Feb 17 2020

qui cremona-cinquecentoquarantacinque 17 02 2020

Published by at 6:18 pm under Pubblica Amm.ne

QUI CREMONA – cinquecentoquarantacinque

Lezione di concretezza di Uliana Garoli, che riporto integralmente da www.cremonaoggi.it, tanto è bella:

—Una proposta che “non si poteva pregiudizialmente respingere”, così la presidente di Fondazione Città di Cremona Uliana Garoli ha definito la proposta di parco fotovoltaico sui 15 ettari di terreno agricolo adiacente a Cremona Solidale, giunta la scorsa estate da parte della società Juwi. Garoli ha illustrato l’iter, i benefici economici e le caratteristiche tecniche dell’impianto, che non pregiudicherebbe la condizione dei campi e anzi ne preserverebbe l’integrità. Tra l’altro non verrebbe alterata la biodiversità del terreno, non ne modificherebbe le caratteristiche e sarebbe garantita l’infiltrazione di acqua nel sottosuolo. “Non si può a mio parere parlare di consumo di suolo ma di utilizzo temporaneo di suolo agricolo per produrre energia pulita: il suolo diventerebbe in sostanza prato stabile”, ha detto tra l’altro Garoli, che poi ha riconosciuto la legittimità del dibattito che si è innescato attorno a questa vicenda.  “La domanda è: quale contributo intende dare la nostra città alla produzione di energia pulita? Personalmente ritengo che l’opportunità data possa essere vista come un accettabile compromesso”. Garoli ha poi evidenziato le difficoltà dell’utilizzo dei tetti per l’installazione di pannelli fotovoltaici, facendo notare che sulle coperture di Cremona Solidale c’è già un impianto che produce 600 Kilowatt e che, per ottenere la stessa potenza della proposta Juwi servirebbero 350 condomini o 35 tetti di grandi dimensioni—

Lezione d’altro genere sul Punto di ieri del Bencivenga fin che appare; le uniche righe condivisibili sul debito pubblico “ormai mostruoso”, che però dimentica chi l’ha elevato fin al cielo; poi l’incredibile nota sulla giurisdizione e gli ancor più incredibili rimedi proposti:

— Invece, deputati e senatori si accapigliano e minacciano crisi di governo per la modifica delle norme sulla prescrizione! Per carità, una giustizia capace di chiudere inchieste e processi in tempi adeguati è il primo obiettivo di un Paese civile, ma fra le mille questioni aperte (emergenze sanitarie, crisi occupazionali, cantieri bloccati, infrastrutture insufficienti, sistema delle pensioni a rischio tracollo, natalità a picco, ecc ecc) non è forse la più grave, tantomeno la più urgente. Soprattutto, non è allungando o accorciando i tempi della prescrizione che si garantiscono certezza della pena e, contemporaneamente, certezza del diritto. Se davvero un Governo volesse affrontare il bubbone giustizia – con i tribunali di tutta Italia affossati da montagne di arretrati e le carceri affollate di detenuti in attesa di giudizio – potrebbe semplicemente bandire un concorso per reclutare tutti i pm e i giudici che mancano alle piante organiche di corti d’appello e procure; potrebbe assumere i cancellieri e gli operatori amministrativi necessari per il corretto funzionamento degli uffici; ancor più opportunamente potrebbe investire risorse nell’acquisto di nuove tecnologie digitali, così da snellire tutte le procedure, eliminare milioni di fascicoli impolverati e velocizzare l’attuale, ottocentesco sistema di notifica e/o archiviazione degli atti. Queste sarebbero vere misure risolutive, non la riforma della prescrizione, che sta ai mali della giustizia come l’aerosol alla polmonite—

E dopo tanta lezione, il finale non poteva esser che uno solo, non vedere che in 75 anni di Repubblica il Parlamento non è mai esistito, almeno come potere legislativo: ha pressoché sempre obbedito alle direttive dei Governi!

—Più di tutto, però, un dato inquieta e rattrista ed è il progressivo svuotamento del ruolo del Parlamento (al di là del numero più o meno congruo dei suoi componenti, spesso additato come madre di tutti gli sprechi o causa di tutti i mali italici): ormai le leggi vengono discusse e scritte nelle Commissioni – quindi soltanto da poche persone – o arrivano alla Camera e al Senato come decreti del Governo da ratificare (o respingere) così come sono, a scatola chiusa, senza possibilità di discussione o modifica. Il fenomeno si verifica da anni, ma da episodico è diventato patologico. Come ha brillantemente osservato Francesco Verderami sul Corriere della Sera, «mentre Palazzo Chigi brucia, il Parlamento nemmeno discute.

Francoforte 17 02 2020 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com

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