di Terni, il Panpepato è un dolce dalle origini
antichissime. Questa specialità dalla forma rotonda è a base di
noci, nocciole, mandorle, cannella, noce moscata, cioccolato, miele e
uvetta. Un vero e proprio concentrato di energia che lo rende,
infatti, un dolce molto apprezzato durante il periodo natalizio. Ogni
famiglia utilizza una versione rivista della ricetta tradizionale ed
è anche per questo che è considerato un dolce popolare
MARCHE
PANETTONE
ALLE VISCIOLE – Da antiche ricette di metà 800, arriva il
panettone con le visciole ossia ciliegie selvatiche. Questo prodotto
ha nella semplicità il suo punto di forza. Un panettone in cui si
avverte l’aroma del panettone fatto in casa. Lievito madre, una
lenta e graduale lievitazione, che giunge naturalmente a compimento
nell’arco di trentasei ore e ingredienti selezionati di alta
qualità, rendono questo prodotto delicato e armonico. Sapore
vellutato e setoso, dove si armonizza perfettamente e senza eccessi
la presenza delle visciole, che stemperano il dolce e arrotondano il
gusto, stimolando il palato con inaspettate combinazioni di sapori e
profumi.
LAZIO
PANGIALLO
– Meglio noto come pangiallo romano è un dolce che ha la sua
origine nell’antica Roma e più precisamente durante l’era
imperiale. Era, infatti, un’usanza di quei tempi distribuire questi
dolci dorati, durante la festa del solstizio d’inverno, in modo da
favorire il ritorno del sole. Il tipico pangiallo romano, ha subito
numerose trasformazioni durante i secoli a causa dell’espansione
dei confini territoriali e dell’incremento nella comunicazione tra
le varie regioni italiane.Tradizionalmente il pangiallo veniva
ottenuto tramite l’impasto di frutta secca, miele e cedro candito,
il quale veniva in seguito sottoposto a cottura e ricoperto da uno
strato di pastella d’uovo.Fino a tempi molto recenti nella
preparazione del pangiallo le massaie romane mettevano i noccioli
della frutta estiva (prugne e albicocche) opportunamente essiccati e
conservati, in luogo delle costose mandorle e nocciole
ABRUZZO
PARROZZO
– È un tipico dolce abruzzese di Pescara, associato alle
tradizioni gastronomiche del Natale. Luigi D’Amico, titolare di un
laboratorio di pasticceria a Pescara, ebbe l’idea di fare un dolce
dalle sembianze di un pane rustico anche detto pane rozzo (da cui è
derivato il nome “Pan rozzo”), che era una pagnotta semisferica
che veniva preparata dai contadini con il granoturco e destinata ad
essere conservata per molti giorni. D’Amico fu ispirato dalle forme
e dai colori di questo pane e riprodusse il giallo del granoturco con
quello delle uova, alle quali aggiunse la farina di mandorle; invece,
lo scuro colore dato dalla bruciatura della crosta del pane cotto nel
forno a legna fu sostituito con la copertura di cioccolato. La prima
persona alla quale Luigi D’Amico fece assaggiare il parrozzo fu
Gabriele d’Annunzio, che, estasiato dal nuovo dolce, scrisse un
madrigale “La Canzone del parrozzo”
CAMPANIA
ROCCOCO’
E SUSAMIELLI – Dolci di Natale a forma di ciambella, adatti a chi
ha denti buoni, sono un mix a base di mandorle, farina, zucchero,
canditi e spezie varie. La loro origine pare risalga al 1320, per
mano delle monache del Real Convento del Real Convento della
Maddalena, mentre il nome deriva dal francese “rocaille”,
elemento decorativo a forma di roccia o conchiglia. Anche i
susamielli fanno parte dei dolci della tradizione natalizia campana;
diffusissimi in tutta la regione, sono dei biscotti duri di forma
rotonda o a esse, che, preparati in casa, venivano serviti al mattino
del giorno di Natale insieme ai raffioli, ai mustaccioli ed ai
roccocò. La ricetta dei susamielli dice che dopo aver impastato
farina, miele, noci tritate ed ammoniaca la pasta va stesa e si
lavorano i biscotti per farli diventare della forma desiderata prima
di infornarli. Una curiosità intorno al susamiello è che
BASILICATA
CALZONCELLI
– Tipico delle tavole natalizie lucane è il calzoncello, dolce
fritto con all’interno un cuore di castagne, raccolte nei boschi
lucani, e cioccolato. Vi sono varianti legate all’utilizzo dei ceci
al posto delle castagne nell’impasto o alla unicità del
“Calzoncello di Melfi” che prevede la cottura al forno: ogni
famiglia lucana apporta piccole variazioni alla ricetta a seconda
della “propria” tradizione.
PUGLIA
CARTELLATE
AL VINCOTTO – Sono dei tipici dolci originari della Puglia. l nome
potrebbe derivare da carta, incartellate, cioè sinonimo di
incartocciate, secondo la loro tipica forma arabesca. Le cartellate
al vincotto, carteddàte in dialetto, sono un tipico dolce pugliese
che si prepara per Natale: una ricetta della tradizione che trionfa
su tutte le tavole della regione. Un impasto semplice a base di olio,
vino bianco e farina a cui dare la forma di rosette: basterà poi
friggerle e passarle nel vincotto, prima di servirle. Si tratta di
dolcetti firabili e croccanti dalle origini molto antiche: nella
tradizione popolare le cartellate simboleggiano le lenzuola di Gesù
Bambino. Ipotesi storiche, invece, parlano di dolci che arrivano
dall’antico Egitto, dove venivano preparate per i faraoni.
Tradizione vuole che le donne di diverse famiglie si incontrino per
preparare insieme i dolci delle feste natalizie, mescolando così le
varie ricette tradizionali e i segreti che le rendono uniche.
Solitamente le cartellate si gustano intrise nel vin cotto, ottenuto
dalla uve pugliesi Malvasia e Negramaro, o dai fichi.
MOLISE
CIPPILLATI
DI TRIVENTO – Biscotto di pasta frolla ripieno di marmellata di
amarene. La sua caratteristica forma a mezzaluna richiama il
copricapo della Dea Diana, cui è dedicata la bellissima Cripta.
CALABRIA
PITTA
MPIGLIATA – Anche conosciuta come pitta “nchiusa” è un dolce
tipico calabrese, originario di San Giovanni in Fiore ma molto
diffuso in tutta la provincia di Cosenza. È un dolce preparato in
tutti i periodi di festa. Il nome pitta mpigliata deriva dall’ebraico
e dall’arabo pita, che significa schiacciata. Il periodo al quale
si fa riferimento della nascita della pitta mpigliata è il 1700. Il
dolce veniva preparato soprattutto per le cerimonie nuziali, come
riferisce un documento notarile di San Giovanni in Fiore, risalente
al 1728. Esistono alcune varianti della pitta mpigliata per quanto
riguarda gli ingredienti, in ogni caso il dolce mantiene sempre la
sua forma tipica Vi sono comunque oltre alla forma a pitta, quella a
rosellina (o rosetta).
SICILIA
BUCCELLATI
– Sono i dolci di natale siciliani per eccellenza, quelli della
tradizione! sono dei dolci a base di pasta frolla con un ripieno
ricco a base di fichi secchi. Ne esistono di vario tipo, forma e
ripieno a seconda delle varie parti della Sicilia. Esiste il
buccellato intero dalla forma circolare e quelli più piccoli dalla
forma allungata. Vi sono quelli semplici con un po’ di zucchero a
velo e quelli decorati con glassa e zuccherini colorati. E anche
riguardo al ripieno, vi sono quelli ripieni di fichi secchi ma anche
i buccellati con ripieno di mandorle, marmellata e cioccolato.
SARDEGNA
PABASSINAS
– Il dolce natalizio della Sardegna per eccellenza chiamati anche
papassini, pabassinos, papassinos: sono come dei grossi biscotti
preparati con un impasto di pasta frolla, uva passa, mandorle, noci,
scorza di limone grattugiata, miele. Altre varianti prevedono
l’aggiunta di vaniglia o cannella.
Dalle mie 70 cartelle sui
processi Iori senza editore, arriva la sfera di cristallo.
Francoforte 27 12 2021
www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com
—E ancora una volta, nel descrivere la dinamica dei fatti, la
piccola Livia non risulta: si sarà servita dello Xanax da sola! Ma
attenti, siamo in prossimità del grande evento, il cerchio di
Giotto, degno, da solo, di rappresentare l’intero procedimento, di
apparire sulle prime pagine dei giornali, nei titoli dei servizi Tv:
“Si precisa e ribadisce che
quelli testé fatti sono solo alcuni (dei molti) esempi del modo
concreto con cui, nell’ipotesi omicidiaria, il responsabile poteva
far assumere lo Xanax liquido alle vittime. Non avendo la sfera di
cristallo non è possibile indicare con precisione quale fu
l’espediente usato (uno di quelli descritti, un altro ancora) per
riuscire nell’intento né è necessario”.
Puntuale un cacchio,
scrive grossomodo Federico Centenari in www.cremonasera.it!
Francoforte 27 12 2021
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—Differenziata
“fai da te”, fenomeno in aumento con cestini pieni di
sacchi in città. Pochi controlli e ancora dubbi sulla tariffa
puntuale
E’
bene chiarirlo subito: il problema non è la tariffa puntuale, ma
l’inciviltà di alcuni concittadini. Da tempo arrivano segnalazioni
di lettori, con tanto di foto come quelle che pubblichiamo qui, di
cestini in città ricolmi di sacchi e sacchetti di rifiuti
indifferenziati. Un colpo d’occhio che intristisce e al tempo stesso
il segnale di un calo del senso civico, incrementato, questo sì
sebbene indirettamente, dall’introduzione della sperimentazione per
la tariffa puntuale. Molti cremonesi, evidentemente, nel tentativo di
risparmiare i sacchi con il tag per la tariffa puntuale, stanno
buttando rifiuti indifferenziati in comuni sacchetti e approfittando
dei cestini sparsi per la città.
Segnalazioni
di questo genere arrivano un po’ da tutte le parti di Cremona, dal
centro alle periferie. Il problema, come sempre, sta nei controlli,
che evidentemente non sono sufficienti. Non lo sono alla fonte, ossia
sui sacchi azzurri e su quelli per plastica o vetro conferiti nei
contenitori posti nei condomini o fuori dalle case. E non sono
sufficienti, i controlli, per le vie della città, dal momento che il
fenomeno non fa che aumentare.
Introdotta
dal primo di settembre, la sperimentazione della tariffa puntuale
sarà in vigore per un anno, ossia fino a settembre del 2022. Da quel
momento il Comune dovrà decidere come proseguire e adottare gli
eventuali correttivi. Una delle richieste rregistrate con maggiore
frequenza è quella relativa al volume dei sacchi, che dovrebbe
essere parametrato alla composizione del nucleo familiare. E’ infatti
chiaro che un single non può produrre lo stesso quantitativo di
rifiuti di una famiglia media o di una famiglia numerosa. Di qui la
richiesta volta a prevedere sacchi di diverso volume da distribuire a
seconda del numero dei componenti il nucleo familiare.
Da
quanto si apprende, i controlli sull’andamento della sperimentazione
sono pochi e quasi inesistenti le multe. E’ chiaro che in questo modo
non si fa che favorire chi ha poco senso civico, che anziché
utilizzare i sacchi muniti di codice, ricorre ai cestini riducendo
così il quantitativo di rifiuti “tracciabile” e
risparmiando indebitamente.
I
dati sin qui usciti sull’andamento della raccolta differenziata a
Cremona, d’altra parte, parlano di un peggioramento dal punto di
vista qualitativo. Si ha in altre parole un aumento dei sacchi della
differenziata ma al tempo stesso un calo dei rifiuti riciclati. Lo ha
confermato tempo fa lo stesso assessore Maurizio
Manzi nella
sua risposta a un’interrogazione di Saverio
Simi (FI)
e lo ha ribadito anche Forza Italia in un recente comunicato (qui
l’articolo).
Altri
problemi segnalati dai cittadini riguardano l’incertezza sui costi
della Tari, dal momento che allo stato attuale non è possibile
prevedere se vi sarà in effetti una riduzione o meno per i
cremonesi. “Ad
oggi – ha
detto l’assessore Manzi il 2 dicembre rispondendo a Simi –
non è possibile fornire indicazioni circa il bilancio preventivo del
servizio di raccolta e smaltimento rifiuti per l’anno 2022 in quanto
esso è in fase di predisposizione”.
Altre
preoccupazioni, infine, riguardano eventuali contestazioni in fase di
pagamento della Tari. Il Comune ha infatti la possibilità di
rilevare, grazie al tag, il numero di sacchi conferiti da ogni
utenza, ma quest’ultima non ha, al momento, strumenti di controllo o
comunque la possibilità di dimostrare quanti sacchi ha
effettivamente conferito. Ad esempio: se il Comune rileva che un dato
utente ha conferito 10 sacchi ma questo ritiene di averne conferiti
otto, come può dimostrarlo? Come può verificare il dato del Comune?
Ad oggi non è possibile una verifica di questo tipo e sono in molti
a porsi la domanda.
Resta
stringente il problema del “conferimento selvaggio” in
città, a fronte del quale sarebbe opportuno incrementare i
controlli.