Mag 15 2020
la legge del più forte-millecinquecentonovantasei 15 05 2020
LA LEGGE DEL PIU’ FORTE – millecinquecentonovantasei Articolo completo di Repubblica della “specialista” Liana Milella, che giudica le intercettazioni penalmente non rilevanti, e non concordo: dipende da chi è l’intercettato! Consiglio poi il confronto tra i ben diversi stili del sito dell’Associazione nazionale magistrati e dei loro rappresentanti, quando parlano a ruota libera credendo nessuno li ascolti!
—Un’altra “vittima”, e anche questa volta di alto livello, dell’ex pm Palamara per via delle sue intercettazioni. Per giunta in un momento politicamente molto difficile per il Guardasigilli grillino Alfonso Bonafede. È costretto a dimettersi il suo capo di gabinetto, Fulvio Baldi, toga di Unicost, “dopo un colloquio con il ministro della Giustizia”, come recita di buon’ora un comunicato di via Arenula. Alfonso Bonafede nomina ad interim l’attuale capo dell’ufficio legislativo Mauro Vitiello, di Magistratura democratica. Le “colpe” di Baldi? Numerose telefonate, intercettate nell’inchiesta di Perugia per corruzione a carico di Palamara e depositate negli atti in vista dell’udienza preliminare, in cui Baldi parla con l’ex presidente dell’Anm, che lo chiama ripetutamente “Fulvietto”, dei magistrati amici della sua corrente che vorrebbe piazzare al ministero. Conversazioni penalmente non rilevanti, ma politicamente del tutto imbarazzanti. Pubblicate ieri sera sul sito del Fatto quotidiano. Ecco subito le due frasi più…forti. “Fulvietto” risponde a Palamara che gli raccomanda una collega: “Te la porto qua stai tranquillo, perché è una considerazione che ho per te, un affetto che ho per te e lo meriti tutto”. E ancora: “Se no che cazzo li piazziamo a fare i nostri?”.
Prim’ancora di vedere le intercettazioni, inquadriamo la vicenda nelle polemiche di questi giorni. Con il caso Di Matteo e quello delle scarcerazioni ancora aperti, tant’è che la commissione Antimafia ha in programma di sentire Bonafede giovedì della prossima settimana. Ma mercoledì sarà il giorno clou per il ministro della Giustizia, in quanto al Senato andrà al voto la mozione di sfiducia del centrodestra per chiedere le sue dimissioni proprio per questi due casi. A cui adesso si aggiunge la vicenda di Baldi. Ancora ieri, dopo le dichiarazioni di Matteo Renzi e della sua deputata Lucia Annibali durante l’audizione in commissione Giustizia sulle scarcerazioni, era insistente la voce che Italia viva possa votare per far dimettere Bonafede, di cui non ha mai condiviso la linea sulla giustizia, a partire dalla prescrizione.
Ma
vediamo le telefonate tra Baldi, ex sostituto procuratore generale in
Cassazione, e Palamara. Risalgono all’aprile del 2018, subito dopo il
voto di marzo, quando Bonafede è diventato Guardasigilli e deve
costituire al ministero il suo staff. L’ex pm sotto inchiesta per
corruzione a Perugia chiede a Baldi di portare al ministero Katia
Marino, una pm di Modena.
Baldi si dichiara “presente”
e dice di aver parlato subito con Vitiello, già allora capo
dell’ufficio legislativo: “Ho passato il nome, vediamo che cazzo
succede, prima o poi te la porto qua, stai tranquillo perché è una
considerazione che ho per te, un affetto che ho per te, e lo meriti
tutto”. Palamara reagisce con un “va bene” di
soddisfazione.
Ma la faccenda non va per il verso giusto, perché,
secondo quanto riferisce Baldi a Palamara, “Vitiello ha sentito
la ragazza”, ma non l’ha presa con sé. Chiosa Baldi: “Uomini
di malafede i soliti di Magistratura Democratica”. Baldi
riferisce ancora a Palamara che Vitiello gli avrebbe detto
“prenditela tu”. Ma lui non può farlo perché ha già
completato l’organigramma e non ha più posti disponibili. E aggiunge
che l’avrebbe fatto perché “se non ero completo non c’era
nessun problema”.
Come
se fosse un venditore di posti al mercato degli incarichi, Baldi fa
altre proposte a Palamara: “Abbiamo varie strade. Abbiamo
l’Ispettorato, abbiamo il Dap, ma la strada più praticabile a questo
punto è dal 6 maggio la Casola che prende possesso al Dag. È qui
già dal 7 maggio la Casola e può far partire la richiesta insomma”.
Si tratta di Maria Casola, un’altra toga di Unicost,
nominato capo del Dag, il Dipartimento degli Affari di giustizia.
Palamara, dubbioso e diffidente dopo il primo fallimento, replica:
“Ma se la prende lei o no?”. Baldi: “Eh beh, ma la
Casola è nostra ragazzi, gliela indichiamo noi che cazzo, e allora
che cazzo piazziamo a fare i nostri?”. E ancora: “Glielo
dico io tranquillamente, tanto abbiamo tempo fino al 6 maggio, poi
gliela presentiamo, però glielo voglio dire che poi ci sei pure tu
dietro, perché vai rispettato pure tu, glielo diciamo tutti e due
insomma”. Ultima considerazione di Baldi: “Che cazzo,
questa gente deve capire che la ruota gira nella vita”.
A
questo punto, al di là delle dimissioni di Baldi, il Guardasigilli
si troverà sulla graticola per la selezione dell’organigramma al
ministero. Accusato dai suoi avversari di aver portato molte toghe di
Unicost e di aver bocciato l’ex pm di Palermo Nino Di Matteo per il
vertice del Dap. Un organigramma nel quale il capo di gabinetto
riveste un ruolo molto particolare poiché a lui giungono anche tutte
le richieste di azione disciplinare poi smistate agli uffici
competenti.
Evidentemente Baldi, leggendo le sue stesse intercettazioni, non ha percepito subito la gravità delle sue considerazioni sul piano della trasparenza. Sempre per le conversazioni con Palamara si era dimesso a giugno 2019 il procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio, detto “Fuzietto” da Palamara. Vezzeggiativi che, uno dopo l’altro, stanno decimando la corrente di Unicost.
Francoforte 15 05 2020 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com
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