Mar 27 2013
giustizia di ferro-sessantacinque 27 03 2013
GIUSTIZIA DI FERRO – SESSANTACINQUE
Come una luce guizza all’improvviso, così si spalancarono le imposte di una finestra, un uomo, debole e sottile a quella distanza e altezza, si sporse di colpo molto in fuori e per giunta tese le braccia. Chi era? Un amico? Un buon diavolo? Un sostenitore? Uno che voleva aiutare? Era uno solo? Erano tutti? Era ancora possibile ricevere aiuto? C’erano obiezioni dimenticate? Certo che ce n’erano. La logica è bensì incrollabile, ma non resiste a un uomo che vuol vivere. Dov’era il Giudice che egli non aveva mai visto? Dove il supremo Tribunale fino al quale non era mai arrivato? Ora ve lo porto qui fuori, perché sappiate che io non trovo nessun motivo per condannarlo. Ma i capi dei sacerdoti e le guardie lo videro e cominciarono a gridare: crocifiggilo, mettilo in croce! Pilato allora disse: prendetelo e mettetelo voi in croce. Per me, non ha fatto nulla di male. I capi ebrei risposero: noi abbiamo la nostra legge, secondo la legge dev’essere condannato a morte.
Il nostro piccolo, miserabile processo di uomini piccoli ha la forza di vivere la sua vita, indipendente, o si fa giustificare dai grandi autori? È credibile un processo reale se spogliato dei suoi accidenti che servano solo a dargli un vestito? Un processo come i due sopra condanna solo se stesso o tutti quelli che spiegano il suo rito come lui? Amanda e Dell’Utri sono i condannati o condannano i loro Giudici?
Pagina 8 del Riesame: “E tanto si coniuga perfettamente, del resto, con la presenza di un quadro materiale contrassegnato da plurime tracce artificiosamente inquinate, fra le quali, per quanto più rileva ai fini in parola, spicca il mancato ritrovamento della pattumiera utilizzata nella casa di via Dogali n.1 fino alla sera tra il 20 e il 21 luglio 2011. Proprio in ragione di un simile scenario compromesso e scarsamente genuino (a volte la cosiddetta realtà è più romanzesca del romanzo: con alle spalle indagini e supposte certezze “formato processo Iori”, ci si permette di dare dello “scenario compromesso e scarsamente genuino” alla realtà degli altri! n.d.r.), per altro verso, non può essere conferita significativa portata agli esiti dell’incarico tecnico di parte, secondo i quali risultano essere state riscontrate tracce biologiche riconducibili ad Ornesi Claudia (ed alcuna, al contrario, appartenente a Iori Maurizio) sulle manopole di due bombolette del gas, sul tappo di una bomboletta, su due blister del farmaco Xanax, oltre a tracce salivari della stessa Ornesi sul collo di una bottiglia d’acqua da 1,5 litri rinvenuta sul tavolo della sala da pranzo accanto ai blister di Xanax. Tali risultanze, invero, oltre a presentarsi in contrasto con quelle della consulenza tecnica disposta dal Pubblico Ministero (che alcun frammento di impronte papillari ha stimato utile per i confronti), lasciano in ogni caso molte perplessità quanto al mancato reperimento di impronte ascrivibili a Iori Maurizio, che pure i fornelletti e le bombolette di gas aveva introdotto all’interno dell’abitazione la stessa sera del 20 luglio 2011, nonché in ordine alla presenza soltanto parziale (non spiegandosi perché ella avrebbe dovuto maneggiare soltanto due bombolette o soltanto due blister di Xanax) di tracce riconducibili alla Ornesi. Così valutati gli elementi d’indagine effettivamente sopravvenuti, occorre prendere in considerazione le ulteriori deduzioni critiche formulate dalla difesa, le quali, per quanto attinenti a circostanze già oggetto di riesame, sono state nondimeno arricchite da nuove produzioni documentali nel corso della presente procedura. Il materiale complessivamente raccolto, tuttavia, non pregiudica il giudizio di gravità indiziaria posto a sostegno dell’impugnata misura cautelare.”
Il processo logico splende in tutta la sua evidenza: siccome manca la pattumiera, segno a carico di Iori Maurizio, si fa senza ricordare, vuol dire che lui ha cancellato le proprie impronte dalla scena del delitto e ne ha sparse qua e là delle vittime!
Come si permette di rivendicare la sua innocenza in nome di una legge che lo farebbe tale? Chi ha il potere, lo sottopone alla sua, di legge, e anche i Pilato col loro mantello porpora si rassegnino, tanto più che l’affare che non li deve toccare!
Cremona 27 03 2013 www.flaminiocozzaglio.info
One Response to “giustizia di ferro-sessantacinque 27 03 2013”
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I detenuti prima sbagliano facendo del male a delle persone, poi fanno le vittime.
L’appello di un detenuto ai Vescovi Lafranconi e Cantoni: “noi non interessiamo alla società, anzi più stiamo in carcere e più la gente è contenta. Chiediamo che almeno la Chiesa abbia a cuore la nostra situazione e ci dica che siamo preziosi ai suoi occhi. Essere trattati come persone cattive è quanto di più disumano ci possa essere”.
Non è vero che la società non è interessata: in generale, a questa, interessa eccome che chi fa del male paghi.
Certo che la società, in generale, è contenta (credo) se i detenuti stanno in galera: partendo dal presupposto che diversi di loro sono lì dentro perché hanno compiuto un reato, ovvio che la gente preferisce che stiano dentro. Vorrei vedere loro, se il reato l’avessero subìto…
Non so cosa la Chiesa risponderà loro: ai miei, di occhi, sono molto più “preziosi” quei cittadini che hanno subìto furti, rapine, truffe, ecc. se non di peggio.
“Essere trattati come persone cattive è quanto di più disumano ci possa”: ma la piantino di fare le vittime!
Come si potrebbe definire un individuo che sbatte le persone a terra per derubarle, che punta la pistola o il coltello o un’altra arma contro qualcuno per rapinare, che truffa gli anziani, che maltratta gli animali, che ruba in cimiteri, chiese, ospizi, oratori, che ruba dei macchinari in un ospedale, ecc., per non dire di peggio? Riporto una frase dell’omelia di Lafranconi: “gli uomini quando sbagliano non sono tutti colpevoli alla stessa maniera: c’è che sbaglia per calcolo e chi per superficialità e fragilità”.
La sottoscritta: certo, ci sono anche quelli che sparano al ladro o al rapinatore (a volte uccidendolo, a volte no) e poi vengono condannati…se in galera ci fossero anche questi poveretti, io loro sì, che li farei uscire subito!
Dall’articolo su La Provincia riguardo a questo incontro: “poi il riconoscimento della buona volontà degli operatori della casa circondariale di Cremona che, però, si scontra con un sistema carcerario in generale “incivile e intollerabile” che non permette una vera e propria redenzione, nonostante l’articolo 27 della costituzione italiana”.
“Incivile e intollerabile”, casomai, è il pensare a come stanno i detenuti in carcere e non a quelli che subiscono il reato, che non sono reclusi, ma possono avere la vita rovinata proprio a causa di chi ieri, all’incontro, ha fatto tanto la vittima.
I carcerati stanno così male là dentro? Bene! Se si lasciano le cose come stanno (parlo di condizioni delle carceri), una volta usciti di lì, vedano di comportarsi bene così non rischiano di tornarci!
Della redenzione “spirituale” dei detenuti non m’importa un fico (quella interesserà, magari, il Clero): nel senso che, pentiti oppure no, a me interessa che paghino, nella loro vita terrena, per il male che hanno fatto (partendo sempre dal presupposto che diversi dei detenuti meritano di stare là dentro).
E si cancelli ‘sto cavolo di articolo 27 della Costituzione!
O almeno si modifichi, in modo che la legge non venga interpretata per troppe volte a favore dell’imputato.