CORREGGERE
MICHELANGELO
Il sito è di sua proprietà, l’amico Renato
Crotti giornalista e comunicatore, ma la Rondanini era di
Michelangelo, che rispetto a lui è un filo più noto….
Francoforte 30 07 2021
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—QUANDO
LA PIETÁ “RONDININI” DI MICHELANGELO VENNE TRASFERITA NEL
CREMASCO PER PROTEGGERLA DA BOMBE E REQUISIZIONI
Tutti
conoscono la “Pietà Rondanini” di Michelangelo Buonarroti,
oggi esposta nei musei del Castello
Sforzesco di Milano.
Pochi sanno, invece, che la splendida scultura incompiuta del genio
del Rinascimento italiano restò per molti anni a Vaiano
Cremasco.
Documenti storici e testimonianze diretto lo confermano. Tra questi,
il professor Cristiano
Giometti (Università
degli Studi di Firenze) e la professoressa Loredana
Lorizzo (Università
degli Studi di Salerno) autori del volume “Per
diletto e per profitto. I Rondinini. Le arti e l’Europa”, (Officina
libraria, Milano 2019).
La
celebre scultura per alcuni decenni è, infatti, appartenuta alla
nobile famiglia cremasca dei Vimercati
Sanseverino, con
palazzo avito in quel di Vaiano
Cremasco. Roberto
Vimercati Sanseverino nel
1904 acquistò il palazzo in via del Corso a Roma in cui era
conservata la scultura. Nel 1952, la vendettero al Comune di Milano.
Durante i quarant’anni in cui rimase di loro proprietà, non restò
solo a Roma.
Il
nome comunemente in uso di “Pietà
Rondanini”
(con la ‘a’) è frutto di un errore di trascrizione. Il nome
corretto è Rondinini (con la ‘i’), dal nome della nobile
famiglia.
La
Pietà Rondanini è un’opera marmorea (h.
195 cm) di Michelangelo Buonarroti, scolpita nel 1552-1553 (prima
versione) e rilavorata dal 1555 circa al 1564. Si tratta dell’ultima
opera dell’autore che, secondo le fonti, vi lavorò fino a pochi
giorni prima di morire. Personalità tanto geniale quanto irrequieta,
il suo nome è legato ad alcune delle più maestose opere dell’arte
occidentale, fra cui si annoverano il David,
il Mosè,
la Pietà
del Vaticano,
la Cupola
di San Pietro e
il ciclo di affreschi nella Cappella
Sistina,
tutti considerati traguardi eccezionali dell’ingegno creativo.
Negli
ultimi anni della sua vita Michelangelo si
era dedicato alla scultura solo occasionalmente e per scopi quasi
esclusivamente personali. In particolare, stando a quanto riportano i
suoi biografi Condivi e Vasari,
era desiderio dell’artista completare una Pietà da collocare sulla
sua sepoltura, che in un primo momento venne pensata in Santa
Maria Maggiore a
Roma
e,
forse, in seguito ripensata a Firenze.
L’artista
provò a scolpire, verso il 1550,
una Pietà detta “Bandini”
che si ruppe per un’imperfezione del marmo quando era in uno stadio
già avanzato, provocando la sua ira, tanto che cercò di
distruggerla a martellate, lasciandola poi abbandonata.
L’avvio
di una nuova Pietà viene
fatto risalire agli anni immediatamente successivi, verso il
1552-1553, quando l’artista scolpì un gruppo che probabilmente
comprendeva la sola vergine
Maria che
sostiene, da dietro, il figlio reggendolo da sotto le ascelle.
Tempo
dopo, dal 1554 circa, Michelangelo elaborò
infatti una nuova versione, rimettendo in discussione l’intera
statua: dal corpo di Maria ricavò una nuova figura di Cristo (della
figura precedente mantenne solo le gambe piegate), mentre dalla
spalla sinistra e dal petto del vecchio corpo di Cristo trovò lo
spazio per ricavare un nuovo corpo per Maria.
A
questa Pietà lavorò fino a pochi giorni prima di morire. L’opera
venne infatti rinvenuta nello studio di Michelangelo dopo la sua
morte e inventariata così: “Statua
principiata per un Cristo et un’altra figura di sopra, attaccate
insieme, sbozzate e non finite“.
Ma
come arriva tale opera nelle disponibilità dei Vimercati sanseverino
di Vaiano Cremasco?
Nel
1652 l’opera si trovava in una bottega romana, dove venne vista
da Gian
Domenico Ottonelli e
da Pietro
da Cortona.
Nel 1744 fu acquistata dai marchesi Rondanini (Rondinini), da cui il
nome attuale, che la collocarono in una nicchia della biblioteca di
palazzo Rondanini a Roma in via del Corso.
Il
palazzo nel 1904 fu acquistato dal conte Roberto
Vimercati-Sanseverino e
l’opera, rimasta nell’edificio (l’allora Ministero della
pubblica istruzione rinunciò per iscritto al diritto di prelazione),
fu collocata su una base costituita da un’ara funeraria romana di
epoca traianea, raffigurante i coniugi Marco Antonio e Giulia
Filumena Asclepiade, sopra la quale è rimasta fino al 2015.
Durante
la Seconda Guerra Mondiale, Roma
fu martoriata dai bombardamenti. Fu proprio in questi anni, per
salvare la scultura di Michelangelo dalla distruzione, che il conte
Roberto Vimercati Sanseverino decise, in gran segreto, di trasferire
la Pietà da Roma a Vaiano
Cremasco,
nel palazzo di famiglia, dove sarebbe stata teoricamente al riparo
dai bombardamenti. Oltre alla distruzione pare che il nobile cremasco
temesse anche che l’opera venisse requisita dai nazisti nel momento
in cui da alleati divennero avversari. Nemmeno i gerarchi locali
erano a conoscenza del trasferimento dell’opera. La villa si trova
in località “Vaianello“.
Si trattava anticamente di un fortilizio della nobile
famiglia Benzoni,
costruito forse intorno alla fine del ‘500 o nella prima metà del
Seicento. Poi passò alla famiglia Vimercati Sanseverino.
Sullo
spostamento, ovviamente. non vi sono conferme ufficiali o documenti
in tal senso pubblicamente consultabili. L’ipotesi, comunque, a
detta di molti parrebbe plausibile ed è confermata da quanto si
narra nel paese Cremasco.
Lo
confermerebbe anche il fatto che
quando il clima tornò tranquillo, a guerra terminata e proclamazione
delle Repubblica avvenuta, la Pietà fu spostata dagli eredi
Vimercati in una villa romana di loro proprietà, dove era possibile
visitarla. La preziosa statua fu altresì oggetto di una lunga
controversia e contesa giudiziaria tra gli eredi Sanseverino.
?
a questo punto che entra in gioco la figura di Fernanda Wittgens
(Milano,
3 aprile 1903 – Milano, 12 luglio 1957), la prima donna nominata
direttrice della Pinacoteca
di Brera.
Dopo
aver lavorato come insegnante di Storia dell’arte presso il Liceo
Parini e il Regio Liceo Ginnasio “Alessandro Manzoni”, nel 1928
Mario Salmi, ispettore della Pinacoteca di Brera, la presentò
a Ettore
Modigliani,
direttore della Pinacoteca e soprintendente alle Gallerie della
Lombardia. La soprannominerà “la
piccola allodola“.
Nel
1935 Modigliani venne allontanato dall’amministrazione
braidense per antifascismo. In seguito, essendo ebreo, una volta
entrate in vigore le leggi razziali del 1938 subì la revoca di ogni
incarico, venne inviato al confino e patì le persecuzioni. In questo
periodo, Fernanda continuò la sua opera informando costantemente
Modigliani.
Viene
ricordata per la sua opera di
messa in salvo dai bombardamenti e dalle razzie naziste di tutte le
opere di Brera, del Museo Poldi
Pezzoli e
della Quadreria dell’Ospedale
Maggiore.
È grazie alla sua determinazione che nel 1952 il Comune di Milano
acquistò, pare per 130 milioni, la preziosa statua di Michelangelo,
nota come Pietà Rondanini, contesa da Roma, Firenze e gli Stati
Uniti.
Nel
2004 è stato portato a termine un
minuzioso intervento conservativo, destinato alla rimozione delle
diverse sostanze (vernici, stucchi, malte) che avevano macchiato la
pietra dalla patina giallo-bruna che rivestiva sia il piedistallo sia
l’opera.