Ott 24 2015

j’accuse-seicentoquarantadue 24 10 2015

Published by at 11:33 am under cronaca cremonese,Giudici

J’ACCUSE – SEICENTOQUARANTADUE
Prima dell’analisi dei singoli punti deboli, Bontempi e Frigo continuano il ripasso generale; adesso, un tocco al movente:
“Ed è stato per consolidare una convinzione basata su valutazione di mera probabilità che la Corte d’Assise di primo grado ha avvertito la necessità di cogliere un movente che, però, mentre non è corroborato da alcun elemento obiettivo di prova, è esso stesso niente affatto probabile. Come verrà puntualmente dedotto nel motivo di impugnazione relativo al movente, la scelta improvvisa (a giugno 2011) da parte del dottor Iori, descritto da molti testimoni come bravo e disponibile verso gli altri, del male per il male, così, senza altra utilità, è tanto più incomprensibile perché diretta ad eliminare due persone (di cui una la sua bambina) solo per non dare un dispiacere a sua madre (che, comunque, anche se fosse andato a buon fine il presunto progetto criminoso, avrebbe saputo dell’esistenza di Livia nelle condizioni più tragiche).”
Grottesco come è trattato il movente sia in primo grado che in appello: Iori non voleva tra i piedi Livia, per questo ha ucciso madre e figlia. La Parte civile è giunta a dire, in Aula, che Iori l’ha fatto in luglio quando sua madre era in vacanza, lontana da Crema, perché non legge i giornali e non l’avrebbe saputo; al ritorno, tutti avrebbero dimenticato tutto e nessuno gliene avrebbe parlato!
Basta osservare la famiglia allargatissima di Maurizio Iori al momento dei fatti per capire esser vero che avrebbe presentato Livia ai fratellini in un momento successivo: lui e la seconda moglie, col figlio del primo matrimonio di lei, i due del primo matrimonio di lui, e la figlia comune, e convivevano senza problemi!
Qual era l’ostacolo pratico per Iori? La madre non aveva portato Livia all’asilo, quindi non era abituata agli altri bimbi; a ottobre 2011 sarebbe andata alla materna e da lì sarebbe partita la fase della presentazione ai fratellini; condivisibile o meno, non è un principio assurdo, come invece quello affibbiato dai giudici a lui, che uccide perché i bambini non si frequentino, in parole povere!
Ma in questo sfortunato caso chi ha il potere lo usa per aver ragione:
“Ed anche nella memoria del Pm del 10 gennaio 2013 ricorre spesso il termine probabile, come per invitare i Giudici a non dare troppo peso alla espressione ‘al di là di ogni ragionevole dubbio’ (533cpp), che, invece, non può essere certo essere considerata una affermazione di principio pleonastica, con la quale il legislatore avrebbe semplicemente recepito concetti già elaborati dalla giurisprudenza senza richiedere, dunque, per pervenire a una pronuncia di condanna, un quid pluris rispetto alla normativa precedente. Va ribadito, soprattutto rivolgendosi ai Giudici popolari della Corte adita, che la condizione richiesta da tale articolo del codice di procedura penale per pervenire a una pronuncia di condanna non consente di ricostruire un fatto di reato in termini di probabilità e tantomeno di possibilità, come fa la sentenza impugnata: per emettere una sentenza di condanna non è neppure sufficiente che le probabilità della ipotesi accusatoria siano maggiori di quelle della ipotesi difensiva, ma è necessario che ogni spiegazione diversa dalla ipotesi accusatoria sia, secondo un criterio di ragionevolezza, niente affatto plausibile. In ogni altro caso si impone l’assoluzione dell’imputato. E’ la rilevanza del valore in gioco, libertà personale dell’imputato, che comporta una notevole diversità di criteri di valutazione della prova nel processo penale rispetto al processo civile dove il valore in gioco ha per lo più natura patrimoniale.”
Su questo aspetto insisto: è troppo diversa la struttura dei due processi; non è solo il diverso valore; se nel civile è in disputa la proprietà di una casa, io giudice devo per forza dar ragione all’uno o all’altro; nel penale “proprietario” della decisione è lo Stato, che dice: dai pur ragione a lui, anche in formula dubitativa, se non sei certo, per l’oggettività delle prove, che io Stato abbia ragione.

Cremona 24 10 2015 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com

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