Set 19 2019
la classe non è acqua 19 09 2019
LA CLASSE NON E’ ACQUA
Come c’è chi sa scrivere e chi meno; Riccardo Luna su Repubblica dà una bella mano a chi non vuol capire il mondo che cambia, e oggi piuttosto in fretta: i/le Ferragni possono anche essere antipatici/che, ma sono una bella parte della società moderna.
—Il
piccolo
trionfo
del documentario di Chiara Ferragni nel primo giorno di
programmazione (poco
più di 50 mila persone di martedì, circa 500 mila euro di incassi,
record per un film italiano nel 2019),
può stupire solo chi non si è accorto di cosa è cambiato con i
social media. O chi continua a ritenere un fenomeno passeggero gli
“influencer” (parola orrenda, ok, ma persino il papa un giorno ha
definito Maria “l’influencer de Dios”). Vediamo i fatti. C’è
Chiara Ferragni che a partire da un blog di moda (The Blonde Salad),
nel giro di qualche anno ha costruito una piccola azienda globale,
forte di oltre 17 milioni di follower su Instagram, una piattaforma
dove lei si muove come un pesce nel mare.
La
Ferragni non è una nuova Rita Levi Montalcini e i suoi post non
hanno lo spessore dei discorsi di Liliana Segre: non è né una
scienziata né una sopravvissuta alla Shoah. Parla di moda, e della
sua vita privata: anzi, fa della sua vita privata una specie di serie
tv, che si aggiorna post dopo post. Non so come sia il documentario
“Unposted”, ma so che quando è arrivato al festival di Venezia,
i critici hanno fatto a gara a chi dava la stroncatura più feroce.
Ce n’è uno che recensisce i film con un punteggio da uno a cinque,
che non gli ha voluto nemmeno dare uno. Gli ha dato zero: invotabile.
Dato
il successo del documentario
(piccolo successo, starà in sala fino a stasera, poi passerà allo
streaming),
questo vuole forse dire che i critici hanno sbagliato? No, evviva chi
ha studiato, chi ha visto migliaia di film chi ha letto
migliaia di libri, e ci può dare un giudizio che viene da lontano.
Epperò forse sarebbe ora di levarci quell’aria di superiorità e
provare a capire anche che succede fuori dal nostro giro. Capire
perché in cima alla classifica dei libri in questi giorni non c’è
Elena Ferrante, ma il manuale di una che si fa chiamare “spora”
e che come slogan ha “stay strana stay figa”; o perché per i
nostri figli il poeta youtuber Francesco Sole sia più popolare della
meravigliosa Ada Merini. Per non parlare della musica dove gli
youtuber in questi anni, ignorati o derisi dalla critica, hanno
ribaltato le hit parade. Avete
provato a leggere la classifica di Spotify oggi? Quanti ne conoscete
dei primi dieci?
Una
volta il critico – letterario, cinematografico, musicale – era il
vero influencer, colui o colei che era in grado di influenzare i
nostri consumi culturali. Un ruolo prezioso, che non va perduto. Ma
visto che gli influencer diventano star “culturali” nonostante le
stroncature della critica, ci serve qualcuno che ci aiuti a capire
chi sono e perché i nostri figli vanno pazzi per loro.
Cremona 19 09 2019 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com
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