Lug 31 2021
nell’ordine: 31 07 2021
NELL’ORDINE:
Mattarella, Draghi, Cartabia non capiscono, anzi, son pericolosi per il buon funzionamento della Giustizia! dal sito dell’Associazione nazionale magistrati.
—Processi: così non va. Il capo dell’ANM ci spiega perché la riforma Cartabia è pericolosa
La lettera di Giuseppe Santalucia a “Il Foglio”
Le
critiche dell’Associazione magistrati alle proposte del
governo sulla riforma del processo penale, in particolare sulla cd.
prescrizione processuale, non sono frutto di chiusure corporative né
tentativo di difendere chi sa quali posizioni di vantaggio. Sono
piuttosto il modo più leale e collaborativo con cui la Magistratura
associata, responsabilmente e con lo sguardo rivolto ai diritti dei
cittadini, intende contribuire ad una riforma che sia effettivamente
migliorativa e di beneficio per la comunità.
La
proposta governativa di mettere un limite temporale ai processi di
appello e di cassazione patisce un difetto di fondo. Determina il
limite in astratto e senza la ragionevolezza che muove dalla
considerazione della realtà, delle condizioni dei carichi di lavoro
delle Corti di appello e della stessa Corte di cassazione. Per questa
ragione, semplice e di immediata evidenza, pone in pericolo non
prerogative dei magistrati ma diritti dei cittadini.
Il
timore è che, divenuta legge, potrà vanificare il lavoro e i
sacrifici degli investigatori, della polizia giudiziaria, gli sforzi
compiuti nel ricercare i colpevoli e assicurarli alla Giustizia.
Basterà che la Corte di appello non arrivi a pronunciarsi nei due
anni dall’impugnazione del condannato in primo grado perché tutto il
lavoro giudiziario venga azzerato.
Il
timore è che, divenuta legge, non proteggerà i diritti delle
vittime che dalla giustizia pretendono una risposta di verità e che
non potranno accettare che le loro istanze di tutela restino
insoddisfatte sol perché la corsa contro il tempo dei loro processi
non sarà particolarmente veloce. Se mai la Corte di cassazione non
dovesse riuscire a trattare nel termine stretto di un anno il ricorso
di un imputato, magari condannato sia in primo che in secondo grado,
le due sentenze di condanna andranno in fumo e con esse le attese di
giustizia di vittime e parti civili.
Sarebbe
stato necessario, volendo ridurre i tempi del giudizio di appello e
del giudizio di cassazione, mettere mano a una sostanziosa modifica
della loro disciplina. La scansione dei tempi del processo, del
resto, è stata pensata non per soffocare i processi ma per dar loro
fiato di svolgersi al riparo dalle conseguenze di una prescrizione
del reato che più volte li ha strozzati.
E
invece, nulla si prevede per il giudizio di appello: sono state
addirittura ignorate le indicazioni della Commissione
ministeriale che aveva proposto una radicale riforma di questo
strumento di controllo della sentenza dei giudici di primo grado. E
assai poco si innova del giudizio di cassazione. Si pretende però
che da domani, quasi per magia, i giudizi di appello e di cassazione
siano assai più rapidi. Insomma, si chiede alla macchina della
giustizia di essere più veloce, ma si rinuncia a potenziarne il
motore.
A
chi afferma che la Magistratura non avrebbe un atteggiamento
propositivo, si può rispondere che la Magistratura da tempo e
inutilmente invoca una robusta depenalizzazione, una seria dotazione
di mezzi e strutture, una modernizzazione di procedure desuete, un
forte investimento sulle nuove tecnologie, l’eliminazione di alcune
garanzie, tipiche di modelli processuali abbandonati, che oggi pesano
irragionevolmente nei e sui processi – il pensiero corre al divieto
della reformatio in peius -. Ma, ancor più, si può obiettare che
devono sorprendere non le critiche ragionate dei magistrati e
non solo, quanto scelte di riforma che, invece di provare a
modificare la realtà, a rimediare alle disfunzioni organizzative e
alle lungaggini dei giudizi di impugnazione, prescindono dalla realtà
stessa. Il dissenso su questa parte della riforma, capace di
marginalizzare altre parti che pure contengono spunti di interesse, è
tutt’altro che una miope ed egoistica chiusura al nuovo, quanto un
allarme ragionato e consapevole, lanciato non per ostacolare ma per
irrobustire un progetto di necessario cambiamento dello status
quo.
L’auspicio
è che l’allarme venga raccolto e che il legislatore possa ascoltare
anche la voce del Csm, che potrà dare un utile contributo spiegando
quale sarà l’impatto sull’organizzazione giudiziaria e quindi sul
servizio che l’amministrazione della giustizia rende ai cittadini. Se
invece verrà ignorato o sottovalutato, l’assunzione di
responsabilità della Politica sarà chiara e netta.
I magistrati applicheranno con rigore e come sempre la
legge che sarà. Non mancheranno però al dovere di denunciare, con
lo stesso spirito costruttivo con cui oggi apportano critiche
argomentate, i guasti che si produrranno.
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