Nov 27 2020

la legge del più forte-millesettecentonovantotto 27 11 2020

Published by at 6:34 pm under Pubblica Amm.ne

LA LEGGE DEL PIU’ FORTE – millesettecentonovantotto

Non scrivo mai volentieri di reati sessuali perchè, oltre alla delicatezza dell’argomento, è quasi sempre un parola contro parola, vittima e supposto carnefice; al solito, da www.errorigiudiziari.com

—Sei mesi in carcere da innocente, quattro processi, dieci anni in tutto prima di uscire definitivamente dal calvario a cui è stato sottoposto. È la storia di Nunzio Di Gennaro, docente di italiano e storia nelle scuole superiori, ennesima vittima di uno dei mille errori giudiziari che si verificano ogni anno in media nel nostro Paese. Accusato ingiustamente di violenza sessuale, si è visto stravolgere la vita personale e professionale, oltre che rovinare la salute.

È il 27 marzo del 2009. Nunzio Di Gennaro, 33 anni, originario di Gela (Caltanissetta), ma residente a Breguzzo (Trento), insegna presso la sede di Tione dell’Istituto Martino Martini. I carabinieri si presentano a lui con un’ordinanza di custodia cautelare e lo arrestano con un’accusa tremenda: violenza sessuale. A denunciarlo, una sua amica tedesca. Di Gennaro è incredulo, pensa a un colossale equivoco. Ma è costretto a finire in carcere.

Vi resterà per più di 6 mesi e dovrà attendere quattro processi più una lunghissima battaglia legale, prima che la verità venga a galla. L’amica tedesca, all’epoca ventenne, ha raccontato ai carabinieri di essere stata costretta a subire un rapporto sessuale mentre era ospite del professore a Breguzzo. Ma non è vero: Di Gennaro lo ripete fino allo sfinimento, è tutta una montatura messa su dalla ragazza, il rapporto c’è stato, ma consenziente: si conoscevano da due anni, avevano anche trascorso le vacanze insieme.

Poco conta che il professor Di Gennaro, non appena venuto a conoscenza della querela sporta nei suoi confronti dall’amica tedesca, si sia messo a disposizione prima dei carabinieri di Tione e poi dell’autorità giudiziaria. Che abbia fornito sempre la stessa versione dei fatti, fin dall’interrogatorio di garanzia, senza mai contraddirsi né inciampando in incongruenze. Quando il suo avvocato difensore, Sergio Raciti, chiede di interrogare la presunta vittima con un incidente probatorio, l’istanza viene rigettata. Nonostante tutto questo, il giovane docente viene condannato in primo grado a 5 anni e 6 mesi di reclusione. Dopo 189 giorni di custodia cautelare in carcere, è stato scarcerato con una circostanza che dovrebbe far pensare i giudici perché decisamente inconsueta nella prassi giudiziaria: è lo stesso pubblico ministero a chiedere il suo ritorno a casa, perché “non possiamo far pagare all’imputato una situazione di disagio della persona offesa…”. Eppure la sentenza di condanna per Nunzio Di Gennaro viene confermata anche in secondo grado. Poi è la Cassazione a ribaltare le sorti del processo: i giudici della Suprema corte annullano la sentenza d’appello rilevando varie contraddizioni nel racconto reso dalla vittima e disponendo un nuovo processo davanti alla Corte d’appello di Bolzano. E stavolta l’innocenza di Di Gennaro viene accertata: i giudici di secondo grado assolvono il professore “perché il fatto non sussiste”, avendo riconosciuto la linearità del suo racconto, rispetto alle diverse ed evidenti contraddizioni che avevano caratterizzato quello della presunta vittima. Divenuta definitiva la sentenza di assoluzione, il legale di Nunzio Di Gennaro – l’avvocato Sergio Raciti presenta un’istanza di riparazione per ingiusta detenzione. Quei 189 giorni in carcere da innocente meritano un risarcimento di 300 mila euro, per quanto nessuna somma possa mai compensare le sofferenze inferte dal carcere. La sua domanda verrà accolta. Ma il 21 gennaio 2019, a ben 10 anni dall’arresto, i giudici della Corte d’Appello di Trento disporranno la liquidazione di soli 50 mila euro, a titolo di riparazione per ingiusta detenzione. Nell’ordinanza con cui accolgono la richiesta di risarcimento, gli stessi giudici definiscono la custodia cautelare subita da Nunzio Di Gennaro come “una durissima carcerazione preventiva”. Questa sentenza non mi potrà mai ricompensare per le umiliazioni subite, commenterà lo stesso Di Gennaro. Ed è difficile dargli torto: l’errore giudiziario di cui è stato vittima ha avuto su di lui conseguenze pesantissime. Oltre a essere stato sospeso dall’insegnamento per 7 anni dalla Provincia di Trento, ha subìto contraccolpi di natura psicofisica: una relazione clinica forense ha riconosciuto, per esempio, uno stato di grave pregiudizio per la salute.

Francoforte 27 11 2020 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com

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