L’AUTUNNO
DEI MAGISTRATI
Le
macchinazioni dei cardinali nei Conclavi dei secoli bui. A questo
fanno pensare le chat di Luca Palamara pubblicate in questi giorni,
chat che buona parte della stampa finge di non aver letto, quella
stampa che comunque non può dolersi o protestare contro
pubblicazioni arbitrarie di intercettazioni irrilevanti per un
processo penale in quanto essa stessa ne ha usato a man bassa quando
si trattava di colpire altri avversari. E pensare che quello che
leggiamo è il risultato di un solo trojan attivato sul telefono di
un solo magistrato per quanto importante, ricordiamolo, già
presidente dell’ANM cioè il rappresentante e la voce di tutti i
magistrati. Se i trojan fossero stati di più, a strascico o a
cascata, come si usa dire, e le intercettazioni decine come accade in
molte indagini, possiamo immaginare quante manovre del genere sarebbe
venuto alla luce da parte di quei magistrati, non tutti ma
moltissimi, che ad un certo punto della loro carriera si convincono
di aver diritto ad un prestigioso incarico direttivo. Alti magistrati
che per ottenerlo dedicano ad iniziative autopromozionali e a
sotterfugi molto di quel tempo che dovrebbe invece essere impegnato
per i compiti loro affidati. Tutti costoro ritengono evidentemente
che il CSM, invece di essere un alto organo costituzionale, almeno
così come la Costituzione lo descrive, sia invece un campo di
battaglia in cui far prevalere, con voti e delibere mercenarie, il
loro desiderio di potere.
In
questa tragedia della magistratura c’è chi cerca di tirarsi fuori,
dando la colpa agli “altri” ma, come in tutte le istituzioni
malate, se gli “altri” trafficano e raccomandano i propri adepti
lo devi fare anche tu, almeno per mantenere una parità nelle corse
truccate, e ad un certo punto non si sa più chi ha cominciato e il
meccanismo corruttivo si riproduce ovunque e da solo.
Anche
i cronisti giudiziari, spesso subalterni alle Procure, fanno parte a
pieno titolo di questo groviglio di interessi. Ho trovato ad esempio
sconcertante una conversazione in cui l’immancabile Palamara
commissiona in modo abbastanza esplicito ad una nota giornalista di
cose giudiziarie di Repubblica un articolo destinato ad orientare le
nomine alla Procura di Roma e in altre sedi. Si è passati dal
giornalismo di inchiesta al giornalismo di servizio.
Ma
negli ultimi giorni non è accaduto solo questo, il secondo “picco”,
per usare un termine epidemico, della saga Palamara.
Abbiamo
assistito in rapida successione ad una serie di eventi che hanno
occupato le prime pagine dei giornali.
E’
stato arrestato il Procuratore di Taranto Carlo Capristo, collocato
lì dal CSM dopo aver condotto molte indagini non proprio fortunate,
con l’accusa di avere colluso con alcuni imprenditori in danno di
altre persone e aver fatto pressioni su un Pubblico Ministero. E la
lista dei magistrati accusati di varie forme di corruzione, un tempo
un’eccezione, comincia in questi anni ad allungarsi in modo
preoccupante.
Abbiamo
sentito in televisione le accuse, al di fuori di ogni correttezza
istituzionale, rivolte da Nino Di Matteo, componente del CSM, al
Ministro di Giustizia per non averlo collocato due anni prima alla
direzione del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria solo perché,
secondo lui, avrebbe ceduto a losche pressioni.
E
alla fine, scossa dagli scandali, è andata in frantumi la Giunta
dell’ANM, il governo della magistratura.
C’è
una soluzione a tutto questo, che coinvolge come si legge nelle
ultime chat pubblicate, anche la Sezione disciplinare del CSM?
Il
Governo e alcune forze politiche accennano a una radicale riforma del
sistema di elezione del CSM. Effettivamente l’unico strumento per
contenere il monopolio delle correnti sarebbe un sistema elettorale
magari misto, in parte ad elezione ed in parte a sorteggio, che
vanificherebbe comunque ogni cordata e ogni scalata perché
diventerebbe inutile dedicarsi ad attivare liasons pericolose e
scambi di vario tipo quando il loro successo dipendesse in buona
parte dall’alea.
Non
è un’ipotesi stravagante. Sono già scelti per sorteggio i giudici
popolari delle Corti di Assise, che possono emettere sentenze di
condanna all’ergastolo e i giudici del Tribunale dei Ministri e,
anche se molti non lo sanno, le Commissioni esaminatrici di molti
concorsi pubblici come alcuni concorsi universitari e quelle che
assegnano alcuni appalti. È una soluzione, che inizia a diffondersi,
forse di riserva, ma che in qualche modo difende dai clientelismi e
dalle fazioni.
Ma
dubito che una riforma del genere possa decollare mai. Passato il
momento critico non se ne parlerà più. Tutto tornerà come prima.
Ne sento parlare da quando ero un magistrato con i calzoni corti e
sono convinto che le correnti della magistratura, che hanno interesse
a mantenere il loro potere, siano in grado di neutralizzare qualsiasi
iniziativa. Del resto, tra le tante cose curiose, vi è il fatto che
il Ministero di Giustizia è occupato in posizioni apicali da decine
e decine di magistrati fuori ruolo, in spregio, come ha ricordato in
questi giorni il costituzionalista Sabino Cassese, alla divisione dei
poteri, magistrati che sono in grado di contenere ed orientare
qualsiasi iniziativa e continuano nei fatti a rispondere e a
dipendere dall’ANM.
Eppure
l’obiettivo, per quanto possa sembrare paradossale, dovrebbe essere
questo: che i magistrati con loro fazioni, le loro rivalità, i loro
personalismi e i loro legami impropri con la politica e
l’informazione, scompaiano dai titoli dei giornali che oggi
occupano non meno dei politici e certo anche più degli uomini di
spettacolo. E che nelle cronache si parli solo, in modo più neutro,
dei processi in modo che i cittadini, che oggi hanno poca fiducia nei
giudici, comincino ad averne di più in quella che è la loro
tutela: impersonale, obiettiva e uguale per tutti, la giustizia.
E,
per non contraddirsi, non servirebbe più allora un articolo come
questo, firmato da un magistrato.
Guido
Salvini