Mar 30 2021
i più eguali-due 30 03 2021
I PIU’ EGUALI – due
Dal sito dell’Associazione nazionale magistrati; ogni commento è superfluo.
Francoforte 30 03 2021 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com
Carriera delle toghe, Santalucia a Ermini: “Contrario a valutare un magistrato dall’esito dei suoi processi”
Il presidente dell’ANM intervistato da “La Repubblica”
Secondo il presidente dell’Anm, giudice in Cassazione, non solo le regole già esistono, ma il rischio nell’appesantirle è quello di intimidire il pm di fronte a processi scomodi.
Promuovere o bocciare un pm in base all’esito dei suoi processi? “Lo trovo un criterio sbagliato”. Il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia, che come magistrato è consigliere della prima sezione penale della Cassazione, e quindi per le sue funzioni valuta la fondatezza finale di un processo, non è d’accordo con quanto sostiene il vice presidente del Csm David Ermini.
In
un’intervista al Messaggero Ermini, di solito molto prudente,
stavolta fa un’affermazione assai radicale, e che nel titolo suona
così: “La carriera delle toghe è legata alla fondatezza dei
processi”. Lei che ne dice di questa tesi?
“In
questi termini così radicali non posso che esprimere un fermo
dissenso. I processi sono fatti per accertare le verità che nessuno
conosce al momento del loro inizio. E pertanto sarebbe poco logico
giudicare l’operato di un magistrato sulla base del risultato
ottenibile solo attraverso, e alla conclusione, del processo. Bisogna
stare attenti perché tutti i magistrati devono poter agire
certamente senza un’aspirazione a vantaggi personali di carriera, ma
anche senza il timore di ripercussioni sulle loro carriere sulla base
del loro stesso impegno processuale”.
Ermini
però si pone questo interrogativo: “Se la gran parte dei
processi chiesti da un pm finiscono in assoluzione o se le sentenze
di un giudice civile vengono riformate in quantità, va considerato o
no in una valutazione di professionalità?”.
“Probabilmente
il vice presidente ha in mente le vicende anomale e abnormi di
smentite processuali per dati percentuali elevatissimi. Ma io però
ricordo che la legge già oggi, sia pure con la necessaria cautela,
consente che la capacità tecnica e professionale del magistrato sia
valutata anche in relazione all’esito degli affari nelle successive
fasi e gradi del processo”.
Scusi,
ma di che legge sta parlando, dell’ordinamento giudiziario del 2006
di Castelli-Mastella?
“Si,
proprio quella. Ma proprio quella stessa legge contiene un principio
sacrosanto, e cioè che la valutazione di professionalità di un
magistrato non può avere ad oggetto l’attività di interpretazione
delle norme e di valutazione dei fatti e delle prove. Il senso è
chiaro: il Csm, nel giudicare la carriera un magistrato ai fini di
una promozione, non può sovrapporsi ai processi. E deve rispettare i
confini propri dell’autonomia della giurisdizione. Ma vi sono
ovviamente anche i casi di effettiva abnormità nell’interpretazione
della legge e dei fatti che, appunto perché abnormi, possono
diventare oggetto, in alcuni casi, di valutazione del Consiglio”.
Lei
sta dicendo quindi che oggi il Csm, nei casi di processi
clamorosamente sbagliati, può già procedere a valutare
negativamente la carriera di una toga?
“La
domanda è semplice, ma la risposta è complessa. Perché bisogna
intendersi bene su cosa vuol dire fare un processo sbagliato. Intanto
l’analisi non può essere limitata a un solo processo, ma al più
possono essere presi in esame insuccessi reiterati e comunque sempre
entro i limiti che la legge indica, cioè quella che garantisce
l’insindacabilità dell’interpretazione e della valutazione dei
fatti”.
Ma
scusi, faccio l’avvocato del diavolo, chi ci dice che a pronunciare
una sentenza sbagliata non sia stato il giudice su un processo
impostato correttamente dal pm?
“La
sua domanda rivela la particolare complessità del tema posto dal
vice presidente del Csm. Si tratta di un terreno molto scivoloso, ove
si rischia di creare squilibri laddove invece si vuole rafforzare la
valutazione del merito professionale. Senza contare che quelli che a
volte vengono indicati come insuccessi professionali sono la
conseguenza di mutamenti delle norme o anche di orientamenti della
giurisprudenza delle Sezioni unite della Cassazione che gioco forza
alterano la prospettiva iniziale”.
Insomma,
secondo lei, bisogna innanzitutto intendersi su cosa vuol dire un
insuccesso?
“Sì,
certo. Un’assoluzione non sempre può significare che ci sia stato un
errore del pubblico ministero o del giudice che ha disposto il rinvio
a giudizio. All’interno di un processo le diverse valutazioni fanno
parte della fisiologia della sua evoluzione e perciò non rivelano,
in quanto tali, errori o cadute di professionalità, meritevoli di
essere sanzionate o prese in esame dal Csm in fase di valutazione di
una carriera”.
Lei
non crede che agitare davanti alla faccia di un pm lo spauracchio di
un processo sbagliato, e quindi di una carriera stroncata, possa
provocare un timore preventivo che alla fine può bloccare la stessa
azione penale?
“Il
pericolo è proprio questo. E va assolutamente scongiurato. Perché i
casi più difficili e le situazioni più complesse potrebbero essere,
anziché coltivate e portate avanti, evitate e messe da parte da
magistrati impauriti. Anche alla luce del caso Palamara, le riforme
necessarie devono restituirci un magistrato che sia autenticamente
privo di ambizioni di carriera, ma che allo stesso tempo non abbia da
temere sul piano personale per l’esercizio di un’attività complessa
ed essenziale qual è la giurisdizione. Per citare un vecchio detto,
un magistrato deve essere senza speranze e nel contempo senza timori.
Solo dentro questa cornice sarà un magistrato veramente
indipendente”.
Senta,
ma non le sembra un po’ buffo che ci si ponga il problema dei
processi persi dal pm, quando al Csm fanno avanzare in carriera un
magistrato come quel Cipolletta che, in ben due casi e nella vita di
tutti i giorni, ha avuto un comportamento aggressivo?
“Sono
abituato a pronunciarmi su un singolo caso quando ne conosco i
dettagli. Di questa vicenda ho letto solo resoconti giornalistici. E
pertanto non ritengo di poter rispondere”.