Dic 01 2020

la legge del più forte-milleottocentodue 01 12 2020

Published by at 10:56 pm under Pubblica Amm.ne

LA LEGGE DEL PIU’ FORTE – milleottocentodue

La lezione di oggi da www.errorigiudiziari.com: mai fidarsi degli arresti all’ingrosso, ci scappa sempre qualche innocente, mai far gestire le proprie aziende da amministratori giudiziari.

—Ha passato tre anni e mezzo in carcere. Ha visto sgretolarsi le sue due aziende, che fatturavano centinaia di migliaia di euro e davano lavoro a 60 dipendenti. Lo accusavano di essere collegato alle famiglie mafiose più importanti del suo territorio ma Vincenzo Galimi era innocente. Lo hanno dimostrato due sentenze, divenute definitive. E ora l’uomo vuole un risarcimento per ingiusta detenzione. E chiede allo Stato di farsi carico delle sue aziende che non ha saputo amministrare mentre lui era in carcere senza colpa. Vincenzo Galimi è originario di Palmi, in provincia di Reggio Calabria. Insieme con il fratello Pasquale finisce in carcere nel novembre 2012, nell’ambito della maxi operazione della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabri denominata “Cosa Mia”, insieme con altre 52 persone, tutti accusati di essere affiliati o comunque vicini alla cosca Gallico di Palmi e a quella di Barritteri di Seminara. Tra le accuse mosse alla cosca di Palmi, oltre all’associazione mafiosa, anche quella di avere infiltrato i lavori di ammodernamento della Salerno-Reggio Calabria. Secondo la Dda di Reggio Calabria, che ha coordinato le indagini della squadra mobile, la ditta di Vincenzo Galimi era riconducibile ai Gallico e grazie alle due aziende, il clan sarebbe riuscito ad aggiudicarsi alcuni appalti per l’ammodernamento dell’autostrada. Gli investigatori ritengono che la ditta “Galimi”, intestata al figlio Giuseppe, veda in Vincenzo Galimi il titolare di fatto. L’azienda, secondo l’accusa, rappresenterebbe un punto di riferimento per la cosca Gallico e avrebbe acconsentito l’infiltrazione della famiglia mafiosa sia nei lavori di ristrutturazione dell’A3 che i lavori di manutenzione e somma urgenza del comune di Palmi. La ditta Galimi, prima di essere sequestrata dall’autorità giudiziaria (il 10 giugno 2010), assumeva decine di operai e aveva appalti per svariati centinaia di migliaia di euro, oltre a mezzi tecnici per milioni di euro. Durante il processo di primo grado, l’accusa chiede che Vincenzo Galimi (difeso dall’avvocato Domenico Putrino) sia condannato a 16 anni di reclusione. Ma i giudici accolgono la tesi della difesa, secondo cui l’imprenditore era legittimato ad avere rapporti con la ditta Galimi e con la pubblica amministrazione non solo perché dipendente della stessa ditta, ma anche perché era stato nominato procuratore speciale dell’azienda Galimi con vari poteri. La difesa nel corso del dibattimento del processo di primo grado era riuscita a fare passare il suo punto di vista, evidenziando che Vincenzo Galimi aveva pieno titolo a avere rapporti con le ditte e le amministrazioni pubbliche, non solo perché fosse dipendente della stessa, ma anche perché era stato nominato procuratore speciale dell’azienda Galimi con vari poteri. Nel corso del processo la procura chiama a testimoniare l’imprenditore e testimone di giustizia Gaetano Saffioti, che negli anni ’90 si ribellò alle imposizioni del clan Gallico denunciando estorsioni ed estortori e facendo nascere il processo denominato “Tallone d’Achille”. Ma il pentito scagiona entrambi i fratelli Galimi: “Credo che siano imprenditori che si sono adeguati al sistema, ma non so se siano collegati alla ‘ndrangheta”. Vincenzo Galimi viene assolto in primo grado dall’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso e intestazione fittizia di beni. Il giorno stesso della sentenza, la Corte d’assise di Palmi dispone la restituzione ai Galimi dell’intero patrimonio aziendale. Che a quel punto, però, è ridotto a poca cosa. Arriva anche l’assoluzione in secondo grado, ma in questo caso la Procura generale della Corte d’appello di Reggio Calabria decide di non impugnare il provvedimento. La custodia cautelare di 3 anni in carcere disposta per Vincenzo Galimi, imposta dal Tribunale in primo grado, viene revocata. L’avvocato Domenico Putrino presenta subito la richiesta per un risarcimento per ingiusta detenzione, fissando in 516 mila euro (il tetto massimo previsto dalla legge) l’importo chiesto allo Stato. La stessa somma viene richiesta da Pasquale Galimi, anch’egli assolto da ogni accusa. Non ancora quantificata, invece, la somma da chiedere allo Stato per aver rovinato le due aziende di proprietà dei Galimi: gli amministratori giudiziari, infatti, nel corso degli anni ne hanno fatto fallire una, mentre l’altra è sepolta sotto una montagna di debiti. Sarà compito dei periti, nominati dalla difesa, stabilire l’entità esatta dell’importo da richiedere allo Stato a titolo di risarcimento.

Francoforte 01 12 2020 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com

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