Gen 14 2020
la legge del più forte-millequattrocentosettantacinque 14 01 2020
LA LEGGE DEL PIU’ FORTE – millequattrocentosettantacinque Il racconto, preso dalla pagina facebook dell’amico Fabio Cammalleri, avvocato di Catania uso a combattere contro l’ingiustizia, ovunque alloggi, è tanto inverosimile che non mi offendo se un lettore fatichi a crederlo davvero successo….
—A
CHE SERVE L’IMPUGNAZIONE DELL’IMPUTATO, A CHE SERVE
L’IMPUGNAZIONE DEL PM. E CHI NON PAGA I COSTI DELLA
(IN)GIUSTIZIA.
UN ESEMPIO.
Quelli che presentano il diritto di impugnazione dell’imputato
come un trastullo a costo zero, e quello del PM come un dovere, sono
bugiardi. E meritano la considerazione e il rispetto che si devono ai
bugiardi. Tutto qui. Ecco l’esempio. “Un padre e una
madre, lui fuochista in un’azienda che produceva ceramica, lei
maestra d’asilo, devono aprire la porta della loro casa a uomini
che entrano con la forza: pretendono che i loro figli, quattro, siano
svegliati. Dormono: sono bambini, la minore ha tre anni, la maggiore
undici. E sono le cinque del mattino. Li portano via. Non li vedranno
mai più.
Non siamo in Cile, nei giorni
immediatamente successivi al golpe di Pinochet. Né nell’Argentina
dei desaparecidos. Né in Cambogia, quando il suo primo ministro
Saloth Sar, in arte Pol Pot, fra le altre pregevoli iniziative, ebbe
quella di sottrarre i figli ai genitori, per educarli al nuovo stato
socialista. No, no. Siamo in Italia, a Bassa Finalese, frazione di
Finale Emilia, provincia di Modena. Italia colta, civile e ricca. Ma,
purtroppo, anche lì c’è questa magistratura. È il 16 Novembre
1998, e siamo a casa di Delfino Covezzi e Lorena Morselli.
Il Tribunale
per i Minorenni, con provvedimento provvisorio aveva disposto il
*prelievo*. Qualche mese prima, i Servizi Sociali avevano ascoltato
da due bambini problematici di cui una, di otto anni, formalmente
psicolabile, un racconto fantastico. In questo racconto c’erano,
alla lettera, “orchi”.
Poi c’erano delle “messe” al cimitero, di sera
o anche in pieno giorno, dirette da un prete, Don Giorgio Govoni. In
queste riunioni si lanciavano “dei bambini” in aria, che poi
cadevano e, “forse morivano”; si facevano delle cose nudi, i
bambini venivano decapitati e gettati nel fiume Panaro dal prete
stesso; i bambini affluivano da alcune famiglie povere del paese, in
cambio di “utilità” (anche l’aria è utile); condotti, anzi
portati, su un pulmino parrocchiale; un fotografo poi, delle messe,
presto qualificate dai pubblici ministeri “riti satanici”, traeva
anche un book da rivendere, per i più curiosi. Ah già, dimenticavo:
perché, naturalmente, Satana vuole le orge. I
bambini di Delfino e Lorena erano stati sequestrati per “omessa
vigilanza”: avrebbero assistito alle orge sataniche. Non verranno
mai ascoltati dal magistrato sul fatto nel quale, secondo Maria, la
loro cuginetta di otto anni psicolabile, sarebbero stati coinvolti.
Dopo quattro mesi, il
caso arriva in Parlamento, da qui al ministro della Giustizia, che
chiede al Tribunale di uscire, entro sette giorni, dalla condizione
“provvisoria” in cui erano precipitati i Covezzi: che non erano
nemmeno indagati. L’ultimo giorno dell’ultimatum, dopo un
colloquio con la psicologa dei Servizi Sociali, la maggiore dei
piccoli Covezzi afferma di esser stata violentata da Delfino,
presente la madre, che osservava indifferente.
Il giorno stesso, i Covezzi ricevono un avviso di garanzia. Per
celebrare la puntualità del ricordo. Il Ministro Diliberto chiude
soddisfatto la faccenda della provvisorietà. Ad un anno dal
*prelievo*, i bambini più grandi cadono preda di allucinazioni:
vedono papà e mamma dovunque. I genitori, a cui il particolare viene
riferito, perché loro non possono avere contatti con i loro bimbi,
chiedono al Tribunale per i minorenni di sottoporli ad una visita. Il
Tribunale nega. A
questo punto, la bambina maggiore aggiunge anche di essere stata
violentata dal nonno Morselli (padre della madre) e dagli zii, con
una frasca di quaranta centimetri, in un boschetto adiacente la
scuola, prima di prendere lo scuolabus. Nonno e zii, si accerta,
abitano a 85 chilometri da lì, e non potevano essere presenti quando
la bambina (che continuava a non essere curata) se li era immaginati.
Già il GIP, durante l’indagine, aveva
rilevato che le consulenze tecniche ginecologiche e psicologiche del
Pubblico Ministero erano destituite di qualsiasi fondamento
medico-biologico. Dei colloqui avuti con i Servizi Sociali, nessuna
documentazione: né cartacea (verrà affermato che i verbali, no: gli
“appunti”, erano andati “smarriti”) né video. Il fiume,
dragato al costo di 280 milioni, non restituirà nessun corpicino, nè
integro nè decapitato.
La bambina, nel frattempo divenuta “abusata
centinaia di volte”, risulterà vergine. Il boschetto del nonno e
degli zii (arrestati), “inesistente”. Nonostante tutto questo, il
Tribunale condannerà a 12 anni Delfino e Lorena (2002).
La Corte di Appello assolverà loro e
gli altri, censurando duramente sia le consulenze del Pubblico
Ministero che i “colloqui” con gli psicologi dei Servizi Sociali
(2010). Sono passati otto anni dalla prima sentenza, dodici dal
blitz, e una decisione della Corte Europea per violazione dei diritti
della difesa. Il
Pubblico Ministero, imperterrito, impugnerà in Cassazione, che
ordina (2011) un nuovo processo in Corte di Appello. Conferma
dell’assoluzione (2103). Nuovo ricorso in
Cassazione del Pubblico Ministero. Questa volta, nel 2014, dopo
sedici anni, l’assoluzione è definitiva. Per tutti. Anzi no.
La madre di Maria, la bambina
di otto anni psicolabile, e cognata di Lorena, è morta in carcere a
36 anni. Don Govoni, è morto d’infarto, un anno dopo l’apertura
dell’inchiesta. Delfino Covezzi, invece, se n’è andato nel 2013.
Valeria, Enrico, Paolo e Agnese, i bambini prelevati quella mattina,
per sette anni non hanno potuto vedere i genitori; convinti di essere
stati abbandonati, non li hanno più voluti reincontrare.”
Francoforte 14 01 2020 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com
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