Gen 29 2019

la legge del più forte-millecentotrentasei 29 01 2019

Published by at 7:24 pm under costume,cronaca cremonese,cronaca nazionale,Giudici

LA LEGGE DEL PIU’ FORTE – MILLECENTOTRENTASEI

Non vorrei fosse passato nel dimenticatoio il caso Iori, ecco allora la decisione di pubblicare a puntate il mio libretto, un settanta pagine; sessantesima puntata:

—DER PROZESS, UN’IDEA DI FRANZ KAFKA: QUANDO IL PROCESSO HA TROPPE LETTURE DEVE USCIRE DALLE AULE DEI TRIBUNALI!

La Corte d’Appello aveva tre scelte: a) mettersi a ridere dei colleghi, ma non se ne parla neanche b) ignorare il tema c) fare re Salomone. Non c’è da spremersi le meningi: “Ritiene questa Corte che entrambe le argomentazioni (Corte di primo grado e Difesa, n.d.r.) non siano pienamente persuasive, in quanto desunte da un comportamento, quello dell’imputato, carente di univoca efficacia dimostrativa, vuolsi in senso assolutorio, vuolsi in senso accusatorio…… In conclusione, il comportamento col quale Iori Maurizio ebbe a lasciare in casa il proprio cellulare non è tale da essere capitalizzato come elemento realmente a discarico, né tanto meno a carico dell’imputato”. La comunicazione nel processo penale è una roba strana; se ti accusano, di qualsiasi cosa, devi rispondere sennò sei colpevole; nella vita quotidiana degli altri 60 milioni di italiani non ho dubbi: se tenti di far passare un cellulare come alibi, bene che vada ti sorbisci una scrollata di spalle. La fantasia, quella vera che ti sgorga spontanea, non è facile da controllare, al tuo interno, naturalmente; ma quando parli o peggio ancora quando scrivi, un prudente controllo della “tiranna” non guasta mai. Abbiamo appena letto che due Corti d’Assise, in nome del popolo italiano, noi cari lettori, han deciso, la prima, che lasciare a casa il cellulare è un tentativo di costruirsi un alibi se si esce per combinarla grossa, la seconda, che nel caso di Maurizio Iori non è proprio certo, ma in linea teorica potrebbe esserlo. Non sono un professionista delle Aule di Giustizia d’Italia, ma credo si tratti di una profonda novità giurisprudenziale, mai udita prima, il cellulare che si trasforma in alibi. La “dritta” parte già dalle prime indagini, ed è accolta a braccia che più spalancate non si può nell’ordinanza del dottor Gip; e il relatore, che dimentica di scrivere i motivi della sua certezza, è comunque sicuro che Maurizio Iori lasci il cellulare in casa quando va a uccidere le due “vittime”, perché al corrente che le due case son servite da due celle diverse di trasmissione, quindi lui, per i giudici, sarà dove è il suo cellulare. Questo, il 20 luglio 2011. Tra il 16 e il 19, spiega in dettaglio l’ordinanza, più succintamente la prima sentenza, Maurizio Iori va a far spesa di cibi bevande fornelli e bombole in vari supermercati, per uccidere, e si fa scoprire, scrivono il dottor Gip e il relatore di primo grado, perché mentre è lì usa il cellulare! Solo dal 19 al 20 qualcuno gli ha insegnato la teoria delle celle? La conosceva da ben prima ma se n’è ricordato solo il 20? le Corti, purtroppo, tanto leziose nel fornire mille particolari inutili, qui tacciono…. Potenza di un cellulare. Il primo suggerimento è della Polizia, pagina 49 dell’ordinanza del dottor Gip: “poiché, come noto, il cellulare era stato dimenticato o volutamente lasciato all’interno dell’abitazione di Crema, via le Murie 6/f, eccetera”. Abbandonare un indizio del genere? Ecco, tra i tanti motivi per cui Maurizio Iori deve esser condotto in carcere prima del processo, uno particolarmente forte, descritto nell’ordinanza del dottor Gip: “Visto che l’uomo aveva raccontato alla moglie che sarebbe andato a letto presto, lasciare il telefono acceso in vibrazione in cucina permetteva di avere un alibi che coprisse i suoi spostamenti giacché egli, se non fosse intervenuta la chiamata della moglie e la visita inaspettata della Polizia, avrebbe certamente dichiarato di aver trascorso la serata a casa, di essere andato a letto e di non aver sentito il telefono perché era stato lasciato in modalità vibrazione. Il telefono per tutta la sera avrebbe agganciato esclusivamente la cella di viale Europa 67 e nessuno avrebbe potuto dimostrare che lui si era spostato da casa per tutta la serata”. Anche il non giurisperito capisce la gravità di quel nessuno avrebbe potuto dimostrare che lui si era spostato da casa per tutta la serata; e gli Ornesi, che secondo la Corte di Cremona dicono sempre la verità, non sarebbero stati creduti quando avrebbero testimoniato il contrario? ma vediamo a cosa è servito l’alibi: “Questo potrebbe significare che che Maurizio Iori si è trattenuto a casa della donna fin verso le ore 22.00/22.15, sia poi tornato a casa lasciando la lettera in cucina per poi uscire nuovamente e magari recarsi di nuovo a casa della Ornesi per verificare che la donna e la bambina fossero realmente decedute, altrimenti non si spiega cosa abbia fatto l’uomo fino alle 01.44 di notte quando ha poi telefonato alla moglie appena rientrato a casa”. Ora, premesso che Iori ha spiegato cosa ha fatto quella sera, ma anche non l’avesse non per questo è un assassino, la ricostruzione è semplicemente grottesca: ritorna sul luogo del delitto, un condominio di trenta famiglie, col rischio di farsi beccare nel momento e nel luogo sbagliati, per controllare fossero “realmente decedute”; ma che apprendista assassino è Maurizio Iori, medico chirurgo nella vita, se usa mezzi che deve ricontrollare perché evidentemente incerti? Non che ci contassi, ma pensavo la Cassazione avrebbe almeno ammonito i colleghi ehm, inesperti, che bisogna porre molta attenzione alle novità; ricordo ancora un mio professore: ragazzi, attenti, se la sparo un po’ grossa io, è un’idea, se voi, rischiate la bocciatura; invece della Cassazione posso solo elogiare l’eleganza con cui decide di affrontare e risolvere la grana: “In particolare, con riferimento alla ‘cosiddetta telefonata della buonanotte’ che lo Iori aveva promesso di effettuare alla Arcaini la sera del delitto e che avrebbe potuto (in tesi) intralciarne l’esecuzione, la doglianza del ricorrente omette di confrontarsi col dato di fatto, pacificamente accertato, che l’imputato non aveva portato con sé il telefono cellulare nell’appartamento delle vittime, ma lo aveva lasciato – intenzionalmente e al fine di inibire un elemento di riscontro del suo allontanamento da casa, secondo la sentenza di primo grado; per verosimile dimenticanza, invece, secondo la sentenza d’appello – nella sua abitazione; così che, anche nella seconda delle due ipotesi, la motivazione con cui la sentenza impugnata ha giudicato del tutto neutrale e irrilevante la circostanza allegata dalla difesa si rivela ineccepibile”. Abile, la Corte: omettere il telefonino alibi, diciamolo, era una brutta figura; lo cita come fosse bere un caffè, mentre nelle sentenze di merito, specie la prima, era ben più. Poi da duemila anni si parla male di un tale Pilato Ponzio…..

Cremona 29 01 2019 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com

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