Gen 29 2021

dalle stelle 29 01 2021

Published by at 3:51 pm under Pubblica Amm.ne

DALLE STELLE

in giù, molto in giù….

—«È un incubo che ho vissuto ad occhi aperti. Altri forse hanno dormito, quel sonno della ragione che produce mostri». Stefano Binda ha attraversato l’inferno. E ne è uscito, cinque anni dopo un arresto che più ingiusto non si può. Dal 2016 a mercoledì scorso, mezza Italia è stata convinta che fosse lui l’assassino di Lidia Macchi, la giovane studentessa impegnata con Comunione e Liberazione uccisa con 29 coltellate nel gennaio 1987 e ritrovata morta in un bosco a Cittiglio, nel varesotto, un delitto rimasto senza colpevole. In primo grado Binda – anche lui di Cl – era stato condannato all’ergastolo dalla Corte di assise di Varese e poi prosciolto in appello dalla Corte di Assise di appello di Milano il 24 luglio 2019, dopo tre anni e mezzo di custodia in carcere. Ora la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del Pg di Milano e dei familiari di Lidia. Il suo nome era stato tirato in ballo con un colpo di scena degno di un crime movie: una lettera anonima contenente una poesia – “In morte di un’amica” – con dettagli che solo l’assassino poteva conoscere e recapitata alla famiglia il giorno del funerale della ragazza. Poesia che, secondo la ricostruzione dell’accusa, fu scritta proprio da Binda. Ma l’assassino non era lui. «Esperienze come questa – racconta Binda al Dubbio – lasciano macerie».

-Si aspettava che finisse in questo modo?

-Confidavo molto in questa decisione. Poi il fatto che lo stesso procuratore generale della Cassazione – e quindi non un avvocato dell’accusa, come molti magistrati intendono il loro ruolo, ma un pubblico ministero – abbia chiesto lui stesso l’assoluzione, francamente, ha incrementato le mie speranze: non c’era più un’accusa, in senso sostanziale.

-Crede che questo voglia dire che il sistema giustizia, al di là delle sue storture, funziona?

-Io ho attraversato gli estremi del codice, dalla pena massima all’assoluzione con la formula piena. Sono stato sfortunato nel primo grado o sono stato fortunato oggi? Credo che bisogna interrogarsi su quanto il sistema sia affidato alle scelte dei singoli, di quali garanzie dia. Francamente, come cittadino, non mi sembra responsabile dire che il sistema funziona sulla base della logica “tutto è bene quel che finisce bene”. È una sciocchezza. Ho passato tre anni e mezzo in carcere, il che vuole dire essere stato messo in pericolo. Il sistema giustizia non può non farsi carico di queste cose. È importante e delicatissimo. Ma a questo livello il dibattito pubblico è insufficiente e l’impostazione culturale non è all’altezza.

https://www.ildubbio.news/2021/01/29/io-accusato-di-aver-ucciso-lidia-e-in-galera-da-innocente-il-sistema-giustizia-non-funziona/

Francoforte 29 01 2021 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com

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