Apr 30 2022

cremonesita’-trecentoquindici 30 04 2022

Published by at 5:52 pm under Pubblica Amm.ne

CREMONESITA’ – trecentoquindici

Marco Bragazzi di www.cremonasera.it continua a stupire per ls storielle, tutte vere, che racconta. Qui la marcatura al fisico Nobel, con sacchetto di gettoni di telefono che deve usare ogni due ore, si fa con lo stopper, ma siamo negli anni della guerra freddissima, col gelo si opera meglio, e Lodi Rizzini fa buon gioco a cattiva sorte. Se non fosse vero, sarebbe incredibile. Francoforte 30 04 2022 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com 

—Auto piena di microspie del Kgb rubata vicino al Torrione. Il viaggio in Italia del Nobel russo Basov con il fisico cremonese Evandro Lodi Rizzini

All’inizio dell’autunno del 1977 a Cremona venne rubata una macchina. Il veicolo, di proprietà del fisico ed accademico cremonese Evandro Lodi Rizzini, era parcheggiato vicino al Torrione, quel piccolo pezzo del Castello di Cremona rimasto in piedi per ricordare come, in quella zona, vi fosse una struttura a difesa della città. Nella tranquilla Cremona il furto di un’auto è cosa rara ma non passa totalmente inosservato, per cui la notizia avrebbe dato comunque origine ad un paio di righe all’interno della cronaca locale mentre allo sfortunato proprietario sarebbe rimasta tutta la burocrazia necessaria per denunciare il reato.

Questo fatto di cronaca nera per fortuna poco drammatico era, invece, l’ultimo atto di una storia unica e strabiliante, una storia da film raccontata dal Prof. Lodi Rizzini e in grado di far impallidire anche scrittori come John Le Carrè o Ken Follet. Nel settembre del 1964, a Stoccolma, si svolse la cerimonia di consegna dei premi Nobel, fu una edizione incredibile sotto ogni punto di vista: l’attivista statunitense Martin Luther King si vide assegnato il Nobel per la Pace e Jean Paul Sartre, scrittore francese, non si presentò alla cerimonia rifiutando l’ambito Nobel per la Letteratura che avrebbe rappresentato il coronamento per la sua enorme carriera letteraria. In quel periodo la Guerra Fredda era al culmine, la crisi dei missili a Cuba era rientrata da poco, il Presidente John Fitzgerald Kennedy era stato assassinato l’anno precedente a Dallas e il mondo sembrava sul baratro di una guerra nucleare. A Stoccolma, in quel settembre 1964 dal clima fresco ma non freddo, si presentarono a ritirare il Nobel per la Fisica tre scienziati, uno statunitense e due russi, tre scienziati che avevano spiegato come rendere più potente quello che, semplificando per i non addetti ai lavori, è conosciuto come raggio laser. Non è un paradosso il fatto che, durante gli anni più tesi nei rapporti tra Unione Sovietica e Stati Uniti, i ricercatori dei due paesi rivali per eccellenza ricevessero insieme il famoso premio, non è un paradosso perché, come spiega il Prof. Lodi Rizzini, il mondo della fisica non conosce barriere di alcun tipo, siano sociali, politiche o economiche, è un mondo dove gli studiosi dialogano sempre per favorire quella ricerca scientifica che non conosce limitazioni di alcuna natura. I tre fisici, a differenza di Sartre, si presenteranno a ritirare l’ambito premio, lo statunitense Charles Townes si stringerà nella foto  

ufficiale insieme ai russi Aleksandr Prochorov e Nikolaj Basov, colleghi con i quali aveva condiviso idee, informazioni e il Premio Nobel.

Il 31 marzo 1977 il Prof. Lodi Rizzini è in audizione al Parlamento, presso la relativa commissione parlamentare sul nucleare, per chiarire come implementare il sistema di sicurezza e di evacuazione della centrale nucleare di Caorso. L’argomento è presente su tutti i giornali italiani e esteri, infatti la centrale elettronucleare di Caorso ha, fin dalla sua progettazione, creato un enorme dibattito sociale e politico, dibattito che ha seguito, passo dopo passo, la storia dell’energia nucleare in Italia. Quella parlamentare non è l’unica “commissione” alla quale deve partecipare il professore, nel 1977, in virtù dei 150 anni dalla morte di Alessandro Volta l’ateneo di Pavia, dove insegna il cremonese, decide di assegnare 4 lauree honoris causa ad altrettanti scienziati del mondo della fisica. Lodi Rizzini presiede la commissione per l’assegnazione e, dopo una prima cernita dei “papabili”, spuntano 4 nomi tutti legati a paesi occidentali, come presidente il fisico nucleare chiede ed ottiene che uno dei nomi venga cambiato inserendo quello di uno scienziato russo; il nome del prescelto è quello di Nikolaj Basov, già Nobel nel 1964.

Basov lavorava ormai da lustri a Dubna, paese adagiato sul fiume Volga a circa 100 chilometri a nord del centro di Mosca e a Dubna, fin dalla fine degli anni ’40, Stalin aveva voluto creare un centro per la ricerca sul nucleare dove far lavorare i migliori ricercatori del paese. L’invito alle celebrazioni per il comasco Alessandro Volta e per la consegna della laurea honoris causa viene raccolto e accettato da Basov che però mette un paletto, il viaggio in Italia lo avrebbe fatto solo se accompagnato da sua moglie. Il paletto non era da poco, la moglie del Nobel si chiamava Kseniaed era, a tutti gli effetti, una ricercatrice in fisica come il marito, quindi era in grado anche lei di capire e di discutere il lavoro di Nikolaj. Basov aveva ovviamente già viaggiato fuori dall’Unione Sovietica ma praticamente sempre da solo escludendo Stoccolma nel 1964, per cui il viaggio in Italia, che aveva i contorni di un viaggio di piacere più che di un viaggio di lavoro, mise in allerta il KGB, la polizia segreta sovietica.

Siamo nel 1977, la situazione politica in Italia è critica, da quasi un decennio il paese è scosso dagli “anni di piombo” periodo storico insanguinato dal terrorismo, all’estero le cose non vanno molto meglio, il confronto tra il blocco dei paesi occidentali e quelli aderenti al Patto di Varsavia è sempre aperto, gli spiragli per un dialogo profondo e costruttivo non si sono ancora presentati del tutto. Evandro Lodi Rizzini avrebbe accompagnato i coniugi Basov nella loro breve, ma intensa, visita in Italia. L’arrivo di Basov è previsto per il 25 settembre, pochi giorni prima il cattedratico italiano viene contattato da Gennadiy Kryukov, accreditato come consulente scientifico per l’ambasciata russa di Roma. Gennadiy è elegante nei modi, consegna il suo biglietto da visita al cremonese, firmato sul retro quasi come un lasciapassare, ma, in qualità di consulente scientifico, mette anche lui dei paletti per la vista del premio Nobel in Italia. Il percorso italiano dei coniugi Basov è sottoposto a tre vincoli fondamentali e non trattabili in alcun modo; Evandro Lodi Rizzini sarà l’unica persona abilitata per portare in giro la coppia, gli spostamenti dovranno avvenire solo con l’auto personale del cittadino cremonese e, ogni due ore, il cremonese dovrà chiamare un numero di telefono e dichiarare il luogo in cui si trovano gli ospiti russi. Kryukov chiarisce subito che non saranno assolutamente ammessi spostamenti con treni, taxi o mezzi privati di altre persone e di come, inoltre, non saranno consentiti ritardi per gli appuntamenti telefonici. Per fare questo il consulente scientifico consegna al fisico italiano un sacchetto pieno di gettoni telefonici da utilizzare nelle cabine telefoniche pubbliche, quasi a rimarcare il fatto che i costi delle telefonate erano, comunque, a carico della ambasciata russa in Italia. In ogni film di spionaggio che si rispetti l’addetto culturale o il consulente scientifico di una ambasciata risultano, in pratica, degli uomini dei servizi segreti che hanno principalmente altre mansioni, mansioni che possono toccare diverse sfumature. Kryukov, nato in Russia il 18 luglio 1936, non faceva eccezione alla visione cinematografica che tutti conosciamo; che fosse un uomo di punta del KGB in Italia era cosa risaputa ma il suo vero profilo verrà chiarito decenni dopo. La visita di Basov parte da Como il 26 settembre dove, davanti ai suoi colleghi italiani, riceve la medaglia Alessandro Volta per gli studi scientifici effettuati, dopo la città lariana la coppia si trasferisce a Pavia per il conseguimento della laurea honoris causa e, infine, come ogni coppia straniera che si rispetti durante un viaggio in Italia, i Basov chiedono di poter visitare Venezia. Evandro Lodi Rizzini, con la sua macchina e il sacchetto pieno di gettoni telefonici, li accompagna nella città lagunare. Nikolaj è preparato sulla storia artistica e culturale di quel luogo sospeso tra i canali più belli del mondo, conosce i musei e la storia dei palazzi cittadini, Ksenia molto meno.

Dato che per dei cittadini russi una visita a Venezia nel 1977 era cosa rara, la signora Basov costringe gli accompagnatori ad un periplo di Piazza San Marco e dintorni non per ammirare le bellezze architettoniche veneziane, ma alla spasmodica ricerca in tutte le oreficerie presenti in zona di un cammeo che potesse soddisfare le sue esigenze. Vanno bene Canal Grande, il ponte dei Sospiri e il campanile di San Marco ma l’artigianato orafo italiano, per una signora, va ancora meglio. All’inizio di ottobre i Basov, con una medaglia, una laurea honoris causa e un cammeo, tornano in Russia, il Prof. Lodi Rizzini torna al suo lavoro senza macchina dato che, pochi giorni dopo la partenza degli ospiti russi, la berlina si volatizzerà nei pressi del Torrione di Cremona insieme a, come raccontato dal fisico cremonese, tutte le microspie che il KGB aveva di certo installato al suo interno.

Evandro Lodi Rizzini continuerà a viaggiare in Russia per lavoro, senza alcun tipo di problema, negli anni a seguire. A Dubna uno dei massimi ricercatori era l’italiano Bruno Pontecorvo, trasferitosi in URSS nei primi anni ’50, la cui “eredità” nel mondo della ricerca scientifica sulla fisica, sempre nel centro ricerche di Dubna, venne portata avanti dal figlio Gil collega del fisico cremonese. Gennadiy Kryukov, con l’apertura del famoso dossier Mitrokhin e la conseguente Commissione d’inchiesta del Parlamento datata 26 febbraio 2004, risultò essere un agente del KGB destinato, dalla fine degli anni ’70, al reclutamento e alla gestione di persone legate allo spionaggio in Italia. Una storia incredibile quella del viaggio in Italia del Nobel Nikolaj Basov e del suo accompagnatore cremonese, una storia che racconta di come una scienza, la fisica, possa essere strumento di dialogo in grado di superare tante barriere che, spesso, per molti potrebbero risultare insuperabili.

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