Mar 31 2023

un gran caldo 31 03 2023

Published by at 9:24 am under Pubblica Amm.ne

UN GRAN CALDO

Una storia da leggenda, che viviamo oggi, la siccità, e fa bene Beatrice Ponzoni per conto di www.cremonasera.it a illustrarla com dio comanda….

Francoforte 31 03 2023  flcozzaglio@gmail.com

—Nel Paese è crisi idrica, il sistema richiede profondi cambiamenti. Abbiamo fatto il punto con il Professor Marcello Duranti prossimo importante ospite della Fiera del libro di Cremona domenica.

Il 2023, secondo Coldiretti, è fino ad oggi l’anno più caldo di sempre. I dati del Cnr rilevano  come a gennaio e febbraio si sia registrata una temperatura di 1,44 gradi più alta rispetto alla media storica. Il Nord Italia continua a soffrire con precipitazioni scarse rispetto al primo bimestre dell’anno, con un 30% di pioggia in meno rispetto al 2022. Il Po è in affanno e non è migliore la situazione dei grandi laghi con una percentuale di riempimento del 19% per il lago di Como, 36% del lago di Garda e del 40% del lago Maggiore.

Abbiamo intervistato Marcello Duranti, Professore ordinario di Biochimica presso il Dipartimento di Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l’Ambiente dell’Università degli Studi di Milano. Già docente di Biochimica e biologia cellulare e molecolare per il corso di laurea in Biotecnologie vegetali, alimentari e ambientali, di cui è stato presidente. Nella sua carriera accademica ha pubblicato numerosi articoli scientifici, volumi di divulgazione scientifica e testi universitari.

Si è appassionato alla narrativa dopo un cammino in solitaria che lo ha portato da Trieste a Montecarlo lungo tutto l’arco alpino.

In seguito a questa suggestiva esperienza ha pubblicato un insolito ed avventuroso resoconto dal titolo “Sulla Via Alpina-Diario con giallo”, seguito da altri due romanzi “La Libreria” e “La cordata”, dai quali emergono la sua passione ed il desiderio di conoscenza per i segreti della natura e dell’ambiente che ci circonda.

Conclusa la carriera universitaria si è trasferito tra i monti dell’Alta Valcamonica ed alterna il cammino nei boschi alla scrittura. Il suo ultimo lavoro: “Acqua – Una storia fantastica”, pubblicato da Bookabook Narrativa, farà tappa a Cremona domenica 2 aprile, alle 17.30 presso Spazio Comune, per l’appuntamento con la Fiera del Libro, organizzata da Claudio Ardigò in collaborazione con il Comune di cremona, in cui dialogherà con Davide Persico, professore del dipartimento di scienze Chimiche, della Vita e della sostenibilità Ambientale presso l’Università di Parma, direttore del museo di storia naturale di Parma e Sindaco di San Daniele Po; modererà l’incontro la giornalista Beatrice Ponzoni. Prossima avventura?! Un cammino alla scoperta della Via Francigena Toscana. (r.c.)

-Professore, qualche giorno fa l’ONU ha lanciato un nuovo allarme di crisi idrica imminente. Qual è la situazione dei nostri fiumi?

E’ importante che le istituzioni mondiali facciano proprie le grandi criticità che affliggono questi primi decenni del nuovo millennio. Ma naturalmente non basta. Ci si deve (pre)occupare anche a livello nazionale e locale. Aggiungerei anche individuale, con comportamenti responsabili. Quanto ai fiumi del Nord del Paese questi sono in sofferenza carenziale acuta, mentre quelli del Sud sono troppo esposti alla variabilità del clima e all’incostanza delle precipitazioni.  

-Professore, lei vive la montagna a strettissimo contatto con la natura, quali sono i cambiamenti che la preoccupano maggiormente? I ghiacciai stanno scomparendo. Cosa ci sta dicendo la montagna?

Si è sempre detto che le terre alte sono territori fragili che andrebbero protetti e questa fragilità è acuita dallo spopolamento. Ma non si è mai investito con convinzione su questi luoghi per invertire la tendenza e trasformarli da debito a risorsa. Succede un po’ adesso; forse perché la crisi climatica e nello specifico quella idrica che la montagna ha sempre scongiurato, si fa pesante non tanto quassù, ma soprattutto nelle grandi pianure. E’ angoscioso veder morire i ghiacciai, ma sono ancor più gravi le conseguenze globali di questo fenomeno. 

Se ne parla molto ma, spesso, in modo non corretto. Quali sono le cause della crisi idrica che stiamo, di fatto, già vivendo? La Lombardia, in particolare, è sempre stata definita una delle regioni più ricche d’acqua. Per il territorio lombardo passano centinaia di fiumi e torrenti, il più rilevante è sicuramente il Po che attraversa Cremona. Il nostro Grande Fiume però ci preoccupa. Cosa ne pensa del suo nuovo aspetto?

La pianura padana è sempre stata ricca di acqua, alimentata per millenni dalle piogge, dalla neve e dai ghiacci e “stoccata” nelle falde o distribuita in superficie dai fiumi. Oggi le precipitazioni scarseggiano e il volano dei ghiacciai non funziona più a dovere. La condizione dei nostri fiumi più grandi, ma anche, ovviamente, dei torrenti di montagna che convogliano l’acqua a valle è penosa. Le infrastrutture che hanno a che fare con l’acqua sono state pensate e create in epoche in cui la scarsità idrica nel nord del Paese non era nemmeno immaginabile. Dobbiamo fare i conti con questa nuova realtà ed attrezzarci per tempo e per quanto è possibile.

-Si parla molto di interventi volti a ridurre le perdite idriche, digitalizzare le reti, realizzare nuovi invasi, cosa ne pensa?

Se è vero, come dicono, che quasi la metà dell’acqua convogliata negli acquedotti e nelle altre vie dell’acqua viene persa, è evidente che si deve cominciare da lì. Certamente le moderne tecnologie possono aiutare; tuttavia occorre una strategia, direi una politica complessiva negli interventi, ma che abbia effetti positivi anche nel locale. Insomma una programmazione che purtroppo spesso al nostro paese manca o è insufficiente. Sugli invasi si sentono opinioni molto discordanti. Credo che sia difficile generalizzare. Probabilmente in alcuni luoghi hanno un senso, in altri meno. Certamente non li userei in montagna per l’innevamento artificiale delle piste!

-Altra riflessione riguarda il settore agricolo. L’agricoltura assorbe circa il 50% dell’acqua dolce prelevata dall’ambiente. Ciò porta a pensare che ogni azione di adattamento e mitigazione non può prescindere da un ripensamento sulle colture nel nostro territorio. Possiamo ancora permetterci varietà o colture ad elevato fabbisogno di acqua?

Esatto. Questa riflessione si ricollega alla domanda precedente. Ricordo, anni fa, l’esternazione di un collega alla Facoltà di Agraria di Milano che, accalorandosi, diceva: “Non vorremmo mica metterci a coltivare l’aloe o le banane in pianura padana!” Non ci siamo ancora ai frutti tropicali, ma forse una riconversione verso colture e metodi colturali meno idrovori ed energivori è ora necessaria.

-L’acqua è alla base per la sopravvivenza di ogni forma di vita. Una risorsa preziosa e scarsa. Non è solo l’Europa ad avere vissuto un anno particolarmente siccitoso. Una situazione simile si è verificata nei Paesi del nord Africa ed in Cina. Paesi come la Corea del Sud ed il Pakistan sono stati colpiti da alluvioni. Situazioni contrastanti ed opposte. Quale segnale rappresenta questo tipo di fenomeni così differenti?

Nessun paese è al riparo dai danni provocati dagli eccessi climatici. E questi, come si sa, determinano anche le crisi umanitarie, le migrazioni ed altri fenomeni che preferiremmo non vivere, per lo meno non in modo così drammatico. Che si voglia attribuire di più la responsabilità alle attività umane o alle variazioni naturali del clima del pianeta, poco importa. Quello che importa è ciò che sapremo fare da subito e nei decenni a venire per mitigarne gli effetti. E’ in gioco la sopravvivenza della nostra specie, per lo meno nei modi a cui siamo stati abituati da almeno un paio di secoli.

-Cosa possiamo fare per contrastare questo processo? Quale messaggio vuole dare ai nostri lettori?

Non essendo un tecnico del settore, ho difficoltà ad esprimere delle idee propositive sull’argomento. Intanto, ed è un tema che ho affrontato anche nel mio ultimo romanzo, una maggiore consapevolezza globale e individuale verso queste tematiche sarebbe auspicabile. Molti cambiamenti importanti nella storia dell’umanità sono partiti con spinte dal basso e quasi mai calati dall’alto. Paradossalmente le istituzioni che governano le società sono quasi sempre in ritardo e prendono provvedimenti (se li prendono!) ex post, anziché ex ante. Dunque l’azione del singolo è importante, ma poi le svolte socio-economiche e le nuove strategie di sviluppo devono venire a ruota e non possono che essere pilotate dall’alto. Qualcuno parla della necessità globale di una decrescita. A me non piace questa espressione. Parlerei piuttosto di crescita responsabile, in armonia con i contesti socio-ambientali-territoriali e pertanto sostenibile, anzi terapeutica. Non c’è dubbio che l’acqua sarà al centro di questi processi.

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