LA LEGGE DEL PIU’ FORTE – DUECENTOVENTOTTO
Il processo penale è pubblico, nel senso che le udienze sono aperte, chiunque può assistere, come ho fatto io nei processi Iori; ma poi ci vanno solo i giornalisti, e non sempre, come nel nostro caso; nelle tre udienze d’appello, a Brescia, non c’era nemmeno il cronista dei giornali di città. Fossero realmente pubblici, come a Quarto Grado, milioni di spettatori, l’ho scritto tante volte, certi giudici starebbero bene attenti a quel che scrivono, per non esser messi alla berlina. Qui sotto la Cassazione, che a pagine alterne si dichiara giudice di legittimità o giudice di merito: non è vero che il teste Fiameni non abbia saputo eccetera, ha detto che molto probabilmente era quella sera, sia alla Giudiziaria che al processo, ma il teste Fiameni è quello che, secondo i giudici, lui non l’ha mai detto, ha distinto la puzza del sacchetto di plastica tra quella del gas; fin dall’inizio gli inquirenti han la prova dell’acquisto delle bombolette, ma anche dei contenitori per scaldare i cibi, presi in due giorni diversi, perché i primi giudicati da Maurizio e Claudia troppo leggeri per resistere alla fiamma: un milione in premio a chi trova la citazione del fatto anche in una sola delle tre sentenze, le prime due son di merito al di là di ogni ragionevole dubbio. Grottesco l’affare del Valium, su cui son tornato decine di volte, ma è giusto mettere anche la Cassazione di fronte alla responsabilità di ciò che scrive; l’autopsia trova nel corpo di Claudia del Valium ingerito quattro giorni prima della morte, ma accettare il responso vorrebbe distruggere il mito della donna solo cibi e medicine naturali; i parenti, che non avevano detto nulla nei cinque mesi di attesa dell’autopsia, e sì che di cose ne avevano raccontate tante, compresa quella che non prendeva ansiolitici, improvvisamente ricordano la storia dell’insalata di riso dal sapore strano, che i giudici di tutti e tre i gradi, non aspettavano altro, accolgono a braccia aperte; sfidando il ridicolo di scrivere e sostenere fin in Cassazione che Claudia Ornesi, in un cibo dai sapori complessi come l’insalata di riso estiva, distingue il poco Valium che si limita a farla dormire più del solito, finita la cena, messa a letto la figlia e rigovernata la cucina; quattro giorni dopo, quasi digiuna, e di nuovo lo stabilisce l’autopsia, manda giù senza accorgersene tanto di quell’amarissimo Xanax che l’addormenta in pochi istanti! Questi sono giudici italiani che inviterei molto volentieri a spiegare a Quarto Grado cosa han scritto nelle loro sentenze. Del perché e come Maurizio Iori, chirurgo di valore e d’esperienza, abbia scelto lo Xanax, non parlo, temo di offendere i lettori.
—–I giudici di merito hanno altresì spiegato con argomentazioni logiche sia le
ragioni del ricorso dell’imputato all’utilizzo dello xanax per stordire le vittime, in
considerazione della possibilità di procurarsi il farmaco nell’ambiente
(ospedaliero) di lavoro e dell’accertato interesse dimostrato dallo Iori proprio per
le caratteristiche di tale farmaco, con specifico riferimento alla sua confezione in
gocce, nei giorni che avevano preceduto l’omicidio, mediante la consultazione
tramite il PC di casa, il 7.07.2011, di almeno tre siti internet e lo scaricamento
dei relativi fogli illustrativi (pagina 23 della sentenza d’appello); sia l’assenza di
qualsiasi motivo per dubitare dell’attendibilità di quanto dichiarato da Facchi
Pasqua sulla circostanza riferitale dalla figlia in merito al sapore strano
dell’insalata di riso ingerita in occasione della cena con lo Iori del 16.07.2011, e
alla sonnolenza profonda che ne era seguita, nonché della sua coerenza con
l’assunzione di valium risalente a quattro giorni prima della morte, riscontrata
dalla presenza del metabolita del diazepam nelle urine della Ornesi; sia le
modalità con cui gli inquirenti erano riusciti a ricostruire, attraverso l’incrocio dei
dati tratti dal telepass dell’autovettura dell’imputato e dagli scontrini di vendita
dei beni, la provenienza dei fornelletti e delle quattro bombolette di GPL
utilizzate per asfissiare le vittime, che lo Iori aveva acquistato presso esercizi
commerciali situati in località diverse (Carugate e Pieve Fissiraga) da quella
Crema – di residenza sua e delle vittime, secondo modalità, dunque, di non
agevole verifica e che era stato possibile accertare solo all’esito di indagini
accurate, il cui positivo risultato l’imputato poteva non essersi rappresentato.
Anche con riferimento, infine, alle grida (indistinte) di donna sentite da Fiameni
Nicola, occupante l’appartamento soprastante quello delle vittime, in un orario
indicato dal teste nelle 22.30 circa, la sentenza impugnata ne ha motivatamente
escluso, con argomentazione incensurabile, la rilevanza nella ricostruzione della
dinamica omicidiaria, per la decisiva ragione che il teste non è stato in grado di
collocare la circostanza la sera del delitto, piuttosto che in una sera precedente.
Cremona 25 07 2016 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com