Ago 17 2019

la legge del più forte-milletrecentotrentasei 17 08 2019

Published by at 5:03 pm under Pubblica Amm.ne

LA LEGGE DEL PIU’ FORTE – MILLETRECENTOTRENTASEI Chi vuol leggere il racconto vada sul Dubbio on line; chi vuol fare il giudice, eviti di credere troppo agli eccessi del suo libero convincimento….. —Cosa può indicare questo racconto al giurista? Non poche cose. Innanzitutto, che anche seguendo alla perfezione e con sommo scrupolo le regole processuali, è sempre in agguato il pericolo di commettere ingiustizia, occorrendo invece, allo scopo di realizzare la giustizia, qualcosa d’altro che si trova fuori dalle regole e dai processi. Questo qualcosa altro non è che un senso di giustizia personale che possa consentire a chi sia chiamato – come lo era stato Virata – a rendere giustizia, ripartendo i torti dalle ragioni, di farlo con una sufficiente equanimità. In altre parole, il giudice deve aver cura, prima di rendere giustizia, di esser lui stesso, per quanto possibile agli esseri umani, “giusto”. A differenza del sacerdote che, anche se indegno, potrà amministrare i sacramenti validamente – perché il loro effetto non dipende dal celebrante ma proviene da Dio – il giudice, se indegno, non dispenserà che indegnità. Antica riflessione platonica questa, ma troppo spesso dimenticata ed occorre perciò che venga debitamente ricordata. Insomma, l’esperienza umana di Virata non è che una lunga e dolorosa sequenza di tentativi esistenziali tutti rivolti ad evitare che ne derivi un condizionamento violento sulla vita degli altri: sia che si faccia il guerriero, sia il giudice, sia il saggio eremita. Ecco perché, ogni giurista, e soprattutto il giudice deve aver cura in sommo grado di sensibilizzarsi alla delicatezza della propria funzione; deve essere in particolare consapevole che ogni giudizio di diritto è destinato a vivere una terribile contraddizione: da un lato, la necessità di giudicare i comportamenti umani, dall’altro, la impossibilità di giudicare, evangelicamente segnata dal “nolite iudicare”. Per superare questa terribile e paralizzante contraddizione, al giurista non resta che nutrire la propria coscienza di come il giudizio che egli è chiamato a formulare non può che essere sempre parziale, imperfetto, limitato, come ben mostra di sapere e di soffrire Virata ( si pensi qui, a titolo di esempio, a coloro che vorrebbero abolire il grado di appello, quasi il primo grado di giudizio fosse il regno della verità assoluta…). Ne viene che il giudice- giurista dovrà comportarsi in modo conseguente, tessendo il proprio giudizio di quel “timore e tremore”, senza il quale egli rischia di usare violenza sui propri simili. La più temibile delle violenze: quella consumata attraverso le forme del diritto.

Ceriana 17 08 2019 www.flaminiocozzaglio.info flcozzaglio@gmail.com

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