Mar 29 2014

j’accuse sessantanove 29 03 2014

Published by at 10:30 am under cronaca cremonese,Giudici

J’ACCUSE – SESSANTANOVE
L’improvvisata dei processi Dolce & Gabbana a Milano, Torchio a Cremona, m’ha sviato un paio di giorni dalle balle del clan Ornesi contro Iori. Naturalmente è solo un mio giudizio, confortato dalle vagonate di prove della Difesa, perché Massa Pio non ha lasciato scampo a nessuno, anche ai molto più forti di me, col suo, pagina 70: “Gli Ornesi hanno sempre riferito pacatamente i fatti a loro conoscenza ed ogni volta che vi è stato contrasto con le affermazioni dell’imputato si è dimostrato che era l’imputato a mentire.”
Una specie di: “Loro sono Pietro, e sul quel Pietro fonderò la mia sentenza.” Oddio, a voler esser completi, le fondamenta poggiano anche sulla sfera di cristallo….
Bello quel “si è dimostrato”: l’oggettività è di scena, non gli uomini!
Uno dei contrasti più duri è stato sul possesso delle chiavi, indispensabile a Iori, assieme a una montagna di altri elementi, per guadagnare l’etichetta di assassino. Iori dichiara di non averle, per lo stesso motivo della sorella Paola: non mi servivano, andavo in quella casa solo quando c’erano Claudia e Livia. Oggettivamente, conclude la Corte, il motivo di Paola è esatto, quello di Iori no. Tremenda quell’oggettività, sapesse di essere tirata di qua e di là secondo le esigenze del più forte, chiederebbe al buon Dio di toglierla dal creato e di mettere al suo posto Brenno: guai ai vinti!
Grazie alla chiave gli Ornesi, che per amore della verità hanno infangato la memoria di Claudia per l’intero processo, sono riusciti a incastrare Iori a Capodanno 2011, pagina 70; finiti i convenevoli della festa più pazza dell’anno, il mostro abbandonava la moglie e i figli per entrare “a notte fonda spaventando Claudia che dormiva profondamente”: e la sventurata aprì le gambe!
Non prendere me per insensibile, lettor critico, non hai idea di quanto mi pesi riportare le parole dei suoi parenti trascritte in una sentenza, quando per la Corte, che non aspettava altro, era sufficiente testimoniare: Claudia ci ha detto che aveva le chiavi. No, non bastava, in stile persecutorio più adatto a processi di altri regimi, non basta sforzarsi di far condannare il nemico, bisogna distruggerne l’immagine, traditore della Patria! anche a prezzo di distruggere assieme l’immagine della propria cara con un’aggiunta del tutto irrilevante per l’esito voluto!
Tra tutti i 365 giorni dell’anno Iori abbandona la famiglia proprio quello, tanto per farsi notare prima di tutto da loro. La balla, se aspira a un’esistenza dignitosa, oltre che affascinante deve poggiare su elementi concreti plausibili, cari Ornesi, cara Corte, caro Massa Pio suo interprete. Non andava bene il due gennaio, figuriamoci.
La verità tra gli Ornesi e Iori sulla chiave; non c’è solo il contrasto tra loro: enorme e grave dal punto di vista processuale divampa quello tra Paola Ornesi e la Corte. Ho ricordato un mare di volte quel che successe in Aula: Paola depone di aver la copia perché l’originale l’ha Iori, la Difesa chiede e ottiene il parere del fabbricante che dice i tre originali in possesso degli Ornesi. Rinvio per falsa testimonianza? macché, la si richiama per la deposizione riabilitativa. Di cui Massa Pio scrive così nel paragrafo dedicato alla chiavi, pagine 67/71:
“Ornesi Paola dal canto suo ha riferito che i suoi ricordi erano di aver fatto la duplicazione di tre chiavi ma di non essere sicura, a distanza di tre anni, della circostanza e quindi non poter escludere che la duplicazione abbia riguardato solo le altre chiavi ma non quella dell’appartamento.”
Gli Ornesi sono sempre obiettivamente esatti e sinceri, mai però quanto il Giudice nell’esercizio delle sue funzioni, in nome del popolo italiano.

Cremona 29 03 2014 www.flaminiocozzaglio.info

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