Nov 27 2014

j’accuse-trecentoundici 27 11 2014

Published by at 11:51 am under cronaca cremonese,Giudici

J’ACCUSE – TRECENTOUNDICI
Ovviamente anche a Brescia la Corte incontra le stesse difficoltà che a Cremona, se vuol dimostrare l’impossibile dopo le 95 pastiglie pure nel secondo atto, il gas, perché quello uscito dalle 4 bombolette, più pesante dell’aria, alla fine dei suoi movimenti plana a terra, dove raggiunge a malapena il battiscopa, mentre Claudia e Livia sono nel letto, ben più in alto; fossero rimaste oggettive invece di seguire la fantasia, le due Corti, avrebbero facilmente constatato impossibile anche solo immaginare un sistema tanto macchinoso e di esito dubbio, specie se l’imputato è medico e chirurgo come Maurizio Iori; ma se uno vuole e basta, può ottenere il risultato, quando è forte, quanto al resto, se si parla di logica, lasciamo perdere. E incurante del sorriso dei lettori, anche a Brescia la Corte riprenderà il tema del vicino di casa, che tra l’odore del gas distingue quello dei due sacchetti di plastica che Iori avrebbe stretto alla testa delle due vittime! Il tutto nasce, nell’impossibilità che il poco gas delle bombolette, libero nell’aria, riesca a uccidere, dalla voglia di dimostrare che il medico Iori, non sapendo che per asfissiare in un attimo basta stringere un sacchetto attorno alla testa e basta quello, come fanno tanti suicidi certi, abbia usato il sacchetto per farlo agire più rapidamente, il gas. Ovviamente, come a Cremona, nemmeno a Brescia la Corte risponderà alla semplice domanda: così fosse, il gas sarebbe rimasto vicino alla testa, mentre invece è diffuso in tutto il corpo delle due, come succede a respirarlo lentamente, a lungo, e l’han trovato gli stessi consulenti dell’Accusa. Ma diamo la parola alla Corte, che deve spiegare come le bombole trovate non vicino alle “vittime”, abbiano ottenuto egualmente l’esito letale, pagina 154.
“Tuttavia, qui assume particolare rilievo il fatto che i dati sopra esposti, laddove si valutino non in modo separato ma nella loro sinergica unitarietà, sono idonei a dar corpo alla tesi dell’azione di confinamento del gas con sacchetto di plastica o comunque di avvicinamento di esso in prossimità delle vie aeree.”
Bello quel “sinergica unitarietà” ad uso e consumo proprio: non risponderà mai, la Corte, alla domanda perché il gas s’è diffuso nel corpo invece di rimanere alla testa, come succede in caso di morte rapida, dato che la circolazione del sangue cessa subito; ma andiamo avanti nella “lezione”:
“Difatti, non è solo la posizione delle bombolette che rende verosimilmente molto difficile far giungere in modo letale il gas alle vittime. Né la maggiore rapidità con la quale l’elevato quantitativo di butano è necessariamente penetrato nei corpi delle vittime proverebbe da sola la tesi del confinamento. E’ la concorrenza di tutti i dati tecnici (gas più pesante dell’aria, 4 cartucce di gas inidonee a saturare l’ambiente, posizione delle bombolette distanti dalle vie aeree delle vittime, elevato valore di gas riscontrati nei cadaveri maggiormente compatibile con la rapida penetrazione del gas) che orienta più facilmente verso la tesi del confinamento.”
Qui è folgorante la distanza che separa la sentenza dalla legge; lo scrivono loro stessi, i giudici, che è inspiegabile come il gas abbia raggiunto naturalmente le due morte, e quindi, oltre a tutte la altre ragioni che sgorgano impetuose dai fatti, purché li si voglia osservare, c’era lo spazio per seguire la regola del 530/2cpp: “Il giudice pronuncia sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso eccetera.” I fatti, proprio come riportati dai giudici, rendono tanto inspiegabile quanto successo da dare il più ampio credito a una eventualità della difesa: nemmeno Claudia credeva di uccidersi con quei poveri mezzi, era convinta di una sceneggiata per sputtanare Iori, che aveva sposato l’altra.

Cremona 27 11 2014 www.flaminiocozzaglio.info

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