Set 24 2021
cremonesità-centoventisette 24 09 2021
CREMONESITA’ – centoventisette
Umano, troppo umano, verrebbe a dire con Nietzsche, il racconto magistrale di Gilberto Bazoli su www.cremonasera.it…..
Francoforte 24 09 2021 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com
—Voltido, quel soldato ungherese “nemico” morto a Voltido nel 1919, assistito da due samaritani italiani. Il sindaco ricostruisce la storia
Un
altro al posto suo avrebbe lasciato perdere. Invece Giorgio
Borghetti,
68 anni, sindaco di Voltido, ingegnere in pensione con l’hobby della
pittura e una passione divorante per la storia, ha voluto andare sino
in fondo e risolvere il ‘giallo’: chi era quel soldato dell’esercito
austro-ungarico deceduto in circostanze misteriose nel municipio del
piccolo paese circondato dai campi e bagnato dal canale
Delmona?
Borghetti, qualche tempo fa, aveva deciso di scrivere un
libro sui caduti, in combattimento o per malattia, di Voltido nella
Prima Guerra mondiale: 65 dei 1.200 abitanti e su 240 giovani di
leva.
“Sono andato al piano di sopra, nell’archivio comunale. All’inizio non sapevo dove sbattere la testa, non trovavo nulla”. Poi, dai grandi volumi con la copertina nera, i primi lampi di luce. “Frugando tra i registri degli atti di morte dal 1915 agli anni successivi è spuntato un cognome molto strano”. Era quello di Miklòs Tavassy, caporale ungherese che prima di arruolarsi faceva il macellaio, un prigioniero di guerra spirato, come si legge nel certificato, il 4 febbraio 1919 nella casa comunale di Voltido.
“Il conflitto era finito da tre mesi ma Miklòs era ancora qui. Non ci è dato sapere perché ma una cosa è sicura: era ospitato nel nostro municipio e con lui c’erano due soldati italiani che hanno fatto da testimoni del suo atto di morte”. Si tratta di Battista Marchini, 23 anni, di Orzinuovi (Brescia) e Fiorentino Degli Alberti, 24, di Varzi (Pavia). Entrambi contadini tornati dal fronte.
“Mi
sono chiesto dove fosse morto il loro commilitone ungherese. In
Comune c’è uno scantinato che presto svuoteremo della terra e
dell’acqua: il luogo potrebbe essere quello. Miklòs era un
prigioniero di guerra. Meglio, un ex prigioniero. Non c’è da
stupirsi: i campi di concentramento di quel conflitto erano
tantissimi e poteva essercene uno anche da queste parti. Quei tre
ragazzi, l’ungherese e i due lombardi, condividevano la stessa stanza
e si stavano aiutando in attesa di separarsi per tornare nelle loro
case. Sono convinto, anche se non ci sono le prove, che Battista e
Fiorentino abbiano assistito Miklòs, da pochi mesi non più loro
nemico, sino alla fine. Lo lascia supporre il fatto che i testimoni
per redigere l’atto di morte siano stati proprio loro e non, come
succedeva quasi sempre, il fabbro e l’oste del paese, facilmente
reperibili. La pace era tornata, mi piace pensare che la solidarietà
e la compassione avessero ripreso il loro posto. Il militare
straniero se n’è andato lontano dai suoi cari, ma ha incontrato
quella coppia di samaritani”.
Il sindaco ha inondato di lettere
i diplomatici ungheresi in Italia per ricostruire la storia del loro
concittadino. Il consolato magiaro si è mobilitato disponendo una
ricerca presso gli archivi dell’Istituto e Museo di Storia della
Guerra di Budapest.
Ne
è scaturita una risposta dettagliata: “Il
caporale è nato a Miskolc il 12 agosto 1896. Padre: Rezsò Tavasy
(di confessione augustana); madre: Vilma Szlavkovszky (di confessione
luterana). Nel 1915 il figlio è stato arruolato nell’esercito regio
ungherese. E’ stato inserito nella 10a fanteria dal 1916. Durante il
suo servizio presso il 3o battaglione mitraglieri, fu decorato, per
il suo atteggiamento eroico, della medaglia di bronzo al valore
militare il 24 novembre 1917”. Postilla: “Purtroppo il nostro
ufficio ausiliare presso l’Archivio di Storia bellica di Vienna non
ha trovato informazioni sulle circostanze della sua cattura”.
Riprende Borghetti: “Probabilmente
venne sepolto a Voltido ma nella cartografia datata 1940 del cimitero
del paese il suo nome non compare. E’ possibile che sia stato esumato
e traslato nell’ossario comune”. Il sindaco ha indagato anche sui
suoi due amici italiani, avversari di un tempo. Mentre non sono
arrivate risposte su Battista, il Comune di Varzi ha fatto sapere che
Fiorentino è spirato nel 1966. “Una sua parente ha detto che aveva
un figlio, Antonio, contadino come il padre. Diventato partigiano,
Antonio è stato preso dai tedeschi e deportato a Mauthausen, da dove
non è più tornato”.
E
così molti tasselli dell’avvincente ‘giallo’ di Miklòs si sono
incastrati. Voltido lo ha adottato: il suo nome è stato scolpito
sulla lapide di marmo, scoperta nel novembre scorso al cimitero,
accanto ai 17 caduti durante la Prima Guerra mondiale nati in paese
ma emigrati altrove e per questo non inseriti nell’altro monumento,
quello addossato alla facciata comunale e da poco restaurato, opera
di Aldo
Balestreri,
scultore sordomuto di Solarolo Rainerio.
Il console generale ungherese, Jeno Csiszàr, ha ringraziato Borghetti “per la sua infinita gentilezza ed umanità con le quali si è impegnato per commemorare anche il nostro giovane caporale”. Parole simili dall’ufficio del sindaco di Miskolc: “Apprezziamo molto i suoi sforzi che preservano la memoria delle vittime della Grande Guerra e la ringraziamo per aver ricordato il soldato nato qui e morto lì. Sfortunatamente non abbiamo trovato elementi utili per risalire a suoi parenti e non abbiamo una sua fotografia”.
Perché ha fatto tutto questo? Il sindaco si schermisce e cita i ‘Sepolcri’: “Celeste dote negli umani per cui si vive con l’amico estinto e l’estinto con noi”. Per poi aggiungere: “Come ingegnere, cerco di andare al cuore, alla fonte delle cose. Da foscoliano, credo che l’esistenza non possa essere solo presente e futuro, ma voglio anche immaginare chi ci ha preceduto e unirmi a lui”
Leave a Reply
You must be logged in to post a comment.