DALL’INVIATO QUOTIDIANO DEI FRATELLI SALINI Siamo abituati. Il tempo passa e ci trasforma, senza che ce ne accorgiamo. Le giornate sono scandite dalla solita routine, quella che annoia, ma che al tempo stesso ci consente di vivere tranquillamente, lontani dall’imprevisto. O forse semplicemente ignari del potere del destino imprevedibile e crudele. Quello che, da un giorno all’altro, ci presenta il conto, a volte troppo salato, e ci obbliga a ricominciare. Punto e a capo. E così la nostra vita riparte, portando con sé il ricordo di ciò che è stato e la voglia di scoprire ciò che sarà, nonostante tutto. Ne sa qualcosa Mario Fantasia, 56 anni, ingegnere aerospaziale e progettista di impianti di Cremosano, che dall’età di 50 anni deve convivere con la sclerosi multipla, una malefica compagna che ha ucciso la sua routine, ma non la sua voglia di lottare. «L’avvento della malattia mi ha cambiato la vita. Ha spazzato via la routine che negli anni mi ero costruito. Lavoro e hobbies hanno lasciato spazio ad una vita su una quattroruote», racconta.
Separato e amante della pallavolo, Mario ha dovuto fare i conti con due grandi cambiamenti: «La separazione da mia moglie, avvenuta prima che mi ammalassi, è stata dolorosa. Penso che una relazione sia la ricerca instabile di un equilibrio e, quando questo viene a mancare, ti ritrovi a girare un po’ come una trottola». Poi, come se non bastasse, la diagnosi della malattia: «Mi è stata diagnosticata la forma più aggressiva di sclerosi multipla. A 50 anni mi sono trovato a vivere su una sedia con delle ruote ancorate al terreno. Non è semplice muoversi su una carrozzina, dopo aver conosciuto il sapore di una vita autonoma ed indipendente. Ma, nonostante questo, ho cercato comunque di farmi spazio in un mondo insensibile alle istanze dei disabili ed incapace di valorizzarli».
Barriere architettoniche e mentali oggi impediscono a Mario di sognare ed emozionarsi: «Emozionarsi non è sbagliato, ma, vista la realtà nella quale viviamo, conviene sognare, senza staccare i piedi da terra. Fino ad oggi i disabili sono stati poco considerati dalle istituzioni e le persone non si sono sforzate di vederli. La disabilità viene concepita dai più come una tematica distante, probabilmente perché non li riguarda direttamente. Del resto, sono convinto che per comprendere fino in fondo determinate situazioni sia necessario viverle sulla propria pelle».
Ma, nonostante la lampante necessità di un cambiamento culturale ancora lontano, Mario non perde fiducia nelle istituzioni: «Vedo di buon occhio la creazione di un Ministero per la Disabilità, perché, al netto delle polemiche che hanno accompagnato la sua realizzazione, spero possa essere l’occasione per cambiare le cose e garantire anche ai disabili una vita dignitosa». Poi pensa al recente provvedimento approvato in tema di fine vita e si inalbera: «Salvi i casi disperati, i disabili non chiedono di morire, ma di vivere dignitosamente. Sarebbe stato, quindi, meglio adoperarsi per esaudire questa richiesta, prima di preoccuparsi di ciò che verrà dopo di noi».
I primi a volere un mondo più accessibile devono però essere gli Amministratori locali, se non dei piccoli paesi, almeno delle città di medie dimensioni: «A livello locale viene trattata in maniera superficiale la mobilità. Occuparsi di mobilità significa anche preoccuparsi di consentire ad un disabile di coltivare relazioni e svagarsi, magari predisponendo un servizio di trasporto accessibile, non necessariamente gratuito. Sono convinto che, se le Amministrazioni cominciassero a dare un segnale di cambiamento, anche la popolazione diventerebbe più sensibile alla tematica della disabilità». Una sensibilità che, però, al momento, è ancora un miraggio: «Oggi i disabili vengono trattati con compassione. Non ci si rende conto che le persone diversamente abili hanno bisogno di tutto, meno che della pietà: la compassione è la morte dei disabili».
Proprio per contrastare la commiserazione e l’ignoranza che aleggiano intorno alla disabilità e alle malattie neurodegenerative, Mario, insieme all’amico Paolo Destro, ha creato “ScleroWeb”, un blog, in cui sono banditi toni compassionevoli e pietismi di ogni genere, per conoscere più da vicino la sclerosi multipla e le vite di coloro che la affrontano ogni giorno: «Attraverso “ScleroWeb” abbiamo voluto dare la possibilità ai malati e ai medici di raccontare la loro esperienza, usando un linguaggio comprensibile a tutti». Dopo aver offerto una panoramica a 360 gradi della malattia, però, Mario avverte il bisogno di puntare più in alto: «Sono felice per l’importante seguito ottenuto con “ScleroWeb”, ma questa esperienza oggi è giunta al termine per lasciare spazio a “NeuroWebChannel”, un canale in cui verranno analizzate, oltre alla sclerosi multipla, anche altre malattie neurodegenerative, al fine di creare un vero e proprio network, in cui ciascuno possa soddisfare le proprie esigenze o curiosità».
Complice la potenza della rete, quindi, sembra essere nata una nuova opportunità per informarsi, divertirsi e combattere la noia: «Il malato di sclerosi multipla è tendenzialmente pigro. Attraverso questo progetto che sta per concretizzarsi speriamo di offrire a tutti, malati e medici, un’opportunità per confrontarsi e crescere insieme».
Già, perché entrambe le categorie, secondo Mario, devono essere rieducate in tema di malattie neurodegenerative: «Da un lato, i medici di base sottovalutano i sintomi e non indagano approfonditamente le cause, dall’altro, spesso i pazienti nascondono i disturbi che avvertono». E, allora, “NeuroWebChannel” potrebbe essere l’occasione per parlare in modo franco ed onesto di malattie ad oggi ancora troppo taciute. Malattie che ammazzano la routine, ma non impediscono di sorridere. E di vivere.
Gloria Giavaldi