Nov 27 2020

vaccino, politica e utopia 27 11 2020

Published by at 4:37 pm under Pubblica Amm.ne

Siccome L’Eco del Popolo, fondato da Leonida Bissolati e oggi diretto da Enrico Vidali, è poco diffuso ma quel che scrive Antonio Grassi va sempre goduto, trascrivo l’intero articolo. Flaminio Cozzaglio.

Vaccino, politica e utopia

Il sistema è in confusione, la politica vive alla giornata. Credere nell’utopia migliorerebbe il mondo

Di Antonio Grassi

Il vaccino Pfizer-Biontech preparato per contrastare il covid-19, funziona alla grande. Certo, per il conto in banca di Albert Bourla, amministratore delegato della società. Il 9 novembre la Pfizer annuncia di possedere l’arma letale per debellare il bastardo con un’efficacia del 90 per cento. In borsa le azioni della società schizzano in alto. Lo stesso giorno Bourla vende una parte di quelle che possiede e incassa 5,5 milioni di dollari. Si è fatto le palle d’oro, dicono dalle nostre parti. È stato tempestivo. Vendere al momento giusto e incassare plusvalenze stratosferiche non è un peccato. Anzi una virtù. Tempo una manciata di ore e Moderna, altra azienda farmaceutica a stelle e strisce, annuncia che nel suo arsenale è pronto un aggeggio ancora più terrificante, vincente nel 94,5 per cento dei casi. Lo spazio di due battiti di ciglia e Pfizer rilancia e comunica che il suo pistolone arriva al 95 per cento.La magnum 44 dell’ispettore Callaghan gli fa solletico. Nei giorni successivi piovono annunci di altre bocche di fuoco prodotte in Russia e Inghilterra. Un crescendo rossiniano di armi letali da far tremare il virus ancora prima d’essere utilizzate e di corroborare la speranza di chiudere la partita in un soffio. L’esercito mediatico ci marcia. Sfodera l’intero arsenale a propria disposizione. Racconta meraviglie sui vaccini e le loro caratteristiche. I più fighi riferiscono anche i dettagli, compresi il numero dei peli sul culo – anche questo si dice dalle nostre parti – dei salvatori del mondo, che non camminano sulle acque, ma su miliardi di dollari. È un peana alla scienza, un’esaltazione alla tecnologia, una santificazione alle case farmaceutiche con indulgenza plenaria per i peccati e peccatucci da esse commessi in passato. Una narrazione che è un salmo di ringraziamento. È una corsa all’acquisto della pietra filosofale senza la certificazione delle agenzie del farmaco nazionali e internazionali, enti che garantiscono qualità e sicurezza del vaccino e autorizzano l’immissione sul mercato. È un orgasmo collettivo che raggiunge il picco alla comunicazione delle milioni di dosi accaparrate dai vari stati. Andrea Crisanti, professore Ordinario di Microbiologia e Direttore del Dipartimento di Medicina molecolare presso l’Università di Padova, puntualizza: “prima di brindare è necessario aspettare la documentazione completa della sperimentazione.” Un’affermazione di buon senso che scatena un pandemonio. Viene giù l’universo tutto, che però non cancella la prudenza di Crisanti. Al contrario la rafforza.

Cin cin all’arma letale che contrasta il nemico, ma adelante Pedro, con juicio. Le gigantesche onde di questo tsunami mediatico oscurano in parte le notizie sulla campagna antinfluenzale. Avrebbe dovuto iniziare il 19 ottobre, ma in Lombardia e nella nostra provincia in particolare, è rimasta sulla linea di partenza o si è mossa molto poco. Ai medici il vaccino è stato dato con parsimonia e in molte farmacie non è arrivato. Solo da pochi giorni il treno ha preso maggior velocità, ma non sufficiente per evitare una polemica tra Regione e medici di base. Siamo – ha spiegato il presidente dell’ordine dei medici di base di Milano, Roberto Carlo Rossi – in ritardo con la campagna vaccinale, che quest’anno tutti i virologi e epidemiologi ci hanno detto che sarebbe dovuta partire prima e oggi Regione lascia intendere che i vaccini non si son fatti per colpa dei medici di base? Sarebbe bastato parlare con uno qualsiasi dei medici lombardi che dal 19 ottobre avrebbe dovuto sottoporre a vaccino i suoi pazienti: avrebbe detto che le dosi non c’erano e che, quando c’erano, venivano date col contagocce. Prima 30, poi 20, poi altre 20… Per arrivare a cento dosi per ogni dottore ci abbiamo messo tre settimane. (La Stampa, pagine Milano, 21 novembre). L’arma letale e la campagna antinfluenzale evidenziano la schizofrenia di un sistema che acquista a scatola quasi chiusa milioni di dosi di un’arma letale non ancora autorizzata all’uso e dall’altra ha provveduto in ritardo ad acquistare e distribuire una banale doppietta, presidio indispensabile non solo per affrontare l’influenza, ma anche strumento importante per rendere la vita difficile al covid-19. Il sistema è in confusione, la politica vive alla giornata. Burocrati e tecnici determinano le scelte. I nominati decidono per gli eletti dal popolo. I rappresentanti dei cittadini contano poco più di una cicca. Dpcm e ordinanze non restituiscono loro la delega che hanno consegnato ad altri. Il re è nudo. Pandemia, armi letali e doppiette lo hanno gridato forte e chiaro. Prenderne atto e riflettere sarebbe auspicabile. Invertire la rotta non sarebbe una brutta idea. Credere nell’utopia migliorerebbe il mondo.

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