Mag 26 2017

la legge del più forte-cinquecentotrentatre 26 05 2017

Published by at 8:45 pm under costume,cronaca cremonese,cronaca nazionale,Giudici

LA LEGGE DEL PIU’ FORTE – CINQUECENTOTRENTATRE Seguito dell’intervista al Dubbio on line; risponde Antonio Sangermano, vicepresidente dell’Associazione nazionale magistrati. –Intanto ci sono casi in cui il colloquio con il legale finisce persino sui giornali: vuol dire che la giustizia penale è una guerra e ogni mezzo è lecito? Guardi, parte integrante della professionalità, della credibilità e della correttezza deontologica di un magistrato è la consapevolezza dei propri limiti, e naturalmente parlo in astratto e per tutti. Siamo nel pieno della definizione di rigore professionale. Che non è solo energia nella ricerca della prova ma appunto anche rispetto dei limiti. In particolare di fronte alla tentazione di inseguire la prova ad ogni costo.————- Il Dubbio on line, per via della “definizione di rigore professionale”, ha pubblicato pochi giorni fa un pezzo che racconta di un giudice sardo davanti al Consiglio superiore della magistratura: ha passato la settima e ultima prova, e ottenuto la conferma in servizio, con qualche voto a contrasto, perché, mediamente, depositava le motivazioni con ritardi medi da un anno e mezzo in su, fino al record di sei anni! –Non sempre questo rigore prevale? Posso dire che in fatto di garanzie i pubblici ministeri non dovrebbero prendere lezioni da nessuno, neppure dagli avvocati. E che nel momento in cui un pm viene anche solo percepito come proteso a forzare la regola in nome dell’esito processuale, arreca un danno immenso all’intera categoria. Proprio perché costituiamo un potere diffuso i comportamenti di ciascuno di noi hanno conseguenze per tutti gli altri magistrati—————– Evidente esistano gli unti dal Signore, che non dovrebbero prendere lezioni da nessuno, men che meno dagli avvocati. Mi tocca ancora una volta tornare al caso Iori, vero abecedario dei processi reali, non quelli chiacchierati dai Davigo. Una delle tante sfere di cristallo: sul tavolo delle povere morte restano i contenitori di 95 pastiglie di Xanax, ma nessun giudice, nei tre processi, ardisce scrivere che Iori, chirurgo esperto, abbia dato alle vittime le pastiglie; due strade, la vincente è che in realtà Iori abbia lasciato i contenitori per….. motivi da spiegare, ma che abbia rifilato gocce che però, contrastando con l’autopsia che decide per intossicazione acuta, diventano una spruzzatina. Più poetica, e di alto rigore professionale l’altra strada. Premessa: secondo tutti i giudici fino alla Cassazione, Maurizio Iori, chirurgo esperto, pochi giorni prima del delitto ha consultato con gran cura internet per capire se lo Xanax fosse lo “storditore” adatto per l’assassinio che si accingeva a compiere; quindi, ammesso non lo sapesse fin da prima, avrà scoperto che lo Xanax è venduto sia in pastiglie che in gocce. Bene, l’altra strada, dipinta come non remota, prevede che Iori invece delle gocce abbia usato le pastiglie, comprando un mortaio per sminuzzarle e renderle equivalenti alle gocce. Secondo Antonio Sangermano i pubblici ministeri, e immagino anche i giudici, non dovrebbero prendere lezioni da nessuno, neppure dagli avvocati. Evviva!
Cremona 26 05 2017 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com

No responses yet

Trackback URI | Comments RSS

Leave a Reply

You must be logged in to post a comment.