Feb 12 2020
la legge del più forte-millecinquecentotre 12 02 2020
LA LEGGE DEL PIU’ FORTE – millecinquecentotre E’ curioso ancora una volta notare che chi di professione arriva a dare l’ergastolo, agli altri, per sé non accetti nemmeno la minaccia di un provvedimento disciplinare, nemmeno per processi alla Tortora!
—È
importante il blocco della prescrizione e non è irragionevole
distinguere tra condannati e assolti. E questo il primo giudizio
dell’Anm che, a Repubblica, dà il segretario Giuliano Caputo, pm a
Napoli e toga di Unicost.
-Come
giudica il nuovo accordo?
–Intanto
io non “giudico” quelle che per ora sono solo intese
politiche poiché non ho in mano un testo. Ma, in linea di principio,
per quello che leggo sui giornali, il blocco della prescrizione per i
soli condannati in primo grado coincide con quello che ha proposto
l’Anm.
–È
favorevole al nuovo lodo Conte, cioè una prescrizione che viene
recuperata se il condannato è assolto in appello?
–Sarebbe
una scelta politica. Posso solo dire che se in primo grado non c’è
il blocco della prescrizione per chi è assolto, non è irragionevole
prevedere un trattamento analogo anche per chi viene assolto in
appello.
–Condivide
che chi viene condannato per la seconda volta si veda bloccata
definitivamente la prescrizione?
–Ovviamente
se la prescrizione è stata bloccata dopo la condanna in primo grado
va da sé che non possa correre di nuovo dopo una seconda condanna,
perché questo sarebbe davvero irragionevole.
–Le
Camere penali e Renzi parlano all’opposto di una strada “devastante”
soprattutto perché il condannato in primo grado potrebbe attendere
degli anni prima di veder fissato il processo.
–Ma
questa è un’altra questione, attiene appunto ai tempi dei processi.
Problema attualissimo, non certo ora ma da sempre, sul quale l’Anm
tante volte ha sollecitato il governo a intervenire. Però bisogna
stare attenti a non sovrapporre questioni differenti: la prima è il
principio, presente in tutti gli ordinamenti giuridici simili al
nostro, del blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo
grado; la seconda riguarda i tempi del processo sui quali c’è ancora
molto da lavorare. –Lei
può garantire a nome dei suoi colleghi che esista un serio interesse
della magistratura a fare giustizia in tempi rapidi?
–Qui
lo posso dire io, ma lo dicono soprattutto le statistiche sulla
produttività delle toghe italiane. E non c’è alcun bisogno di
minacciare sanzioni disciplinari. Detto questo servono investimenti
in uomini e mezzi e delle serie e significative riforme del processo
che eliminino i tempi morti senza sacrificare le garanzie. Che, sia
chiaro, stanno a cuore innanzitutto ai magistrati.
–È
un fatto però che i processi sono lunghi. Non c’è il rischio che
con la minaccia di un disciplinare ne vadano di mezzo le
garanzie?
–Proprio
per questo sarebbe una soluzione sbagliata, oltre che un messaggio
ingeneroso di sfiducia per tutti noi, pensare di scaricare tutto sui
giudici che sono attenti alla qualità della risposta giudiziaria.
–Ma
la distinzione tra condannati e assolti non rischia di penalizzare
chi, per un errore giudiziario, viene condannato?
–Non
sembra irragionevole distinguerete posizioni di chi è stato
condannato oppure è stato assolto anche in secondo grado. L’ultima
parola, come sempre, spetterà alla Consulta.
Francoforte 12 02 2020 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com
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