Dic 11 2017

la legge del più forte-settecentoventicinque 11 12 2017

Published by at 7:32 pm under costume,cronaca cremonese,cronaca nazionale,Giudici

LA LEGGE DEL PIU’ FORTE – SETTECENTOVENTICINQUE Dal Dubbio on line, che secondo me qui fa un po’ il furbo; è chiaro che l’ultima parola spetta sempre al giudice, peritus peritorum, che non si sostituisce al medico diventando lui stesso medico, deve solo spiegare perché non accetta la sua perizia. Come in tutti gli altri casi, di cui è zeppo l’intero procedimento Iori; il più clamoroso, l’autopsia dice: intossicazione acuta da Xanax e i giudici, tre Corti di fila! traducono con una spruzzatina in un bicchiere, che non causerebbe mai quell’effetto; ma va bene anche il Dna, che i consulenti trovano in posti che scagionano Iori e i giudici stabiliscono qualcuno l’abbia spostato; o la pastiglia vomitata da Livia, che da Crema arriva a Milano in briciole, corrosa dagli acidi gastrici, e i giudici decidono che le briciole son causate dall’incuria della Scientifica nel trasporto; e via dicendo. Capisco che la perizia medica faccia più spettacolo ma il problema grave e diffuso è il giudice che non tien conto, a volte neppure risponde, di ciò che argomentano gli avvocati. Ricordo il commento di Franco Coppi, dopo aver letto i motivi usati dalla Cassazione per la condanna definitiva di Berlusconi: ho parlato due ore e mezzo per niente, oggi mi accorgo che non mi hanno nemmeno ascoltato. —L’ultima parola spetta sempre alle toghe. Anche per quanto riguarda gli aspetti sanitari. Il rigetto da parte del Tribunale di sorveglianza di Roma dell’istanza presentata da Marcello Dell’Utri, finalizzata al riconoscimento dell’incompatibilità del regime carcerario per motivi di salute, ha messo in evidenza un’altra “particolarità” del sistema giudiziario italiano. Dell’Utri, in carcere ormai da oltre tre anni, aveva presentato ad aprile un’istanza di sospensione della pena per motivi di salute. L’ex senatore di Forza Italia, 76 anni compiuti, da tempo cardiopatico e con una grave forma di diabete, è affetto anche da un adenocarcinoma prostatico. Patologie che per i suoi medici lo rendono incompatibile con il regime detentivo. Incompatibilità sottolineata anche dal medico del carcere che in due relazioni ha evidenziato come a Rebibbia non sia possibile praticargli cure e terapie necessarie. In vista dell’udienza che doveva decidere sull’istanza, il sostituto procuratore generale della Capitale Pietro Giordano aveva nominato due consulenti affinché effettuassero una perizia sul suo effettivo stato di salute. Anche questi medici erano giunti alle medesime conclusioni dei colleghi: le condizioni di Dell’Utri sono incompatibili con il carcere. Il pg, però, nel parere aveva deciso di non tenere in alcun conto della relazione presentata dai suoi consulenti. Dello stesso avviso, giovedì scorso, il Tribunale di sorveglianza. Il motivo è semplice: il giudizio di compatibilità con il carcere spetta sempre al magistrato. Che quindi, in casi come questo, si “sostituisce” ai medici, diventando lui stesso medico. Per i giudici, infatti, le patologie cardiache e oncologiche di cui Dell’Utri soffre, «sono sotto controllo farmacologico e non costituiscono aggravamento del suo stato di salute. La terapia può essere effettuata in costanza di detenzione sia in regime ambulatoriale che di ricovero ospedaliero». Nel provvedimento il Tribunale descrive un «quadro patologico affrontabile in costanza di regime detentivo. La pena può assumere il suo carattere rieducativo non prestandosi a giudizi di contrarietà al senso di umanità», ha poi aggiunto il collegio.
Cremona 11 12 2017 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com

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