Archive for Gennaio, 2022

Gen 30 2022

i più eguali-duecentottantasei 30 01 2022

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I PIU’ EGUALI – duecentottantasei

Dalle mie 70 cartelle sui processi senza editore, bugiardo in tanti casi vuol dire colpevole!

Francoforte 30 01 2022 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com —Questo è un processo indiziario, s’è detto fin dall’inizio, perfino dai giudici, e siamo d’accordo, ma molto più del solito, perché nel nostro caso prima di cercare un colpevole bisogna esser certi si tratti di omicidio, ipotesi che le indagini e le sentenze di merito hanno evitato di provare. La costruzione in danno di Maurizio Iori poggia su uno strano pregiudizio: siccome ha negato d’esser stato a cena la sera, d’aver comprato le bombole, quando in entrambi i casi è vero il contrario, dunque! essendo un bugiardo, è conseguente sia un assassino. Poi il massimo degli affronti, anche se consentito dalla legge: sia prima che durante il processo ha rifiutato di farsi interrogare!

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Gen 30 2022

cremonesità-duecentotrentaquattro 30 01 2022

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CREMONESITA’ – duecentotrentaquattro

Il signore comanda? no, comanda mia moglie, scrive l’ottimo Marco Bragazzi su www.cremonasera.it!

Francoforte 30 01 2022 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com —Documenti segreti: febbraio ’44 Farinacci chiede a Mussolini la rimozione del comandante tedesco a Cremona, Berlino risponde picche

Due galli in un pollaio non sono mai stati, soprattutto secondo la tradizione popolare, una gran soluzione ad eventuali problemi da risolvere. Se poi con due galli nello stesso pollaio i pulcini riescono a scappare lo stesso e la volpe risulta talmente abile da continuare indisturbata le sue scorribande allora vuol dire che i due galli, oltre a non risolvere problemi, ne stanno creando ulteriori. A questo punto il fattore, colpevole di non aver seguito i detti tipici di quella tradizione popolare che raramente sbaglia, deve decidere cosa fare con i due padroni del pollaio ma, come oggi sempre più spesso accade, entrambi i pennuti cercheranno di scaricare le responsabilità su altri.

I documenti e le valutazioni degli analisti alleati lasciano poco spazio ad interpretazioni; dopo l’8 settembre 1943 il peso politico di molti gerarchi italiani stava diventando sempre più relativo nei confronti di Berlino, in pratica i nazisti erano sempre meno convinti, o forse non lo erano mai stati del tutto, nel responsabilizzare gli uomini della Repubblica Sociale Italiana sulle attività belliche o di gestione operativa di quell’Italia divisa in due.

Siamo a Cremona nel primi giorni di febbraio del 1944, Roberto Farinacci è in città senza nessuna veste ufficiale ma, in pratica, agisce come catalizzatore delle idee del governo di Salò presieduto da Mussolini e gode di enorme libertà di movimento tanto da poter gestire le finanze cittadine a suo piacimento o quasi.

La libertà del direttore de Il Regime Fascista però si ferma qui, in città le scelte operative sulla gestione degli uomini e sullo sviluppo della guerra toccano ad altri o meglio, toccano agli uomini scelti da Berlino e a loro anche il peso delle responsabilità. Gli Alleati vivevano con perfida e sagace ironia la lettura dei documenti intercettati per le “questioni da pollaio” che animavano i rapporti tra Salò e Berlino, ai loro occhi era evidente il goffo tentativo di molti gerarchi di farsi spazio all’interno della ferrea scala sociale nazista senza sapere che, al Reichstag, l’interesse per questi tentativi era oggettivamente inesistente. Farinacci cerca di far sentire la sua voce passando attraverso la sua quasi trentennale amicizia, a fasi alterne, con Mussolini.

Nel gennaio 1944 l’ex Ras di Cremona scriverà al Duce una lettera carica di acredine verso un comandante delle truppe tedesche a Cremona colpevole, secondo Farinacci, di aver detto di non potersi fidare degli italiani durante una guerra. L’oggetto del contendere nasceva dal fatto che le migliori truppe italiane reclutate spesso grazie alla propaganda, i paracadutisti, da settimane preferivano la diserzione ai combattimenti lungo la linea Gustav, così il Ras di Cremona, quasi con una inconsapevole ammissione del problema, presenta al Duce la richiesta di rimozione dell’ufficiale dal comando di Cremona, reo di aver pronunciato una frase che rappresentava una verità sempre più diffusa in Italia. Mussolini si irrita mica poco, forse per la notizia o forse perché le proteste arrivano da Farinacci, chiede al Comando Supremo Tedesco di proseguire con la richiesta arrivata da Cremona. Il risultato sarà una schiaffo morale enorme per il ras, dopo l’interrogatorio del comandante di stanza a Cremona risulterà chiaro, almeno a Berlino, che quelle raccontate da Farinacci erano semplici scuse nate dall’invidia che lo stesso provava per quella gerarchia spesso invalicabile anche per i gli alti papaveri italiani. L’ufficiale rimarrà al suo posto grazie, soprattutto, a quelle missive segrete partite da Berlino che imponevano al Comando Tedesco in Italia di non dare seguito a quasi tutto ciò che veniva richiesto dal governo di Salò e dai suoi sostenitori. La storia e i documenti della debacle italiana post armistizio di Cassibile fanno capire che, in tutta sincerità, di Farinacci e di molti altri gerarchi italiani a Berlino fregava ben poco, basti pensare che neanche il potentissimo comandante delle SS Heinrich Himmler riuscì a convincere Hitler a mettere, come capo di governo a Salò, il Ras di Cremona al posto di Benito Mussolini. Negli archivi americani spunta una verità poco ortodossa per quel periodo, ovvero di come due galli in un pollaio riuscivano a creare più problemi della volpe che aspettava dietro la linea Gustav.

Si ringrazia P.M. per le traduzioni dal tedesco

Ecco il video inedito proveniente dagli archivi dell’Istituto Luce immagini di un servizio girato ma mai

andato in onda. Farinacci saluta gli ufficiali della GNR in partenza per il fronte. I repubblichini marciano per le strade di Cremona. (guarda il video)

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Gen 30 2022

mattarella bis 30 01 2022

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Eravamo certi, sia Pirondini che io, non si sarebbe lasciato sfuggire l’occasione di scrivere, da par suo, sul Mattarella bis, in Blitz Quotidiano di Marco Benedetto. Flaminio Cozzaglio.

Elezioni Quirinale, tutti ci guardano: mercati, Europa, il mondo. E le potenti agenzie di New York hanno timori sul dopo Colle

di Enrico Pirondini
Pubblicato il 30 Gennaio 2022 8:02

Mattarella presidente, Elezioni Quirinale, mai così seguite. Più dei delicatissimi Anni ‘50 (dopo De Nicola, il liberale Einaudi e il Dc Gronchi). Più degli spumeggianti Anni ‘60 (Segni e Saragat) e del successivo e tormentato decennio (Leone e Pertini).

Molto seguite le elezioni  degli ultimi cinque presidenti. Cioè Cossiga, Scalfaro, Ciampi,  Napolitano, Mattarella. Infine queste votazioni con ben 15 schieramenti  impegnati a sbrogliare  la matassa. Nel gruppo anche i delegati regionali (25 del centrosinistra, 33 del Centrodestra ), due senatori a vita non iscritti e i 50 del cosiddetto “Misto vari”. Però mai così tanti spettatori interessati.

L’ELEZIONE DI MATTARELLA DOVREBBE TRANQUILLIZZARE LE AGENZIE DI NEW YORK

Sono messaggi inequivocabili. In testa i mercati, “i più loquaci”, come li definisce l’economista Enrico Cisnetto. Tutti attenti, vigili, espliciti. Non era mai accaduto, almeno in questi termini.

GoldmanSachs ha tuonato da New York di tenere Draghi a Palazzo Chigi. Citigrup con Travelers (la più grande organizzazione di servizi finanziari del mondo, oltre 200 mila dipendenti),  sempre da New York ha detto l’esatto contrario.

Draghi al Colle è una garanzia per l’Europa e le necessarie riforme. Ha poi voluto dire la sua la società privata Standard & Poor’s, sempre dagli Stati Uniti , forte  del fatto di essere una delle prime tre agenzie del mondo di rating ; insomma una che dà i voti sulla solidità e la solvibilità di una società che emette titoli sul mercato finanziario. Il presidente Douglas Peterson ha messo in guardia, dagli uffici di Manhattan, sul rischio di scenari instabili.

IN EUROPA PREOCCUPA IL NOSTRO DEBITO PUBBLICO

In effetti è un debito molto grande, qualcosa come 2.700 miliardi che in rapporto al Pil (oltre il 155%) è il secondo di tutta l’Unione Europea. Solo la Grecia è messa peggio di noi. 

Due anni fa, quando cioè tirava un brutto vento, Berlino e Parigi “si persuasero a finanziare il “Next Generation Ue” (fondo per la ripresa di 750 miliardi di euro destinati ai Paesi colpiti dal Covid-19). Un fondo che a fine 2027 ammonterà a 1.824,3 miliardi. Sono tutti preoccupati per noi. In testa la Bce che  “ha in pancia il 30% del debito pubblico italiano”.

E tremano gli investitori esteri che hanno comprato i nostri bond. Il default dell’Italia sarebbe una catastrofe per l’euro e l’Unione Europea.

COL MATTARELLA BIS NECESSARIO RIVEDERE MAASTRICHT E IL PATTO DI STABILITÀ

La discussione è cominciata. Sono sul tappeto la revisione dei parametri di Maastricht  che risalgono al 1992 e  il Patto di stabilità e crescita (PSC) sottoscritto nel 1997 per il controllo delle politiche di bilancio degli Stati membri e per rafforzare il percorso di integrazione monetaria intrapreso esattamente 30 anni fa. Il momento è cruciale. Ora più che mai servono stabilità e competenze. Oltretutto si è aggiunta la fiammata inflazionistica che non ci lascia tranquilli. Ergo confidiamo in Mattarella.

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Gen 30 2022

la promessa 30 01 2022

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LA PROMESSA dei boy scout non serve, obietta Antonio Grassi in www.cremonasera.it Francoforte 30 01 2022 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com

—La quantità di promesse non migliora la qualità dell’aria, dell’acqua, del suolo

Cremona, seconda città d’Europa per inquinamento da polveri sottili. 

La nostra provincia, prima in Italia per numero di decessi da particolato fine.

Le cause?  Molteplici. Tra i principali imputati, la posizione geografica e i venti deboli e anemici.  A fotterci è la natura matrigna. È la sfiga di abitare in un luogo con aria stagnante, venti scarsi e pioggia in costante ritardo sull’orario. Come i treni per Milano e Mantova, ma questo è un altro problema.

«Il meteo comunque resta un fattore determinante» (Corriere della sera sezione Milano, 22 gennaio) spiega Guido Lanzani, responsabile del settore Qualità dell’aria di Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) in riferimento alla situazione delle polveri sottili in Lombardia. 

Non v’è dubbio che questo sia un problema, ma non il problema. 

Il meteo avverso non produce polveri sottili. Favorisce la loro concentrazione.  Non ci si ammala per la pioggia e i venti birichini e dispettosi, ma per i veleni che impestano l’aria lombarda e di Cremona in particolare.  Questo il problema. Semplice. Lineare. Non spetta a Lanzani affrontarlo e risolverlo, ma alla politica e ai pubblici amministratori con decisioni drastiche e coraggiose. 

Se l’aria non è impregnata di polveri sottili che sia stagnante o non piova, chissenefrega. Tuttalpiù ci saranno il Po, il Serio, l’Adda in secca, ma non si è mai ammalato e non è mai morto nessuno per la scarsità d’acqua dei nostri fiumi.

«Stiamo vivendo – spiega  Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia – uno dei più lunghi e opprimenti periodi di smog degli ultimi anni, eppure il silenzio delle istituzioni è assordante, a tutti i livelli. Come se si desse per scontato che, per uscire da questa situazione, solo pioggia e vento possono salvarci» (vittorianozanolli.it, 28 gennaio). Difficile darle torto.

E ora l’altro aspetto della questione.

Il capoluogo avrà un ospedale nuovo, all’avanguardia. Entrerà nel circuito di Formula uno della sanità lombarda e anche oltre, nel Gotha delle eccellenze. Avrà piloti all’altezza e macchine avveniristiche, tirocinanti più tosti di quelli di Grey’s Anatomy. Costerà 300 milioni di euro e farà la felicità degli imprenditori e di molti politici. Anche dei pazienti. 

Intanto nel Cremasco mancano i medici di base e l’intero territorio provinciale è in marcia per seguirlo.

Si curano gli ammalati, non le cause della malattia.  

L’inquinamento produce pazienti, il nuovo ospedale li rigenera e li rimette nel circuito produttivo. È la società d’oggi, bellezza. 

Avremo più medici superspecializzati e mezzi diagnostici più sofisticati. Scarseggeranno i sanitari della prima linea, quelli in trincea.

Inquinamento, malattia, nuovi ospedali, cura. Una catena di montaggio perfetta. 

Il cerchio è chiuso. L’economia, salva. 

A chi giova? 

La politica sanitaria non sfugge alla regola dell’economia. Le priorità degli interventi sono decisi soprattutto dal ritorno dell’investimento in termini finanziari e d’immagine.  Il reale bisogno di salute di cittadini non sta al vertice. La rotta è indicata dagli stakeholder.

Nell’immediato e nel breve periodo gli investimenti ospedalieri surclasseranno la prevenzione e la medicina del territorio. 

È incontestabile però che l’arrivo del covid ha evidenziato che con una medicina più vicina ai cittadini la situazione sarebbe risultata meno tragica. E la nostra provincia ne sa qualcosa. Anzi molto. Purtroppo. 

La medicina del territorio smantellata, rimpianta e glorificata con l’avvento del covid resterà Cenerentola. E’ un guaio.

Per la politica prendere decisioni radicali e impopolari è rischioso. Per dirla in maniera brutale: non toccare i poteri forti presenti in ogni comunità, la nostra provincia compresa, è un imperativo per mantenere il posto e illudersi di gestire briciole di potere.

Se la politica è al servizio dell’economia e non viceversa, la questione ambientale rimarrà di competenza dei consigli di amministrazione e delle quotazioni in borsa e sarà affrontata in termini puramente economici. Se conviene, siamo tutti green. Ma se questo implica la chiusura di impianti remunerativi il green è un illustre sconosciuto.

L’attenzione al problema ambientale non manca. Sarebbe ingiusto negarlo. Abbondano le parole. Mancano gli interventi. Alle affermazioni non sempre seguono i fatti.

La quantità di promesse non migliora la qualità dell’aria e, per Cremona, il concetto, è estensibile anche al suolo e all’acqua.

Non sono esenti da colpe un nutrito numero di cittadini. Quelli dei costi/benefici, del meglio morire domani di tumore che oggi di fame e del qualunquismo. Quelli della politica non mi interesso, dei social, dei giovani già vecchi, del lavoro prima di tutto. 

Il discorso porterebbe lontano. Condurrebbe a pipponi infiniti sul modello di sviluppo, sulla neutralità della scienza, sulla tecnologia. Sulla galassia di ecologia e politica. Da anni se ne discute. Non è questo né il momento, né il luogo di riproporre il tema.

Sia però concesso immaginare una città diversa.

«Quella notte José Arcadio Buendìa sognò che in quel luogo sorgeva una città rumorosa piena di case con pareti di specchio. Chiese che città fosse quella, e gli risposero con un nome che non aveva mai sentito, che non aveva alcun significato, ma che nel sonno aveva avuto un’eco soprannaturale: Macondo».

In provincia di Cremona nel 2019 sono stati 468 i decessi per particolato fine. (Openpolis 22 gennaio).  Macondo forever.

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Gen 30 2022

torcia retrocessa 30 01 2022

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TORCIA RETROCESSA a fiaccola da www.cremonasera.it con un solo titolo! Francoforte 30 01 2022 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com

—A spasso con la torcia perché l’illuminazione pubblica non va da settimane. Un commerciante: “Qui si è generata una sensazione di fragilità e paura”

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Gen 30 2022

la bontà continua 30 01 2022

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LA BONTA’ CONTINUA

Antonia e Gianfranco Pelegrin hanno venduto la famosa gelateria di Ceriana, il paese più bello del mondo, a Paolo Roverio e alla moglie Elisa, e non solo, han dato tutti i consigli utili per un’ottima gestione!

Francoforte 30 01 2022 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com

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Gen 30 2022

la biodiversità contadina 30 01 2022

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I SIGILLI DI CAMPAGNA AMICA – LA BIODIVERSITÀ CONTADINA

UNA SPREMUTA DI VITAMINA C CON I SIGILLI DI CAMPAGNA AMICA

Siamo in piena stagione di agrumi. È straordinaria la presenza nei nostri territori di una gran ricchezza di specie e varietà colturali

Leggi cosa sono “I Sigilli di Campagna Amica”

Siamo in piena stagione di agrumi. È straordinaria la presenza nei nostri territori di una gran ricchezza di specie e varietà colturali, alcune delle quali entrano nella lista dei Sigilli di Campagna Amica a pieno titolo.

L’arancia di Villa San Giuseppe è coltivata e diffusa nel territorio comunale di Reggio Calabria tra le vallate delle fiumare Gallico e Catona e in parti-colar modo nella frazione di Villa San Giuseppe da cui il nome dell’agrume. Sotto questa denominazione si intendono le specifiche varietà Belladonna e la mutazione probabile Biondo tardivo di San Giuseppe. Dall’arancia di San Giuseppe è possibile ottenere succhi bevibili, marmellata, miele e produzioni dolciarie con un buon contenuto di vitamina C. L’Azienda Agricola Caridi Francesco (Reggio Calabria), che trovate nel mercato di Campagna Amica di Reggio Calabria coltiva questa varietà calabrese.

Il biondo tardivo di Trebisacce è una varietà autoctona di arancia calabrese dell’area di Trebisacce. La raccolta generalmente avviene in primavera inoltrata. Ha delle eccezionali caratteristiche organolettiche, conferite dal particolare clima dell’Alto Jonio, meno esposto alle correnti gelide, grazie alla protezione naturale offerta dal Massiccio del Pollino, e alle caratteristiche dei terreni leggermente acidi. È considerato una delle migliori arance calabresi per la compattezza e la presenza di molto succo. La Società Agricola Terzeria S.R.L. (Francavilla Marittima) vende il biondo tardivo nel mercato di Campagna Amica di Cosenza e nel punto vendita aziendale.

Infine in Calabria abbiamo anche la Limetta, comunemente chiamata anche “Piretta” e commercialmente nota come lime. È un antico agrume con origini tropicali, coltivato da molti decenni nella Piana di Sibari, unica zona di produzione europea.  Frutto di forma tonda schiacciata ai poli, di pezzatura media piccola e di colore giallo-verdognolo. L’elemento caratterizzante di questo prodotto è il profumo intenso, molto più accentuato rispetto ai limoni comuni. L’Azienda Agricola Anselmi (Rossano) vende la limetta nel punto vendita aziendale.

Ci spostiamo in Liguria. Tra i comuni di Varazze e Pietra Ligure in provincia di Savona, si è insediata sin dal 1500 una coltivazione davvero unica: il chinotto. Nel 1877, a Savona, fu aperto il primo laboratorio di “candidatura”. Questo agrume, che troviamo sino a un’altitudine massima di 300 metri sul livello del mare. Viene normalmente trasformato in marmellate e utilizzato in gelateria, pasticceria, gastronomia e anche per fa-re infusi e liquori oltre naturalmente alla famosa bibita. L’Azienda Agricola Parodi Alessandro (Finale Ligure) nel suo punto vendita aziendale propone alla clientela questo prodotto così importante.

Arriviamo sulle isole, regno incontrastato del sole, luoghi di elezione degli agrumi.

Il territorio di Muravera e del Sarrabus, in provincia di Cagliari, nel Sud–Est della Sardegna, è particolarmente vocato alla produzione di agrumi, in particolare arance. Seppur la coltivazione d’agrumi è conosciuta da secoli, la vera esplosione avviene negli anni ’60, ma le aziende hanno mantenuto dimensioni piccole e produzioni improntate alla qualità. L’arancia di Muravera è un’arancia a polpa bionda molto apprezzata dai consumatori, grazie all’elevato contenuto in succo e alla concentrazione di zuccheri. La Società Agricola La Zagara S.S. (San Vito) che vende nel mercato di Campagna Amica di Cagliari – Pirri e nel mercato di Campagna Amica di Quartu S. Elena – Pit’z e Serra, conserva questa varietà di arancia. Sempre in Sardegna troviamo una vera “chicca”: la Pompia. La Pompia è un agrume autoctono della Sardegna, e in particolare del nuorese. Si tratta di una varietà di limone mol-to rara, di grosse dimensioni, con una forma irregolare e una buccia spessa e rugosa. A rischio di estinzione, la Pompia è stata recuperata alla fine degli anni ’90 da un progetto di agricoltura sociale nel comune di Siniscola. Il succo e la polpa vengono utilizzati per la preparazione di liquori e marmellate, mentre la scorza viene impiegata in pasticceria, per i canditi e per il dolce tipico “sa pompìa”. Nel mercato di Campagna Amica di Nuoro e nel suo punto vendita aziendale, l’Azienda Agricola Tholoi (Siniscola) propone questo prodotto molto apprezzato.

Infine siamo traghettati in Sicilia. A Scillato si producono alcune varietà di arance bionde e ombelicate molto pregiate, che hanno trovato le condizioni ideali in questa zona collinare a ridosso del gruppo montuoso delle Madonie. A differenza degli aranceti situati in pianura, il frutto può ritardare la sua maturazione ad Aprile, trovando un ottimo riscontro nei mercati non solo locali.  La bionda di Scillato è molto utilizzata in cucina come condimento per le carni e in pasticceria. L’Azienda Agricola Biologica Bosco Ficuzza (Cerda) vende nei mercati di Campagna Amica a Palermo e Messina, oltre che nel suo punto vendita aziendale.

Non c’è che dire: una grande ricchezza che permette di godere appieno dei benefici di frutti straordinari per la nostra alimentazione e salute.

Fatevi una spremuta di bontà con gli agrumi, sigilli di Campagna Amica!

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Gen 30 2022

litigando 30 01 2022

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LITIGANDO

i partiti son riusciti a crescere Mattarella.

Francoforte 30 01 2022 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com

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Gen 29 2022

i più eguali-duecentottantacinque 29 01 2022

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I PIU’ EGUALI – duecentottantacinque

Dalle mie 70 cartelle sui processi, senza editore, torna la domanda: gocce o pastiglie?

Francoforte 29 01 2022 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com —Riassumo i passaggi delle tre Corti, da che nessuna trova il coraggio di scrivere sia possibile rifilare di nascosto 95 pastiglie: la prima le trasforma in gocce, che però essendo sempre troppe vengono ridotte, senza dirlo con chiarezza, a qualche spruzzatina sui cibi o nei bicchieri, il come non si sa, non avendo la sfera di cristallo; l’Appello decide la quantità, che viene fissata in “apprezzabilmente superiore alla dose terapeutica”, definizione da far convivere con l’esito dell’autopsia che parla di intossicazione acuta; la Cassazione taglia il nodo di Gordio, come leggeremo alla fine, e stabilisce che i giudici di merito non avevano l’obbligo d’esser precisi sul punto, perché il resto del quadro indiziario bastava. Il lettore spero sia d’accordo: se il fine del mio libretto fosse solo mettere in chiaro l’innocenza di Maurizio Iori, smetto qui!

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Gen 29 2022

cremonesità-duecentotrentatre 29 01 2022

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CREMONESITA’ – duecentotrentatre

Quanto costa una bottiglia? nulla, se ve la regalano, è la decisione che alla fine prende Andrea Fontana su www.cremonasera.it!

Francoforte 29 01 2022 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com —Quanto può costare una bottiglia di vino?

L’idea di questo articolo mi è venuta qualche giorno fa, leggendo l’editoriale di un degustatore ben più famoso del sottoscritto, che raccontava di aver trovato in un catalogo online una bottiglia di Romanée Conti 2000 alla modica cifra di 36.000 euro (iconico produttore della Borgogna: 1,8 ettari coltivati e sole 2.700 bottiglie prodotte all’anno).

Mi sono ricordato allora di tutte le volte che, in oltre 25 anni di corsi e serate degustative, prima come allievo e successivamente come insegnante, ho sentito frasi del tipo <il vino è diventato caro>, <sopra certe cifre il prezzo non è più giustificato>, <perché la bottiglia xyz costa così cara>, ecc. Da qui allora l’argomento di oggi, che credo interessi ai più: quanto può costare una bottiglia di vino?

Cominciamo subito con un distinguo importante e fondamentale: un conto è parlare di “quanto costa il vino” e un altro è spiegare “quanto costa una bottiglia di vino”. Tra queste due categorie c’è un mondo, che non si riflette solamente nel costo intrinseco del contenitore, che pure esiste e non è indifferente. Produrre una bottiglia di vino rispetto al vino sfuso, infatti, implica avere il costo del vetro, dell’etichetta, del tappo, della capsula e del cartone dove imballare la bottiglia (tutte materie prime che in quest’ultimo anno hanno avuto rincari anche oltre il 200%). Cominciamo a sparare delle cifre, consci che è una pratica affatto elegante? Spannometricamente siamo tra l’1 e i 2 euro a bottiglia. Oltre se si scelgono materiali premium (vetro più spesso, carta e filigrana più raffinate, tappi fuori misura, ecc.).

Ma, come dicevo prima, questo è il meno. Imbottigliare il vino comporta dei costi molto più importanti che vanno al di là di quelli appena elencati. Serve una catena di imbottigliamento che si deve acquistare oppure noleggiare ogni volta, e nel primo caso stiamo parlando di decine di migliaia di euro. E poi il vino in bottiglia va quasi sempre spedito (mentre quello sfuso non è raro che venga venduto in cantina, e che sia l’acquirente a venirselo a prendere), il che significa costi di trasporto e di consegna. Inoltre, affinché un cliente acquisti una bottiglia di vino, quasi sempre è necessario che esista una rete commerciale, che può essere virtuale (e quindi si hanno i costi di un sito vetrina e/o un e-commerce online e di qualcuno che li gestisca) oppure quasi sempre una presenza fisica sul territorio, vale a dire un agente di commercio che percepisce una provvigione per ogni bottiglia venduta. Ipotizziamo anche qui delle cifre?

Direi che con tranquillità si raggiunge un altro 15% del prezzo della bottiglia.

Ma finora abbiamo visto quanto incidono i costi che stanno fuori da una bottiglia di vino. Vediamo adesso quelli ben più interessanti che ci sono dentro. Con una breve ma necessaria divagazione.

La rivoluzione del vino italiano, che l’ha trasformato da alimento base di una dieta povera e contadina, a bevanda di piacevolezza, è iniziata attorno agli anni ‘60 del secolo scorso. In quegli anni, la produzione vinicola era incentrata sulla quantità a scapito della qualità, e il modo migliore per ottenerla era attuare una coltivazione cosiddetta estensiva. In poche parole: 1 ettaro di terreno, 1.500 piante che producono 10 kg di uva ciascuna: totale 150 quintali di uva per ettaro.

Ma il mercato in quegli anni, come detto, inizia a cambiare: il boom economico porta abbondanza di cibo su tutte le tavole, gli zuccheri del vino non sono più un elemento fondamentale della dieta giornaliera e il vino si trasforma da alimento a bevanda di piacevolezza, che deve quindi avere caratteristiche diverse: più ricco, concentrato, appagante. E come si fa a trasformare una produzione da 150 quintali/ettaro di uva con scarsa concentrazione zuccherina (e quindi poco alcol), ad una invece più ricca e concentrata? Semplice, con una coltivazione più intensiva. Invece di 1.500 piante ne mettiamo 5.000 per ettaro (l’infittimento del sesto d’impianto porta le radici a cercare nutrimento più in profondità, dove si trovano maggiori sostanze minerali), e invece di 10 kg per pianta ne facciamo produrre solo 3 (praticando quella che in gergo si chiama vendemmia verde, cioè l’eliminazione dei grappoli non ancora maturi e di minor qualità, in modo che le sostanze nutritive delle radici vengano concentrate su pochi grappoli che saranno più ricchi e zuccherini): otterremo così ancora 150 quintali di uva per ettaro, ma con caratteristiche completamente diverse. E con costi completamente diversi. L’acquisto di 5.000 piante invece che di 1.500; le pratiche agronomiche necessarie per ottenere la produzione che desideriamo, ecc.

Credo sia chiaro adesso che il vino di oggi, soprattutto se imbottigliato, non può avere il prezzo che aveva una volta il vino che beveva mio nonno.

Certo, a questi due fattori (costi di produzione e costi di confezionamento/distribuzione) vanno aggiunte tutte le variabili di prezzo che il mercato impone: reperibilità del vino, produzione totale, reputazione del brand, reputazione della zona di produzione, ecc. Ma, indipendentemente da tutti questi fattori, puramente commerciali, è indubbio che il vino prodotto oggi ha una qualità e, di conseguenza, dei costi di produzione non paragonabili a quelli di mezzo secolo fa, e tutto sommato siamo contenti che sia così. 

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