LA
PROMESSA
dei boy scout non serve,
obietta Antonio Grassi in www.cremonasera.it
Francoforte 30 01 2022 www.flaminiocozzaglio.info
flcozzaglio@gmail.com
—La
quantità di promesse non migliora la qualità dell’aria, dell’acqua,
del suolo
Cremona,
seconda città d’Europa per inquinamento da polveri sottili.
La
nostra provincia, prima in Italia per numero di decessi da
particolato fine.
Le
cause? Molteplici. Tra i principali imputati, la posizione
geografica e i venti deboli e anemici. A fotterci è la natura
matrigna. È la sfiga di abitare in un luogo con aria stagnante,
venti scarsi e pioggia in costante ritardo sull’orario. Come i
treni per Milano e Mantova, ma questo è un altro problema.
«Il
meteo comunque resta un fattore determinante»
(Corriere della sera sezione Milano, 22 gennaio)
spiega Guido Lanzani,
responsabile del settore Qualità dell’aria di Arpa (Agenzia
regionale per la protezione dell’ambiente) in riferimento alla
situazione delle polveri sottili in Lombardia.
Non
v’è dubbio che questo sia un problema, ma non il problema.
Il
meteo avverso non produce polveri sottili. Favorisce la loro
concentrazione. Non ci si ammala per la pioggia e i venti
birichini e dispettosi, ma per i veleni che impestano l’aria
lombarda e di Cremona in particolare. Questo il problema.
Semplice. Lineare. Non spetta a Lanzani affrontarlo e risolverlo, ma
alla politica e ai pubblici amministratori con decisioni drastiche e
coraggiose.
Se
l’aria non è impregnata di polveri sottili che sia stagnante o non
piova, chissenefrega. Tuttalpiù ci saranno il Po, il Serio, l’Adda
in secca, ma non si è mai ammalato e non è mai morto nessuno per la
scarsità d’acqua dei nostri fiumi.
«Stiamo
vivendo –
spiega Barbara
Meggetto,
presidente di Legambiente Lombardia – uno
dei più lunghi e opprimenti periodi di smog degli ultimi anni,
eppure il silenzio delle istituzioni è assordante, a tutti i
livelli. Come se si desse per scontato che, per uscire da questa
situazione, solo pioggia e vento possono salvarci»
(vittorianozanolli.it, 28 gennaio). Difficile darle torto.
E
ora l’altro aspetto della questione.
Il
capoluogo avrà un ospedale nuovo, all’avanguardia. Entrerà nel
circuito di Formula uno della sanità lombarda e anche oltre, nel
Gotha delle eccellenze. Avrà piloti all’altezza e macchine
avveniristiche, tirocinanti più tosti di quelli di Grey’s Anatomy.
Costerà 300 milioni di euro e farà la felicità degli imprenditori
e di molti politici. Anche dei pazienti.
Intanto
nel Cremasco mancano i medici di base e l’intero territorio
provinciale è in marcia per seguirlo.
Si
curano gli ammalati, non le cause della malattia.
L’inquinamento
produce pazienti, il nuovo ospedale li rigenera e li rimette nel
circuito produttivo. È la società d’oggi, bellezza.
Avremo
più medici superspecializzati e mezzi diagnostici più sofisticati.
Scarseggeranno i sanitari della prima linea, quelli in trincea.
Inquinamento,
malattia, nuovi ospedali, cura. Una catena di montaggio perfetta.
Il
cerchio è chiuso. L’economia, salva.
A
chi giova?
La
politica sanitaria non sfugge alla regola dell’economia. Le
priorità degli interventi sono decisi soprattutto dal ritorno
dell’investimento in termini finanziari e d’immagine. Il
reale bisogno di salute di cittadini non sta al vertice. La rotta è
indicata dagli stakeholder.
Nell’immediato
e nel breve periodo gli investimenti ospedalieri surclasseranno la
prevenzione e la medicina del territorio.
È
incontestabile però che l’arrivo del covid ha evidenziato che con
una medicina più vicina ai cittadini la situazione sarebbe risultata
meno tragica. E la nostra provincia ne sa qualcosa. Anzi molto.
Purtroppo.
La
medicina del territorio smantellata, rimpianta e glorificata con
l’avvento del covid resterà Cenerentola. E’ un guaio.
Per
la politica prendere decisioni radicali e impopolari è rischioso.
Per dirla in maniera brutale: non toccare i poteri forti presenti in
ogni comunità, la nostra provincia compresa, è un imperativo per
mantenere il posto e illudersi di gestire briciole di potere.
Se
la politica è al servizio dell’economia e non viceversa, la
questione ambientale rimarrà di competenza dei consigli di
amministrazione e delle quotazioni in borsa e sarà affrontata in
termini puramente economici. Se conviene, siamo tutti green. Ma se
questo implica la chiusura di impianti remunerativi il green è un
illustre sconosciuto.
L’attenzione
al problema ambientale non manca. Sarebbe ingiusto negarlo. Abbondano
le parole. Mancano gli interventi. Alle affermazioni non sempre
seguono i fatti.
La
quantità di promesse non migliora la qualità dell’aria e, per
Cremona, il concetto, è estensibile anche al suolo e all’acqua.
Non
sono esenti da colpe un nutrito numero di cittadini. Quelli dei
costi/benefici, del meglio morire domani di tumore che oggi di fame e
del qualunquismo. Quelli della
politica non mi interesso,
dei social, dei giovani già vecchi, del lavoro prima di tutto.
Il
discorso porterebbe lontano. Condurrebbe a pipponi infiniti sul
modello di sviluppo, sulla neutralità della scienza, sulla
tecnologia. Sulla galassia di ecologia e politica. Da anni se ne
discute. Non è questo né il momento, né il luogo di riproporre il
tema.
Sia
però concesso immaginare una città diversa.
«Quella
notte José Arcadio Buendìa sognò che in quel luogo sorgeva una
città rumorosa piena di case con pareti di specchio. Chiese che
città fosse quella, e gli risposero con un nome che non aveva mai
sentito, che non aveva alcun significato, ma che nel sonno aveva
avuto un’eco soprannaturale: Macondo».
In
provincia di Cremona nel 2019 sono stati 468 i decessi per
particolato fine. (Openpolis 22 gennaio). Macondo forever.